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L'assessore Pia Russo col piccolo Dylan

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BADOLATO (CATANZARO) – Una mamma di Badolato che ha scelto di candidarsi alle scorse elezioni comunali per portare avanti dei progetti sull’autismo. E’ la storia di Pia Russo che, grazie a un buon risultato elettorale, è diventata assessore alle Politiche sociali, una posizione importante per chi fa dell’impegno sociale, proprio per la sua storia personale, una “missione”.

«Il mio impegno politico –  puntualizza Pia Russo – ha come obiettivo intraprendere dall’interno di un’istituzione locale e periferica una grande battaglia sociale e civile a sostegno delle famiglie che giornalmente vivono i disagi di figli disabili, in particolare di bambini con disturbi autistici, problematica, questa, che non  trova  nelle istituzioni, ad ogni livello,  la necessaria attenzione».

Prosegue, tracciando la sua storia: «Ho due figli meravigliosi ma il mio secondogenito, Dylan, di appena quattro anni è affetto da disturbo dello spettro autistico e ritardo globale dello sviluppo. Per me non è stata una doccia fredda sentirmi dire quelle dure parole, considerando che erano giorni, mesi, e quasi due anni che cercavo risposte, chiedevo aiuto, consigli medici, cercavo speranze».

La combattiva mamma badolatese evidenzia il suo stato d’animo e le sue paure. «Sin dai primi mesi di vita notavo che Dylan era diverso dal fratello, una madre sente e avverte quando qualcosa non va. Starei ore qui a raccontarvi ogni singolo attimo delle sue stranezze, delle mie perplessità e delle tante incomprensioni. Ma con rabbia ho dovuto constatare che la burocrazia, la sanità, purtroppo, nella nostra amata terra sono indietro anni luce e l’autismo è qualcosa di astratto per la maggior parte delle persone».

Pia, pur non rassegnandosi, evidenzia le difficoltà che ha dovuto superare. «Dopo le prime richieste d’aiuto e le tante visite pediatriche, anche a pagamento, fatte ovunque per avere risposte, iniziò finalmente il percorso alla neuropsichiatria del Distretto di Soverato. Qui liste infinite, attese logoranti che alimentavano le mie paure. Poi è arrivata la pandemia, che ha contribuito ad ostacolarci, e quei tempi d’attesa sembravano eterni, le risposte impossibili. Per fortuna lo psicologo del Distretto ha continuato a seguirmi dandomi sostegno telefonicamente, cosi da farmi gestire le crisi del mio Dylan e riuscendo a farmi ritrovare il legame materno perso. Il suo sostegno morale è stato fondamentale, ma non bastava, volevo sapere cosa stesse accadendo al mio bambino: perché urlava, perché anche andar a fare la spesa era difficile, una visita improvvisa a casa lo agitava, una canzone di compleanno lo mandava in panico. Vista la drammatica situazione – prosegue la mamma – ho iniziato a navigare su internet, a chiacchierare con altre mamme per raccogliere informazioni e notizie utili per aiutare mio figlio, finché non mi sono imbattuta nella Irccs Fondazione Stella Mari con sede a Pisa. I miei interrogativi hanno trovato una risposta dopo aver contattato personalmente il professor Muratori con una mail da madre disperata che chiedeva aiuto. Ero convinta della necessità che prima si interveniva e più possibilità di recupero potevano esserci. Ho iniziato a leggere tanti libri sull’autismo, una parola che mi sconvolgeva per la sua complessità, ma ero sempre più convinta che il mio adorato bambino si trovasse in quella maledetta sfera ancora sconosciuta».

Così iniziano i viaggi della speranza. «Siamo riusciti ad avere il ricovero dopo qualche mese e dopo una settimana la diagnosi. Ho pianto per tutto il viaggio di ritorno a casa, da Pisa a Badolato, ingoiando bocconi amari per quella crudele verità che finalmente ora mi veniva riferita dopo due anni persi alla ricerca di risposte negate.  Ero cosciente che Dylan fosse diverso e le mie lacrime non erano per la diagnosi, bensì per ciò che non avrei potuto intraprendere nel mio paese. Il futuro del mio bambino come sarebbe stato? Alla mia morte che fine avrebbe fatto? Sarei stata all’altezza di affrontare questa sfida? Ho iniziato a pregare Dio ancor più delle mie abitudini per chiedere la forza necessaria al mio cuore ed alla mia mente per affrontare quello che mi aspettava.  Questa disarmante novità ha cambiato le abitudini della mia vita, di mio marito e soprattutto del fratello Ryan, costretto a vivere in base all’umore del fratellino».

Il sostegno alle famiglie dopo una diagnosi d’autismo è fondamentale. «Tornati in Calabria, siamo stati indirizzati ad uno studio privato per le terapie in attesa della chiamata del Distretto per quelle pubbliche e proiettati anche al Centro Riabilitativo “Early Start” in Basilicata della Stella Maris Mediterraneo. Dopo 9 lunghi mesi siamo riusciti ad avere l’autorizzazione per andarci, perché in Calabria nessuno sapeva impostare la pratica, nessuno sapeva far nulla. Tanta la rabbia, ma l’attesa è valsa comunque a ritrovare la serenità. Il primo accesso è stato difficile ma costruttivo. In questo centro tutta la famiglia viene catapultata sotto gli occhi di esperti pronti a guidarti, consigliarti, correggerti e supportarti in ogni singolo momento della giornata. Mi sentivo al sicuro. Lì le rigidità di Dylan, le crisi, le paure erano sotto controllo, non ero da sola in questa sfera astratta. Ora mi chiedo perché non abbiamo centri riabilitativi adeguati in Calabria? Non abbiamo forse il diritto di rimanere nella nostra regione? Per dare risposte a queste domande ho deciso di candidarmi, fare l’assessore alla Politiche sociali per lottare. Il mio obiettivo è sollecitare le istituzioni, ad ogni livello, a costruire un centro riabilitativo in Calabria, dove tutte le famiglie possano accedere senza difficoltà. Ho conosciuto genitori che, per vergogna, hanno tenuto nascosti i propri figli, altri che, per problemi economici, hanno dovuto privarli delle terapie, altri ancora come me che, pur di fargliele fare, mi sono privata di qualsiasi cosa vista l’importanza della logopedia, della psicomotricità, dell’educatore, della psicologa».

«L’autismo non è una malattia, voglio gridarlo a tutte le famiglie – dice ancora Pia Russo – l’autismo non deve essere motivo di vergogna. I nostri figli sono bambini che hanno il diritto di vivere come tali. Tutti sono pronti il 2 aprile a mettere like e cuori blu sui social, ma dal giorno dopo finiamo nel dimenticatoio, svanisce tutto, il sociale non interessa a nessuno se non a pochi, questa è l’amara verità. Oggi Dylan, grazie alla diagnosi precoce, alle terapie quotidiane, ai professionisti, alla famiglia presente, ha i suoi continui progressi».

Quindi, l’appello: «Mi rivolgo alle madri, in particolare: se avete un dubbio non ignoratelo, ascoltate il vostro cuore, chiedete aiuto, meglio una visita in più che un rimorso o un rimpianto per sempre. Io il mio bambino non vorrei mai vederlo relegato in un istituto. Semplicemente lo sogno integrato nella nostra comunità, e per farlo c’è bisogno di tutti. L’inclusione deve abbattere il bullismo, il mondo del lavoro deve integrarli e farli crescere, i centri riabilitativi devono supportarli».

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