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CATANZARO – “Caro Francesco, mi chiamo Adriana Musella e sono la figlia di una vittima della mafia”. Inizia così la lettera che la figlia di Gennaro Musella, ”disintegrato” dalla ‘ndrangheta il 3 maggio 1982, ha scritto al Papa. Nella missiva la donna, che presiede il Coordinamento Nazionale Antimafia ‘Gerbera Gialla’ chiede che anche la Chiesa aiuti in una “seria azione di bonifica per quel che riguarda la lotta alla mafia. Come avvenuto per lo Ior e per la pedofilia”. 

Oggi, prosegue Adriana Musella, “in Calabria ‘c’è chi consente i sacramenti ai criminali, parrocchie che da costoro vengono sovvenzionate, malavitosi che sorreggono Santi e Madonne nelle processioni che, si tramandano di generazione in generazione il diritto di portare sulla propria spalla l’immagine sacra con l’assegnazione di un posto stabile e intoccabile. Il problema è che spesse volte quel ‘postò viene occupato e tramandato da devoti con molteplici precedenti penali”. Nella lettera, la figlia dell’uomo saltato in aria nella sua vettura a Reggio Calabria chiede una “ferma condanna per quel che riguarda il fenomeno della mafia, delle regole precise e ferree per cui fede pagana non si mescoli con quella cristiana. Le chiediamo inoltre una verifica sulla condotta di parroci e vescovi”.
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