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CATANZARO – Il personale all’interno delle terapie intensive è ridotto all’osso, il piano di potenziamento è fermo ai numeri pre-pandemia nonostante ormai quasi un anno di crisi coronavirus e tutto sembra essere destinato a restare così com’è.

All’orizzonte non c’è nessun piano assunzioni per garantire adeguata copertura ai posti letto definiti da un progetto rimasto solo sulla carta. Insomma, «inaccettabili» i ritardi del sistema sanitario calabrese, così come i posti rimasti vacanti in buona parte delle strutture complesse e, di riflesso, anche le lunghe attese relative a questioni che dovrebbero essere prioritarie.

A descrivere l’intera situazione è il dottore Domenico Minniti, presidente della sezione calabrese dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri Italiani-emergenza ed area critica. Minniti considera «inaccettabile il mancato intervento sull’offerta sanitaria nel sistema dell’emergenza urgenza, il diritto alla salute dei cittadini calabresi è ormai costantemente e cronicamente calpestato».

Il medico che per primo ha denunciato le storture sui numeri dei posti letto in terapia intensiva in piena crisi pandemica racconta dell’incontro tenutosi oltre venti giorni fa tra il commissario ad acta Longo e il dirigente generale del dipartimento Tutela della salute insieme alle organizzazioni sindacali della dirigenza sanitaria.

Durante quell’incontro era emersa l’esigenza di un programma di intervento per individuare le priorità e le falle nell’offerta sanitaria «ma il silenzio che ancora si percepisce è tombale – continua Minniti – la Calabria, che attualmente conta poco più di 140 posti letto (e che a termine pandemia tornerà, ahi noi, a poco più del suo numero ex ante, essendo stato, l’incremento, solo parzialmente strutturale), non raggiunge ancora nemmeno lo standard nazionale pre-pandemico».

Per legge la Calabria avrebbe dovuto raggiungere i 280 posti letto strutturali di terapia intensiva partendo da 114 risicatissimi posti effettivi, un traguardo che Minniti dichiara essere «francamente irraggiungibile a causa dell’obbiettiva impossibilità di reclutare un congruo numero di anestesisti rianimatori per la cui formazione servono, com’è ormai noto a tutti, dopo i sei anni di laurea in Medicina, ben altri cinque anni di specializzazione. Ed ogni volta, quando si è stati costretti ad aprire gli occhi, sono stati addotti a giustificazione chiarimenti normativi ed i relativi dinieghi di ordine economico finanziario. Scusanti irricevibili perché in palese contrasto con la garanzia del diritto alla salute dei cittadini calabrese. Buona parte delle strutture complesse afferenti al sistema dell’Emergenza Urgenza – continua Minniti – sono prive dei loro direttori. Alcune addirittura risultano colpevolmente e scandalosamente acefale da decenni. Terapie intensive orfane di “primari” e soprattutto del loro governo clinico. Dipartimenti nei quali la scelta del direttore è fortemente condizionata dall’assenza dei responsabili delle Unità operative che vi afferiscono. Grave carenza di personale medico ed infermieristico. E così, tanto la rete dell’emergenza, quanto quella ospedaliera, hanno camminato per anni «spinte dall’inerzia, spesso senza una precisa guida titolata a gestirne le unità operative maggiormente nevralgiche. Segnalazioni sempre più frequenti da parte del personale medico hanno evidenziato l’abitudine dei pazienti di migrare verso altre regioni per farsi curare, ma senza che nulla fosse fatto per evitarlo, ancor meno nel settore dell’emergenza-urgenza. Restiamo dunque in attesa – conclude Minniti – di un segnale forte da parte di Struttura commissariale e Dipartimento Tutela della Salute».

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