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Francesco Grande Aracri

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Nella sentenza Grimilde i giudici analizzano l’«allarmante capacità» dei clan cutresi e in particolare di Francesco Grande Aracri di condizionare i politici in Emilia. «Occhi a cuoricino» degli imprenditori al suo cospetto

CUTRO – «Parliamo seriamente, tutti noi cutresi siamo stati a fianco alla politica a sinistra…Facevamo il suo gioco…Vi diamo il voto, iniziamo il lavoro… Invece oggi, siamo nel 2017 dopo Aemilia, non ci conoscono più, anzi chi ha avuto contatti con la politica cerca di nascondersi».

Sta, forse, in questa affermazione di Francesco Grande Aracri, la cui influenza criminale si era allungata sul Comune di Brescello, il primo ente locale emiliano sciolto per infiltrazioni mafiose, quella «allarmante capacità» della super cosca capeggiata dal fratello Nicolino, il boss ergastolano, di “strumentalizzare” i rapporti con istituzioni e politica in una delle aree più produttive del Paese.

L’operazione Grimilde e le condanne per i clan cutresi in Emilia

La conversazione intercettata viene valorizzata dai giudici del Tribunale penale di Reggio Emilia nelle motivazioni della sentenza, 1250 pagine da poco depositate, contro una filiale del clan cutrese stanziata nel piccolo centro che una volta era conosciuto più che altro per la saga di Peppone e don Camillo. Si tirano le fila del processo Grimilde, il nuovo colpo, successivo ad Aemilia, inflitto dalla Dda di Bologna alla proiezione emiliana della cosca Grande Aracri di Cutro.

In quella stangata di undici condanne, la pena più elevata, a 19 anni e 6 mesi di reclusione, a fronte di una richiesta di 30 anni proposta dal pm Beatrice Ronchi, fu quella inflitta a Francesco Grande Aracri. Assolto però da otto imputazioni su 17 con l’esclusione della posizione apicale, poiché non è riscontrato il suo ruolo di capo dell’associazione mafiosa. Nel filone del rito abbreviato una raffica di pene è divenuta definitiva un mese fa ed è stata annullata con rinvio, in accoglimento del ricorso del pm per quanto concerne il trattamento sanzionatorio, la condanna a 14 anni e 4 mesi per Salvatore Grande Aracri (figlio di Francesco) la cui posizione rischia pertanto di aggravarsi.

Hello Spank e gli occhi a cuoricino a Francesco Grande Aracri

Ma è proprio la figura di Francesco Grande Aracri, che interpreta il suo ruolo con «modalità diverse» rispetto a quelle emerse dal processo Edilpiovra, nell’ambito del quale subì la condanna in via definitiva per mafia, quella che balza all’attenzione. Del resto, era uno dinanzi al quale un imprenditore emiliano, tra i finanziatori del clan secondo il pentito Antonio Valerio, rimaneva estasiato al punto che gli occhi gli si aprivano a cuoricino. Così Valerio racconta l’incontro al quale presero parte anche altri plenipotenziari della cosca. «“Ma sei Nicolino?” No, io sono il fratello maggiore”. Quindi quell’uomo lì ha fatto gli occhi… ha presente quel personaggio dei cartoni, Hello Spank, che fa gli occhi a cuoricino? Gli sono venuti due occhi a cuoricino che a noi neanche ci ha considerato più».

Sentenza Grimilde, la strategia delle intestazioni fittizie dei clan cutresi in Emilia

Le “modalità diverse” che da qualche tempo adottava Francesco Grande Aracri erano quelle della «sistematica strategia della fittizia intestazione. Abbracciata dall’intero gruppo emiliano per proteggere il patrimonio associativo a fronte dei procedimenti Scacco Matto ed Edilpiovra che avevano posto l’attenzione dell’autorità giudiziaria sulla cosca», osservano i giudici. L’imputato «ha sistematicamente agito di concerto con i figli Salvatore e Paolo. Guidandoli e sostenendoli in vario modo nel loro percorso di crescita all’interno della ‘ndrangheta». I figli, insomma, «hanno assunto un ruolo sempre più operativo e dinamico all’interno del sodalizio. Senza mai rinunciare alla condivisione evidentemente imprescindibile delle strategie e dei progetti sovente illeciti con il padre. Il quale ha rivestito il ruolo di consigliere e figura autorevole».

I rapporti con la casa madre cutrese

I rapporti con la casa madre cutrese restano ben saldi. Per esempio, Francesco Grande Aracri ha svolto un «ruolo centrale» nella vicenda del complesso immobiliare di Le Castella di Isola Capo Rizzuto, partecipando all’asta giudiziaria indetta dal Tribunale di Firenze per conto del fratello Nicolino. Un affare di «portata associativa», rilevano i giudici, da cui era peraltro derivato uno contro con la famiglia di ‘ndrangheta isolitana degli Arena. I giudici rilevano anche che appena Francesco Grande Aracri sa della scarcerazione di Nicolino, nel 2011, si reca a Cutro.

Un «chiaro segno di riverenza nei confronti del fratello col quale era evidentemente necessario confrontarsi di persona per aggiornarlo in merito all’andamento degli affari al Nord e definire come proseguire nell’incessante opera di infiltrazione nel territorio emiliano». Sia lui che il figlio, sottolineano i giudici, «avevano il compito di interagire direttamente o indirettamente con la casa madre cutrese e quindi con la figura verticistica».

Del resto, quando, per vari motivi, non poteva giungere a Cutro, nella tenuta di contrada Scarazze, (ad esempio non fu accolta la richiesta di trascorrere qui il Ferragosto essendo sottoposto al divieto di allontanarsi dalla provincia di Reggio Emilia), ad aggiornare la moglie del boss e a partecipare agli incontri nella famigerata tavernetta era il figlio di Francesco, Salvatore. La donna, Giuseppina Mauro, «ha sempre mantenuto i rapporti col gruppo emiliano per conto del marito durante i suoi lunghi periodi di carcerazione».

La lettera del boss

Salvatore Grande Aracri, del resto, era destinatario da parte dello zio Nicolino di lettere «eloquenti».

“Salvatore, nella lettera precedente ti avevo detto che ti voglio bene, come uguali a tutti, per questo ci puoi mettere la mano sul fuoco. Pensa, sei figlio a mio fratello, sei sangue del mio sangue. Comunque, parla con la zia Maria che lei sa già… il 17 le dico che il prossimo colloquio lo faremo con te. E ricordati che la zia Maria con i miei figli ti vogliono un sacco di bene, e tu non lo sai, a mia moglie i pettegolezzi non interessano, magari viene di meno da te ma ti assicuro che ti vuole un sacco di bene, a te, a tua moglie e a tuo figlio. Nipote, devo dirti che quando arriva mia moglie a Brescello i più furbi la portano a destra e sinistra, tu devi essere furbo come gli altri nipoti, come arriva la prendi e la porti pure tu a destra e sinistra, che poi a lei non piace tanto andare in giro, invitala a venire a casa tua che sicuramente farà piacere sia a mia moglie che ai miei figli».

Sentenza Grimilde, il riciclaggio dei clan cutresi in Emilia

Particolare rilevanza gli inquirenti la attribuiscono a una delle società riconducibili a Francesco Grande Aracri, la Eurogrande Costruzioni. Attraverso di essa partecipa ad operazioni di riciclaggio, come, per esempio, accaduto con il cosiddetto affare Sorbolo. Il pentito Giuseppe Giglio ha spiegato che i suoi sub appaltatori, tra cui Eurogrande, erano stati gonfiati in modo da immettere denaro di provenienza illecita nell’economia pulita e poi farlo tornare alla fonte, la casa madre, attraverso strumentali operazioni di finanziamento e fatturazioni inesistenti.

Si tratta del «tipico modus operandi della cosca emiliana», utilizzato anche nell’affare Sorbolo, nel quale le società K1 e Medea acquisiscono finanziamenti milionari e falliscono dopo aver costruito «immobili inidonei». Le fatture attestano, insomma, la cessione di beni e servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti. Il denaro ripulito viene poi reinvestito finanziando le varie società della “costellazione ‘ndranghetista”, come Immobiliare Santa Maria. Tra gli affari viene menzionato l’acquisto della discoteca Italghisa, peraltro «luogo strategico per la cosca in quegli anni».

Clan di ‘ndrangheta e Politica

«Veramente allarmante» è poi la «capacità di Francesco Grande Aracri di strumentalizzare i buoni rapporti con l’amministrazione locale brescellese. In particolare con Ermes e Marcello Coffrini, per ottenere modifiche del Piano regolatore di cui hanno beneficiato le imprese del gruppo ‘ndranghetistico emiliano che operavano in ambito edilizio. Tra queste persino Eurogrande Costruzioni, alla quale sono stati aggiudicati appalti senza procedura d’evidenza pubblica malgrado la condanna per 416 bis subita da Francesco Grande Aracri. Si pensi alla costruzione del supermercato Famila e alla nuova sede dell’Avis di Brescello».

Sono alcune delle vicende che portarono allo scioglimento del Comune di Brescello oggi alla base dell’inchiesta a carico di due ex sindaci, Giuseppe Vezzani (in carica dal 2009 al 2014) e Marcello Coffrini (dal 2014 al 2016), accusati di concorso esterno in associazione mafiosa nei confronti della consorteria. Marcello è il figlio di Ermes, sindaco in una fase precedente. E che la cosca «avesse ottenuto il supporto dell’amministrazione brescellese – sempre secondo i giudici – lo si trae dall’equivoca manifestazione “Noi contro le mafie – con Marcello”».

Equivoca perché vi parteciparono addirittura Francesco Grande Aracri e i figli Salvatore e Rosita. Ed è lo stesso imputato a «confermare che il tema dell’appoggio ad alcuni esponenti politici era reale», osserva il Tribunale nell’esaminare la conversazione in cui Francesco Grande Aracri analizza le «dinamiche politiche di Reggio Emilia, ove a suo dire i cutresi avevano appoggiato la sinistra”».

Grimilde, i fatti di sangue e i cutresi in emilia

Insomma, non un “uomo di fuoco” ma una «figura autorevole a disposizione del gruppo per la realizzazione di affari illeciti». Ma, nonostante le “modalità più morbide” del suo contributo all’organizzazione criminale, Francesco Grande Aracri era “perfettamente a conoscenza” delle “dinamiche omicidiarie”. Tant’è che il pentito Giuseppe Liperoti ricorda di essere stato da lui redarguito «per essere salito in Emilia anziché occuparsi dell’omicidio Dragone». Nel maggio 2004 venne, infatti, assassinato il rivale storico di Nicolino Grande Aracri, il vecchio boss Raffaele Dragone. In un agguato con modalità plateali che dovevano apparire come una firma, per sancire una volta per tutte di chi fosse la supremazia criminale.

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