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REGGIO CALABRIA – Avevano in mano le lettere inviate e ricevute da Mommo Molè in carcere. Poi hanno trovato anche i libri che gli uomini e le donne del clan utilizzavano per decifrare gli ordini del boss per i picciotti. Nell’aprile 2013 gli specialisti della Dda reggina hanno trovato e sequestrato due romanzi trovati in casa di alcuni affiliati alle cosca. In un caso si tratta di “Lo Zahir” di Paulo Coelho, nell’altro di “Va’ dove ti porta il cuore” di Susanna Tamaro.

Volumi indispensabili per decifrare i voleri dei capi reclusi in regime di carcere duro. Su cui gli 007 della procura hanno lavorato alacremente. Inizialmente si trattava di semplici sospetti, dovuti ad alcuni riferimenti captati dalle microspie piazzate in carcere. Poi però, grazie al ritrovamento dei libri, gli inquirenti hanno avuto la certezza che le lettere fossero veri e propri “pizzini” cifrati, utilizzati da Girolamo “Mommo” Molè per far arrivare all’esterno gli ordini al sodalizio criminale sgominato con 54 arresti in tre regioni (LEGGI I DETTAGLI).

Semplice il meccanismo. Il boss dal carcere spediva ai propri familiari semplici missive dal contenuto generico. Frasi che grazie ad un codice alfanumerico, potevano essere tradotte a casa con operazioni piuttosto semplici, se in possesso della giusta chiave di lettura. Un unico accorgimento, sia chi scriveva il messaggio che chi lo riceveva doveva utilizzare lo stesso libro e la stessa edizione. E questo perchè, evidentemente, da edizione a edizione, la foliazione interna e il rigaggio poteva cambiare. Un colpaccio per i magistrati, che da mesi stavano lavorando all’operazione “Cento anni di storia”, che ha portato dietro le sbarre una ventina di personaggi di spicco dei clan Piromalli, Molè e Alvaro. Gli inquirenti hanno le prove che i boss usavano i codici da almeno sei mesi, ma non escludono che il metodo venga utilizzato da molto più tempo.«Proprio alla luce delle supposte considerazioni – scrivevano i Pm – si capisce la natura delle conversazioni, laddove Mommo chiede alla moglie e alla cognata se sono state in grado di decifrare il codice sotteso al libro. Le donne chiedono ulteriore conferma sul significato che hanno appreso ricevendo la risposta secca e decisa del detenuto secondo cui, una volta decifrato il messaggio, lo devono strappare immediatamente, indicando (ordinando), nel contempo, che il prossimo codice che lui invierà, dovrà essere fatto recapitare “per lui” (identificato per Antonio Albanese alias “U Barberi”) affermando, altresì, con tono perentorio che quest’ultimo dovrà attenersi alle sue disposizioni».

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