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IL PRIMO pensiero va ai due carabinieri. Fedeli nei secoli, stanno in prima fila a difendere la nostra sicurezza e le istituzioni. Pagano, per questo impegno, troppo e troppo spesso. Ieri non si è fatto a tempo a piangere il carabiniere ucciso a Maddaloni durante una sparatoria nel corso di una rapina, che è arrivata la terribile notizia dei due militi feriti davanti a Palazzo Chigi. Sono servitori dello Stato che non mettono in relazione i rischi con i modesti stipendi che ricevono. Non lo si ricorda mai abbastanza. Poi c’è l’uomo che simbolicamente, nel momento in cui al Quirinale i membri del nuovo governo stavano giurando, voleva colpire i politici e ha sparato contro gli ostacoli che si è trovato di fronte, appunto i carabinieri. Si stanno sprecando gli approfondimenti sulla sua vita, su possibili disturbi mentali e quanto altro si possa sapere. Certamente il suo è un gesto folle, lucidamente folle. Ma sarebbe in fondo comodo cavarsela accertando che non era sano di mente. 

Al contrario chi lo conosceva bene, in primo luogo i parenti, descrivono una persona normale che non trovava lavoro, con due unioni familiari fallite e con la passione per le slot machine. Nulla faceva presagire quanto stava covando di fare da settimane. Le parole più sagge le ha dette il presidente della Camera, Laura Boldrini, quando ha ricordato che il disagio sociale trasforma una vittima in carnefice. Naturalmente, il fatto che sia un calabrese, ritornato da Alessandria a Rosarno, e che sia partito in treno dalla Piana per andare a colpire la politica nel cuore del paese, domina l’informazione. Qualcuno sotto sotto, come accade quando viene acciuffato un rom dopo una rapina, dice: nessuna meraviglia che sia un calabrese. La cosa fa arrabbiare, come si è letto ieri in qualche dichiarazione, ma, dopo aver detto che i calabresi non sono potenziali terroristi solitari per tratti lombrosiani, resta il fatto che lo sparatore sia un calabrese e che la sua missione sia partita dalla Calabria. Questo, comunque, lo si voglia considerare è un fatto. E lo sarebbe stato altrettanto se invece l’uomo fosse stato veneto e fosse partito da Padova. Nessuno avrebbe potuto ignorare o nascondere natali, cittadinanza e quant’altro. Dunque, al bando chi vuole colpevolizzare la Calabria ma anche chi pensa che non si debba parlare della Calabria. 
L’Italia è una pentola in ebollizione. Quando Grillo ha sostenuto che senza il suo movimento ci sarebbe stata la violenza, subito tutti gli hanno dato addosso. In realtà lui aveva constatato una verità che è sotto gli occhi di tutti. Il fatto che la protesta sociale e politica si sia incanalata così clamorosamente sul Movimento Cinque Stelle, dopo aver tentato senza successo la strada dell’astensionismo, non ha cancellato le cause del disagio, che dilaga nel Paese, ma quanto meno è stata una risposta condita di un barlume di speranza. Come sia stata poi utilizzata questa immensa fiducia è un’altra questione. Ma nessuno può negare che se non ci fosse stata quella possibilità, probabilmente la crisi sociale avrebbe preso pieghe imprevedibili e sicuramente drammatiche. In Italia si è formata una miscela esplosiva. Da un lato i privilegi della Casta, dall’altro il disastro sociale con le imprese che falliscono e gli italiani che perdono il lavoro, con gli ammortizzatori sociali inadeguati e a rischio e le nuove generazioni senza speranza di futuro. Se ci fossero stati soltanto i privilegi, forse in molti, per lunga consuetudine con questi comportamenti, se ne sarebbero fatti una ragione. Ma detti privilegi, ostentati e scandalosi, sono diventati insopportabili per una popolazione costretta a sacrifici crescenti e, spesso, in uno stato di indigenza. In questo contesto si inseriscono prima i lavoratori sui tetti o sulle gru, poi i suicidi degli imprenditori e ancora quelli di persone che hanno perso il lavoro o che non reggono ad un’altra perdita ancora più umiliante, quella della dignità. E in esso va iscritto anche quello che è accaduto ieri. Un gesto folle, lucidamente folle, ma tragicamente simbolico. Troppo facile e strumentale scaricare la colpa sulle spalle di chi è stato, politicamente, più duro verso la Casta. Ora si mette sotto accusa Grillo, ci manca poco che sul banco degli imputati non si facciano sedere anche i giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, che hanno scritto libri di fuoco su questa materia. Pur senza avere alcuna simpatia per Grillo, crediamo che lui non sia la malattia ma la dimostrazione che la malattia esiste, e che è pure molto grave. Altra faccenda è l’uso che lui abbia fatto dell’immensa fiducia che gli italiani gli hanno consegnato, come ricordavamo proprio ieri in un altro articolo nel quale invitavamo i senatori, i deputati e i simpatizzanti di M5S ad una riflessione ponderata sulle scelte fatte e su quelle che sono da adottare. Piuttosto, la preoccupazione è un’altra. In questi giorni finalmente si è formato un Governo. Presenta qualche novità, ma contiene anche elementi connotativi non sottovalutabili. 
Un esperto di queste cose, il dc Paolo Cirino Pomicino, in un twitter ha scritto, compiacendosene, che erano anni che non si vedevano tanti democristiani in un governo. Comunque sia, speriamo che questo Governo faccia le cose fondamentali che servono al Paese in questo momento. Su quello si giudicherà. Ma vedete che cosa accade? Che il partito del pensiero unico è ritornato immediatamente in funzione, inossidabile e invincibile, grazie ad un sistema dell’informazione che spesso ci fa vergognare di appartenerci. Sembra di essere ritornati ai primi mesi del governo Monti. Nessuno poteva parlare, tutto era bello, magnifico, meraviglioso. Ogni riforma era la migliore del mondo, ogni annuncio era calato direttamente dall’Olimpo, ogni sacrificio era dolce e soave. Poi si è vista come è finita. Siamo ridotti con le pezze al sedere, a momenti peggio di come Berlusconi aveva lasciato l’Italia al professore della Bocconi. Ora, questo governo Letta non ha ancora giurato e già si sentono lodi a destra e sperticati complimenti a sinistra. Non hanno ancora fatto nulla e sono già i salvatori della patria. Ovviamente, ce lo auguriamo, ma lasciamo che lo dimostrino e poi giudichiamo. Per chiudere su Grillo. Non ci piace la rete, pensiamo che la politica abbia bisogno di altro, e non crediamo che qualche migliaio di persone che votano le Quirinarie contino più di sessanta milioni di italiani, ma su una cosa è difficile dargli torto: quando parla della disinformazione dilagante. I partiti del pensiero unico, di qualunque colore e connotazione, procurano danni devstanti al Paese. Sarebbe opportuno fidarsi poco di loro.
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