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Vincenzo Musolino

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IL nostro cine-occhio meridiano questa settimana ci racconta una storia calabrese bella e triste. Parliamo dell’attore e regista Vincenzo Musolino e della sua carriera cinematografica multiforme ma troppo breve. Alto, forte, capelli scuri, folti ed ondulati, Musolino incarna la fisicità calabrese, vitale e dolente. Per questo suo quasi inconsapevole phisique du role, riesce a lavorare con i più grandi registi italiani degli anni ‘50. Abbiamo chiesto al figlio Roberto, apprezzato musicista, di raccontarci qualche aneddoto.

Roberto, suo padre è originario della Contrada Canale di Benestare in provincia di Reggio Calabria, dove nasce nel 1930. Da bambino si trasferisce a Reggio Calabria, per avviare insieme al padre il mestiere di pescatore in riva allo Stretto. Ma, proprio come succede nei film, un incontro gli cambia la vita.

Come è iniziata la sua carriera di attore?
“Casualmente, non era certamente nei suoi progetti di vita che, in realtà, ancora non gli erano chiari”.Come avviene l’incontro con Renato Castellani che lo lancia nel mondo del cinema?”Il caso vuole che qualcuno dei collaboratori più stretti di Castellani lo noti davanti a un bar. Mio padre aveva appena finito il servizio militare ed era solito ritrovarsi con i suoi amici di caserma che si riunivano in centro a Roma – era il 1950 – in un luogo dove solitamente ci si proponeva per lavori saltuari. Questa persona lo avvicina e gli propone di fare un provino. Lui accetta e si ritrova protagonista di un film, Due soldi di speranza, che vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 1952, ex aequo con Otello di Orson Welles. Il film, risponde al progetto del regista di unire il Neorealismo ai toni leggeri della commedia, dando vita al cosiddetto Neorealismo Rosa”.

Nella più autentica tradizione del cinema neorealista italiano che preferisce utilizzare attori non professionisti, Castellani sceglie Vincenzo Musolino come protagonista del film e così il giovane calabrese passa dalle reti da pesca al luccicante mondo del cinema italiano nella sua stagione più fertile. In seguito gli vengono affidate parti secondarie ma riesce comunque ad essere presente in molti film importanti e a lavorare con registi di primissimo piano. Lo ritroviamo, infatti, ne Il brigante di Tacca del Lupo e Gelosia di Pietro Germi, Tutti a casa di Luigi Comencini, La ciociara di Vittorio De Sica. Nel 1966 debutta come sceneggiatore e produttore con lo pseudonimo di Glenn Vincent Davis in Vajas con Dios, Gringo! di Edoardo Mulargia.

Come si era avvicinato al mondo del western all’italiana?
“Era il momento dei cosiddetti Spaghetti Western e decise di provare a passare dall’altra parte, come si suol dire. La cosa lo stimolava molto”.

A questa prima esperienza, seguono Perché uccidi ancora? E Non aspettare Django, spara! Nel 1968, dopo aver lavorato alla sceneggiatura di Cjamango, decide di fare il salto definitivo e di intraprendere l’avventura della regia. Gira Chiedi perdono a Dio… non a me riportando personalmente sullo schermo il personaggio dello stesso Cjamango.
La scena in cui viene pronunciata la frase che dà il titolo al film, con il protagonista che infila la pistola in bocca a uno degli assassini della sua famiglia resta nell’immaginario del western di casa nostra. Musolino regista gioca con le inquadrature riuscendo con eleganza e creatività a nascondere il basso costo del film. La pellicola viene accolta così bene che l’anno successivo dirige Quintana, un western sempre ambientato nel “nostro” Messico. Nello stesso anno, ancora giovanissimo, Vincenzo Musolino muore improvvisamente a Roma.

Che ricordi ha di suo padre attore e regista?
“Mio padre è stato un uomo totalmente assorbito dal lavoro, talmente tanto che ha trascurato la sua salute fino a pochi giorni prima di lasciarci. Ho pochi ricordi nitidi di lui, tanti li ho immaginati. Avevo solo 7 anni, non ho memoria del dolore della perdita, di quei giorni terribili che ho rimosso irrimediabilmente, che vorrei disperatamente ricordare. E dal quel giorno è stato sempre cosi, ho rimosso ogni dolore della mia vita. Oggi più di ieri so quanto mi sia mancato”.

Nel 2003, insieme alla Cineteca della Calabria, nasce l’idea di dedicare un premio alla sua figura a Belvedere Marittimo. Come mai non si è continuato in questa esperienza?
”Nel 2003, nella cornice di una splendida rassegna intitolata “Laltraestate” che si svolgeva a Belvedere Marittimo, organizzai il Premio intitolato a mio padre e chiesi e ottenni la preziosa collaborazione della Cineteca della Calabria. Siamo andati avanti fino al 2006, poi i miei crescenti impegni lavorativi, come musicista ed editore e il cambio dell’amministrazione che non portò avanti la rassegna, determinarono una lunga pausa che però, proprio quest’anno si interromperà. Infatti a breve, in collaborazione con l’Associazione Culturale Picanto, nel cartellone del Peperoncino Jazz Festival, con la condirezione artistica mia e di Sergio Gimigliano, presenteremo una produzione originale, con le musiche da me composte, per la “V Edizione del Premio Vincenzo Musolino” che si svolgerà a Cetraro, città della cultura, che ci ospiterà nella splendida cornice del Palazzo del Trono, scenario di proiezioni, mostra fotografica e musica dal vivo nel ricordo di Vincenzo Musolino”.

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