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I carabinieri di Portomaggiore e Argenta, delegati dalla procura di Castrovillari (Cs), hanno sequestrato ieri, a casa della famiglia Bergamini, gli effetti personali che il 27enne calciatore del Cosenza Calcio, originario di Boccaleone di Argenta, morto il 18 novembre 1989 in circostanze mai chiarite, indossava il giorno della sua morte. Si tratta delle scarpe, mocassini Tod’s, un orologio Seiko e la catenina d’oro giallo che portava al collo quando morì – secondo la verità giudiziaria finora seguita ed ora messa in dubbio – investito da una camionista sulla Statale Jonica a Capo Roseto Spulico, togliendosi la vita. Le indagini tecniche dovranno verificare se sia stato possibile che questi oggetti non siano risultati per nulla danneggiati, graffiati o distrutti nonostante il trascinamento del corpo di Bergamini sotto quel camion: finora la verità giudiziaria ha indicato nella morte volontaria del calciatore la tragedia, ma ora invece si indaga per omicidio volontario.

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L’inchiesta riaperta sulla morte del calciatore 22 anni dopo è condotta dai pm Franco Giacomantonio e Larizza Catella, con l’ipotesi di reato per omicidio volontario contro ignoti. I carabinieri di Portomaggiore e Argenta stamane hanno anche sequestrato l’auto Maserati Spyder, custodita in una officina ad Argenta, che era di proprietà di Denis Bergamini, guidata poco prima di morire e che era stata al centro delle prime indagini degli inquirenti 20 anni fa. Le indagini tecniche su scarpe e oggetti personali sono importanti perchè trapelano circostanze strane: ad esempio, le scarpe furono fatte avere di nascosto al padre di Denis, Domizio Bergamini, da Domenico Corrente detto “Mimmolino”, factotum del Cosenza Calcio, che all’epoca della morte di Bergamini si raccomandò che il padre non dicesse a nessuno chi gliele aveva date, forse temendo per la sua incolumità. Mimmolino morì poi in circostanze piuttosto “anomale” in un incidente stradale sempre sulla Statale Ionica pochi mesi dopo, nel giugno ’90, quando si trovava in auto assieme ad altro addetto del Cosenza, Alfredo Rende: lo stesso che aveva riferito al padre di Bergamini che voleva parlargli di alcune cose sulla morte del figlio.

Le scarpe, il padre di Denis, dopo averle ricevute da Mimmolino, provvide il 3 marzo 1990 a consegnarle ai Carabinieri di Ferrara, intuendo che fossero un elemento di prova sulla morte del figlio: le scarpe infatti non presentavano graffi nè altro. Il padre si è sempre chiesto come fosse possibile. Nonostante questo non furono oggetto mai di alcun accertamento e rimasero sempre lì, in custodia ai carabinieri di Ferrara fino al 12 settembre 1998, quando gli stessi militari su indicazione della Procura di Castrovillari provvidero a restituirle al padre senza aver effettuato alcun accertamento. La riapertura dell’inchiesta era stata sollecitata dalla famiglia del giocatore e dal loro legale, Eugenio Gallerani, che dopo una indagine difensiva durata oltre un anno aveva raccolto nuove prove ed elementi portandoli all’attenzione della procura, che ha ravvisato la necessità di svolgere nuovi accertamenti. Sia la famiglia che il legale ribadiscono di essere estremamente soddisfatti che si cerchi un’altra verità, «quella che noi abbiamo sempre sostenuto: che Denis non si è suicidato».

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