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LA LOMBARDIA “colonizzata” dalla ‘ndrangheta ha superato la Calabria nella classifica dei reati legati al ciclo dei rifiuti, scalando due posizioni e collocandosi al quarto posto, ed è la prima regione al Nord nella classifica delle illegalità ambientali. I dati balzano all’attenzione se si spulcia il dossier 2023 di Legambiente sulla criminalità ambientale in Lombardia. E vengono ricondotti all’evoluzione dei traffici in cui le famiglie mafiose stanziate nella regione, dove sono ben 25 i “locali” di ‘ndrangheta censiti, hanno svolto un ruolo determinante.

Proprio la ‘ndrangheta, come sappiamo grazie a numerose inchieste della magistratura in Lombardia che ne hanno rese note le peculiarità organizzative e strutturali, si configura come «la mafia più radicata e meglio inserita nel tessuto socioeconomico e politico-istituzionale della regione», si ricorda nel dossier e quindi non si tratta solo di reati ambientali. Non a caso il procuratore di Milano Marcello Viola parlava di “colonizzazione” della Lombardia da parte della ‘ndrangheta in una recente audizione in Commissione antimafia. La metafora della “colonizzazione”, centrale anche nella maxi sentenza Aemilia, il più grande processo contro le mafie al Nord mai celebrato, ha superato ormai quella dell’infiltrazione e vale, a quanto pare, anche in Lombardia, perché le mafie, in particolare la ‘ndrangheta, si proiettano nelle aree più produttive del Paese. Il grosso del loro fatturato è ormai al Nord.

È dagli anni 2000 che la ‘ndrangheta ha posto le basi in Lombardia per un rinnovamento del modello di traffico e smaltimento, accorciando la filiera e replicando, con le dovute differenze in base ai contesti territoriali, «gli schemi d’integrazione tra ciclo del cemento e ciclo dei rifiuti sviluppati in Calabria» configurando reati ambientali. Il dossier ripercorre le principali inchieste antimafia delle Dda di Milano e Brescia degli ultimi anni e i report della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti da cui si ricava «la posizione quasi monopolistica delle imprese legate alla mafia calabrese nel settore del movimento terra ha creato un insieme di opportunità di smaltimento a breve distanza soprattutto mediante le tecniche dello sversamento in discariche abusive e/o dal tombamento in terreni privati o in cave abbandonate e in terrapieni in prossimità, soprattutto, degli svincoli delle tangenziali4 oppure in cantieri edili in qualche modo legati ai clan».

Il ricercatore dell’Università degli studi di Milano Thomas Aureliani, che ha curato questa parte del rapporto, parla di “matrimonio” tra ciclo del cemento e ciclo dei rifiuti. Un esempio di questo connubio è offerto dalla vicenda della Perego Strade di Cassago Brianza (Lecco), azienda molto attiva nel settore edile lombardo. «Attraverso l’infiltrazione da parte di elementi mafiosi, la ‘ndrangheta riuscì, mediante iniezione di liquidità e l’acquisizione di partecipazione nel capitale della società, a prendere progressivamente il controllo dell’azienda per deviarne i fini leciti verso quelli illeciti e criminali. Il dato preoccupante dal punto di vista ambientale e sanitario riguarda il fatto che la magistratura avrebbe attestato la presenza di materiali altamente inquinanti come l’amianto, utilizzati dalla Perego per le opere di riempimento, per un totale di almeno due milioni di chili di rifiuti smaltiti».

Altra vicenda esemplificatrice della saldatura tra cemento e rifiuti e tra clan calabresi e imprenditori lombardi è quella legata alla costruzione del quartiere residenziale “Buccinasco Più”, in cui al di sotto del verde pubblico e delle palazzine sono stati smaltiti rifiuti pericolosi per la salute umana: dall’indagine emerge che il terreno è inquinato con «grossi plinti di cemento, scorie verificate di forno, residui secchi di coloranti industriali». Costruttori lombardi, in particolare Maurizio Luraghi – condannato per concorso esterno in associazione mafiosa –, subappaltavano alle ditte vicine allo storico clan dei Barbaro-Papalia, dominante nella zona, i lavori per lo sbancamento e il riempimento di vari lotti. Nel verbale di sequestro si legge che la gestione illecita di rifiuti speciali ha determinato la realizzazione di una discarica abusiva, cresciuta “con ripetute operazioni di riempimento” che hanno innalzato il “piano campagna”, cioè il livello del terreno, da 3 a 5 metri. «È in questo modo – osserva Aureliani – che si è venuto a plasmare il paesaggio ecocriminale lombardo, in cui la morfologia dei territori si altera con rifiuti di ogni sorta. Discariche abusive trasformate in giardini pubblici e edifici residenziali diventati sede di scarti inquinanti».

Un altro caso storico è quello della cosiddetta “cava della ‘ndrangheta” scoperta in Brianza. Nel 2008, attraverso l’operazione “Star wars”, emerse che alcuni imprenditori calabresi vicini alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo e titolari di una ditta di demolizioni trafficavano rifiuti di metalli edili e materiali plastici. Lo smaltimento illecito avveniva nei pressi di Desio, Seregno e Briosco in uno spazio di circa 65 mila metri quadri (dieci campi da calcio) in cui vennero recuperati rifiuti tossici e nocivi per 178 mila metri cubi. Vennero anche smaltiti idrocarburi, cromo, piombo.

Le inchieste hanno svelato scenari inquietanti, da cui emerge che imprenditori locali «ben inseriti nella realtà economica lombarda e alla guida di imprese sane e di medie dimensioni, i quali nonostante abbiano, almeno la gran parte, un ‘curriculum’ di rispettabilità alle loro spalle, hanno messo le loro imprese a disposizione dei clan calabresi, consumando essi stessi dei reati specifici, sia con la falsificazione dei documenti di trasporto dei materiali da demolizione, sia con lo scarico abusivo di tali materiali, solo valutando la convenienza economica del momento», è detto in una relazione della Commissione parlamentare sulle ecomafie. Non solo imprenditori, ma anche amministratori pubblici, professionisti, faccendieri di ogni sorta vanno a braccetto con la ‘ndrangheta e questo spiega, anche, perché la Lombardia sia una delle regioni più colpite da fenomeni di criminalità ambientale.

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