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Luigi De Magistris

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L’ex pm è accusato dal presidente della sezione penale del Tribunale di Crotone Abigail Mellace e dal marito imprenditore Mottola d’Amato

CATANZARO – L’ex pm Luigi de Magistris, oggi sindaco di Napoli, sarà processato per il reato di diffamazione. Cade lo scudo dell’immunità parlamentare e resta in piedi l’accusa mossa contro di lui dall’ex gup distrettuale di Catanzaro, Abigail Mellace (oggi presidente di sezione penale a Crotone), e dal marito di quest’ultima, l’avvocato imprenditore Maurizio Mottola d’Amato, che, al termine di un tribolato iter giudiziario, sono riusciti ad ottenere il rinvio a giudizio dell’ex magistrato davanti ai giudici del Tribunale di Salerno per il prossimo mese di dicembre.

Ad accogliere la richiesta di rinvio a giudizio della Procura è stato, ieri mattina, il terzo gup chiamato a pronunciarsi sulla vicenda, dopo che per la seconda volta la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio una sentenza di non luogo a procedere.

La prima udienza del processo all’ex pm è stata fissata per il 5 dicembre. E sarà in quella data che si ritornerà a parlare della dirompente inchiesta “Why not” sulla gestione dei fondi comunitari in Calabria, che, dopo aver provocato perfino la caduta dell’allora governo Prodi, travolse anche il giudice che, mettendo mano a quelle stesse carte, scrisse un diverso copione, ribaltando ruoli e protagonisti e mettendo a nudo le lacune di un’indagine che, strada facendo, perse i pezzi più importanti.

Con 34 assoluzioni e solo 8 condanne, era stato proprio il giudice distrettuale Mellace, a marzo del 2013, a portare il fascicolo al capolinea, ritenendo infondata buona parte della impostazione accusatoria. Da lì l’ira dell’ex pm, sfogata sul proprio blog con dichiarazioni che il giudice e il marito ritennero parziali e infondate, comprese quelle relative al presunto coinvolgimento in Why not dell’imprenditore Mottola d’Amato, tirato in ballo da De Magistris per un suo biglietto da visita trovato tra le carte di uno dei principali indagati e risalente, in realtà, all’epoca in cui svolgeva la professione di avvocato. Immediata la denuncia e la determinazione delle parti offese a far condannare l’ex pm, che, nel 2012, ottenne un primo proscioglimento da parte del gup di Salerno, che ne ritenne le dichiarazioni “incriminate” coperte dall’immunità, per essere nel frattempo diventato un europarlamentare che si occupava di corruzione. Il verdetto fu annullato dalla Cassazione nel 2014, che non riconobbe collegamento tra quanto scritto nel blog in relazione a un processo italiano e le nuove funzioni “comunitarie” a Bruxelles.

Nuovo processo, nuovo proscioglimento nel 2015, avendo il gup di Salerno ritenuto che l’ex pm voleva solo rappresentare all’opinione pubblica – «non importa se a torto o a ragione» – che il gup che aveva sconfessato buona parte della sua inchiesta aveva contatti con gli ambienti degli indagati. Secondo il gup, poi, de Magistris poteva usufruire dell’immunità perchè aveva prodotto in giudizio dei documenti sulla multa che l’Olaf, l’organismo anticorruzione europeo, aveva inflitto all’Italia per 57 milioni di euro per illecito impiego di fondi comunitari. Non così per i giudici della Cassazione, che, accogliendo l’obiezione del pm di Salerno e delle stesse parti offese, aveva rilevato che la multa dell’Olaf nulla aveva a che vedere con “Why not”, riferendosi piuttosto al procedimento “Poseidone”.

Ieri l’epilogo. Con grande soddisfazione delle parti offese, che, nel corso degli anni, più volte hanno sollecitato inutilmente De Magistris a trovare “il coraggio di farsi processare senza trincerarsi dietro lo scudo dell’immunità». Ai giudici del tribunale di Salerno, adesso, il compito di portare l’annosa vicenda giudiziaria al traguardo.

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