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MILANO – La Direzione distrettuale antimafia della procura di Milano ha delegato gli uomini della Guardia di finanzia di Milano e Varese a eseguire un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone e un sequestro preventivo per equivalente di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 6,5 milioni di euro. Le indagini eseguire dai nuclei di Polizia economico-finanziaria (con il supporto dei colleghi di Verona) riguarda una presunta  associazione specializzata in reati di natura fiscale e fallimentare, radicata sul territorio lombardo ed operante nel settore dell’armamento e manutenzione della rete ferroviaria italiana, “agevolatrice della cosca di ‘ndrangheta Arena – Nicoscia di Isola Capo Rizzuto”.  

In particolare, le indagini hanno permesso di ricostruire una rete di società fittiziamente intestate a prestanomi, i quali sono risultati fiduciari dei principali indagati; tutti in rapporto di contiguità-parentela con la famiglia ndranghetista Arena-Nicoscia.

Sono stati posti in carcere:

  • Alfonso Aloisio (34), di Isola Capo Rizzuto (45)
  • Antonio Aloisio (40), di Isola Capo Rizzuto
  • Francesco Aloisio (53), di Isola Capo Rizzuto
  • Maurizio Aloisio (43);
  • Francesco Catizzone (32), di Isola Capo Rizzuto
  • Angelo Mancuso (41), nato a Crotone e residente a Gemonio (Va);
  • Gianluigi Petrocca (29), di Isola Capo Rizzuto;
  • Nicola Pittella (31), di Isola Capo Rizzuto;
  • Giuseppe Ranieri (40), di Isola Capo Rizzuto;
  • Domenico Riillo (36), di Isola Capo Rizzuto;
  • Leonardo Villirillo (55), di Crotone.

Disposti gli arresti domiciliari per

  • Francesco Ferraro (39), di Isola Capo Rizzuto;
  • Antonella Petrocca (33), nata a Crotone e residente a Gemonio (Va);
  • Roberto Riillo (26), di Isola Capo Rizzuto;
  • Luigi Taverna (26), di Isola Capo Rizzuto.

Si ipotizza che “traessero ingenti profitti dalla sottoscrizione di contratti apparentemente di distacco di manodopera, ma di fatto di pura somministrazione; contratti stipulati con le società appaltatrici delle commesse di Rfi spa per la realizzazione di lavori di manutenzione ed armamento della rete ferroviaria che serve svariate regioni”, tra cui Lombardia, Veneto, Abruzzo, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia.

Stando alle indagini, numerose imprese intestate a prestanome e riconducibili alla cosca avrebbero ottenuto in subappalto lavori che Rete Ferroviaria Italiana spa (parte offesa) appaltava a colossì del settore, come Generale Costruzioni Ferroviarie spa (Gcf) del Gruppo Rossi. I rapporti tra le società che si aggiudicavano gli appalti e quelle riferibili alle cosche, che prendevano i subappalti, venivano “schermati”, secondo l’accusa, attraverso contratti di fornitura di manodopera specializzata, il cosiddetto «distacco di personale» previsto dalla Legge Biagi. E ciò per eludere la normativa antimafia e le limitazioni in materia di subappalto previste per le imprese aggiudicatarie di commesse pubbliche.

E’ stato possibile quantificare in oltre 6,5 milioni di euro l’ammontare dei profitti derivanti dai reati di frode fiscale, nonché dalla omessa presentazione delle prescritte dichiarazioni d’imposta e dalle compensazioni di debiti erariali con falsi crediti Iva.

Le indagini hanno svelato come alcuni componenti del sodalizio abbiano agevolato la ‘ndrina, facente capo alla “locale” di Isola di Capo Rizzuto, contribuendo al mantenimento finanziario di detenuti e dei loro familiari, nonché procurando falsi contratti di assunzione per aiutare persone colpite da provvedimenti giudiziari. I circa 200 finanzieri impiegati hanno eseguito perquisizioni locali e domiciliari in Lombardia, Veneto, Calabria e Campania, con il supporto dei reparti territorialmente competenti.  

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