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ONOREVOLE Loiero a che punto è la lista del centro democratico? 

«Che fa mi prende in giro? Autonomia e diritti non sta a preparando la lista del centro democratico. Dopo il voto che abbiamo in pochi giorni dato a Tabacci alle primarie, non nego che avevo con lui a più riprese parlato di una lista da costruire insieme per queste politiche ma poi le cose si sono inopinatamente ingarbugliate. Difficile spiegare i vari passaggi. La sostanza è che mi era stata offerta la possibilità di costruire per intero la lista di Camera e Senato, rispettando l’uscente e assumendomi la responsabilità del risultato. Non era una questione personale. La mia stagione politica, come ho già più volte spiegato alla stampa, volge alla fine. Quando mi sono accorto che la cosa non era fattibile, mi sono arreso.» 

Provi a fare uno sforzo per spiegare le cose ai nostri lettori ed anche perché di fronte ai tanti errori che si stanno, in tema di candidature, compiendo da parte degli altri partiti, per primo del Pd, più di un calabrese guardava con attenzione a questa sua alleanza con Tabacci

«Ma a chi vuole che interessino queste cose. Comunque proviamo. Come lei sa ho sempre cercato di inserire, spesso sbagliando, i gesti politici del gruppo di cui faccio parte, in un disegno di respiro più ampio. Ricorda il Pdm che di fatto con i suoi circa 60.000 voti permise nel 2006 a Prodi di vincere sia pure di misura (la differenza tra centrosinistra e centrodestra fu di soli 24.000 voti) e formare un esecutivo. Ho sempre ricordato con ironia ad alcuni membri di quell’ottimo esecutivo che, se erano arrivate al governo, lo dovevano alla generosità di quella lista calabrese che con uno strappo dalla Margherita eravamo riusciti a formare. Anche questa volta il mio disegno era ampio. Intendevo portare nell’alleanza l’Mpa di Lombardo. Per tentare di vincere il Senato in Sicilia. Cosa che secondo i sondaggi sarebbe avvenuta quasi certamente. L’Mpa ha conseguito alle recentissime elezioni regionali in Sicilia circa il 10 per cento che si traduce, sul piano nazionale, nello 0,7 per cento, che è di più di quanto i sondaggi di oggi attribuiscono sull’intero territorio nazionale alla lista di Tabacci. Si tenga poi conto che, al fine di non fare un’operazione politica senza rete, avevo ottenuto il consenso a procedere da parte di alcuni leader del Pd.» 

In sostanza poi cosa ha bloccato il disegno? 

«Una settimana fa è uscita un’agenzia di stampa in cui l’on. Donadi (quello che abbiamo visto, qualche settimana fa, rispondere, anzi, non rispondere, ad una domanda di un cronista di Report sui beni di Di Pietro e di Maruccio – lo ricordo per meglio identificare il personaggio che non è molto conosciuto in Calabria) che con Lombardo l’alleanza non si poteva fare perché trasformista. Bisogna stare attenti all’uso della parola trasformista. Donadi per esempio, da capogruppo di Idv, fino a qualche tempo fa conduceva in Aula e sulla stampa una battaglia contro il governo in carica ma spesso contro il Pd, partito con cui oggi s’allea, eppure nessuno si sogna di definirlo trasformista. Di più. Lombardo, colpito da un’inchiesta di mafia, sia pure attraverso un’imputazione coatta, non solo si era prontamente dimesso dalla Presidenza della Regione Sicilia, ma aveva detto più e più volte che non intendeva candidarsi fino a quando non fosse uscito da questa vicenda giudiziaria» 

Continui, poi cosa è accaduto? 

«Quell’agenzia di stampa è uscita nello stesso giorno in cui sono andato a colazione con Bruno Tabacci, che mi è sembrato dispiaciuto e seccato per l’incidente. Mi ha pregato di tentare di recuperare Lombardo. Mi sono molto prodigato nel corso dell’intero pomeriggio, perché la polemica si ricomponesse e la sera stessa ci siamo incontrati Tabacci, Bicchielli, Lombardo, Piscitello ed il sottoscritto. Abbiamo chiuso un accordo. Tabacci si è detto sicuro che lo avrebbe fatto firmare la sera stessa a Donadi. Fatto sta che non è passato. In quello stesso momento il centrosinistra – si ricordi queste parole – ha perso la vittoria al Senato in Sicilia. Lombardo a questo punto s’è visto costretto a riaprire un tavolo con il centrodestra, da cui proviene ed alle cui lusinghe aveva – se posso dirlo, anche grazie a me – a lungo resistito. Io ovviamente su questa strada non l’ho seguito e sono rimasto nel centrosinistra. Coerentemente con quanto avevo detto fin dall’inizio a Lombardo quando le nostre forze politiche si erano confederate». 

Non è stato dunque lei a portare Fuda da Tabacci?

«Certo che no»

Tabacci le ha fatto quindi un bel danno. 

«So bene che in politica queste cose avvengono. Ne ho subìte tante che non ci faccio più caso. Mi secca solo per gli amici che in questi anni mi hanno seguito con una fiducia smisurata rispetto ai miei meriti. Mi creda si tratta di persone di qualità e di una limpidezza di sentimenti che non sembrano neanche appartenere alla politica d’oggi, fatta di cose spesso insulse, di ostentazione eccessiva. Un nucleo compatto che le ricordo alle regionali del 2010, senza poter fruire del premio di maggioranza perché siamo stati sconfitti, ha conseguito il 6,9 per cento dei consensi.» 

Ora cosa farà? Non ci vuol far credere che resta a guardare?

«Appena saranno presentate tutte le liste, ci rivedremo con gli amici e decideremo le cose da fare. L’articolo 48 della Costituzione afferma che esiste il dovere civico del voto e questo mette in crisi un comune desiderio di osservare, per una volta, con un certo distacco la contesa politica. Un desiderio condiviso da una buona parte della base dello stesso Pd. Immagino che sceglieremo per esclusione» 

Cambiamo argomento. Ad ogni elezione c’erano uomini e donne simbolo. Oggi solo Mario Monti si ricorda della società civile, una pecca per il Pd non crede? 

« Lei mi spinge a parlare del Pd, un partito, che ha commesso alcuni errori in Calabria, prorogando per un tempo interminabile un commissariamento che diventa surreale se solo si pensa che il partito si chiama democratico. Ricordo le discussioni nel 2007 tra i 45 fondatori, di cui ho fatto con fortuna parte, sul valore della democrazia, sul superamento del modello burocratico di partito. Una cosa priva di senso se si dà uno sguardo alle liste di Camera e Senato. Faccio qui un riferimento autobiografico. Di fronte a questa legge elettorale indecente e alla volontà della Margherita di designare tutti i parlamentari da Roma, nel 2006 feci uno strappo con il partito d’appartenenza e formai, insieme a pochi amici il Pdm. Se c’è una cosa che non ho mai sopportato è che la Calabria fosse considerata da Roma una colonia. Per questo mi ribellai, pagando un prezzo alto. Detto questo però bisogna ammettere che questa legge elettorale, se è vero che è indecente, un’opportunità, la offre: essendo priva di preferenze, permetterebbe ai partiti di scegliere gli elementi migliori del territorio. Invece non solo spesso non le sceglie ma permette l’intrusione di elementi che vengono da altre Regioni. Non parliamo delle donne-sindaco con le quali sono state fatte, da parte dei dirigenti del Pd, bellissime foto ricordo che sono subito state sommerse sotto una coltre di polvere. Oggi l’unico elemento positivo è costituito dalle primarie, che bisognerebbe meglio regolamentare, punendo severamente gli abusi. Speriamo che tale strumento regga in queste elezioni.»

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