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Il commissariato di Polizia di Lamezia Terme

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LAMEZIA TERME – Durante un controllo, un appartenente alle forze dell’ordine, di solito pignolo, non si accorse che i controllati erano armati di kalashnikov e fucili a canne mozze. Emerge anche questo nelle carte dell’operazione dei giorni scorsi quando è stata smantellata dalla Polizia una banda di spacciatori di droga. Ma possedevano anche armi. E potenti pure.

Il tutto emerge dalle intercettazioni degli investigatori della Mobile e del commissariato. L’attività di indagine, come si ricorderà, ha fatto scaturire sette arresti, quindici obblighi di dimora e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, in tutto 99 indagati (in carcere sono finiti: Antonio Pagliuso, 33 anni, di Lamezia; Gian Luigi Domenico Bonali, 59 anni, nato a Cremona; Simone Bonali, 24 anni di Lamezia; Pasquale Buffone, 33 anni, di Lamezia; Lorenzo (Giuseppe) Isabella Valenzi, 32 anni, di Lamezia; Fausto Raso, 39 anni, di Lamezia. Mentre sono agli arresti domiciliari: Antonio Cerra, Antonio Pagliuso e Simone Bonali).  

Il tutto in conseguenza delle intercettazioni captate all’interno del magazzino di via Torre, nel centro storico di Nicastro, che, come si evince dal complessivo tenore delle conversazioni – era il luogo di custodia, confezionamento e raffinazione dello stupefacente. Ma si parlava anche di armi e esplosivi.  

In particolare, l’11 luglio del 2018, Antonio Pagliuso chiedeva a Domenico Gian Luigi Bonali di andargli a nascondere la pistola in casa in quanto, essendoci numerosi controlli da parte delle Forze dell’Ordine, aveva timore di essere scoperto; il giorno successivo, consapevoli dei rischi che correvano in caso di controlli di polizia, i sodali cercavano di individuare la maniera migliore per evitare che le armi possedute venissero scoperte, tra cui una pistola calibro 7.65 con il caricatore bifilare di cui Antonio Pagliuso rivendicava il possesso (conversazione registrata all’interno del magazzino di via Torre). Era poi lo stesso Antonio Pagliuso – scrivono ancora gli inquirenti – nel prosieguo della conversazione captata all’interno del magazzino di via Torre il 12 luglio 2018, a descrivere il proprio arsenale ai suoi accoliti presenti con lui (“a me non mi manca niente”) fatto di numerose armi, anche di grosso calibro, come kalashnikov, fucili a pompa e fucili calibro 20, oltre che di un ordigno esplosivo, del peso di 64 Kg, che non avrebbe esitato ad utilizzare in caso di necessità.

Analoghi riscontri in merito al possesso di una pistola da parte di Antonio Pagliuso emergevano il 5 ottobre 2018, allorquando quest’ultimo si trovava in compagnia di  Simone Bonali e Mario Marcianò, a bordo dell’autovettura Peugeot 308 in uso allo stesso Pagliuso. Nella circostanza i sodali discutevano di un episodio accaduto qualche tempo addietro quando un appartenente alle forze dell’ordine, solitamente molto pignolo, li aveva sottoposti ad un sommario controllo, ignaro del fatto che fossero in possesso di armi. 

In particolare, Antonio Pagliuso asseriva che, in quella medesima occasione, era in possesso di una pistola e che, con lui, c’erano altri soggetti, tra cui il padre, Raffaele, armati di Kalashnikov e fucili a canne mozze:

Antonio: …ora domani mi sà che…, domani mattina io non volevo andare al mare… però ci vado che gliela porto… ho il kalashnikov ad una parte e vado e me lo prendo.. ne ho un altro automatico che…, quattro… sei…

Domenico: …è corto… tagliato è… o no?

Antonio: Si…

Simone: Si… l’automatico è più corto oh no?

Antonio: ma il mio non è un canne mozze… il migliore è il fucile a pompa… …io ho tutto, eh… a me non mi manca niente… …non è che mi manca il coraggio per mettere anche una bomba eh….. …ne ho una che mi pesa sessantaquattro chili… sessantaquattro chili…

Simone: …alla faccia del cazzo…

Domenico: …inc.le… ammazzare …inc.le…

Antonio: …ed è del 2006!”.

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