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Criticità “severe” in tutte le aziende, fornitori in attesa oltre limite: l’Europa condanna la Calabria sui tempi di pagamento in sanità

COSENZA – Era questione di tempo e per una questione già ampiamente superata: la Commissione europea ha archiviato il 27 aprile scorso la procedura di infrazione all’Italia sui tempi di pagamento nel sistema sanitario calabrese. O meglio, ha chiuso il procedimento di messa in mora relativo al blocco dei pignoramenti fino al 2025 deciso con il decreto Calabria due anni fa. Norma già bocciata dalla Corte costituzionale e poi rimodulata fino a dicembre 2023. Oggi, di fatto, non più operativa. Secondo la Commissione, congelando tutti i procedimenti oltre i termini naturali non avrebbe «garantito la conformità alla direttiva sui ritardi di pagamento per quanto riguarda il settore sanitario nella Regione Calabria. La legge italiana costituisce una violazione della direttiva sui ritardi di pagamento in quanto proroga oltre i termini previsti dalla direttiva il termine di pagamento per i debiti delle amministrazioni pubbliche».

Quella che resta, però, è un’altra procedura di infrazione legata ai termini di pagamento entro sessanta giorni del sistema sanitario pubblico ai suoi fornitori. L’ultimo aggiornamento lo ha dato proprio il ministero dell’Economia analizzando lo stato delle aziende sanitarie durante l’ultimo tavolo di verifica. Da una parte, dunque, viene archiviato un procedimento su una legge abrogata e modificata, dall’altra resta aperto il contenzioso con l’Unione europea per i tempi di pagamento. C’è da specificare che la procedura di infrazione, aggiornata allo scorso anno, riguarda complessivamente il sistema italiano, non soltanto la Calabria. Qui, però, le criticità restano «severe».

I ministeri sulla base dei dati relativi ai primi sei mesi del 2023 registrano in media dai 44 ai 65 giorni di ritardo. Il problema è che tutte le aziende in sanità «non rispettano la direttiva dell’Europa sui tempi di pagamento». Le criticità maggiori sono nelle Aou Mater Domini, Azienda ospedaliera di Catanzaro (oggi fuse nell’azienda unica Renato Dulbecco), Asp di Catanzaro e Asp di Crotone. Il problema è che i ritardi sui fornitori generano contenziosi e debito, lasciando sostanzialmente invariato il problema, al netto della ricognizione sul debito precedente che è ancora pieno di incognite.

La peggiore in assoluto in Calabria è l’ex azienda Pugliese-Ciaccio con il 93% delle fatture pagate fuori tempo massimo. La maggior parte sono debiti precedenti al 2022. L’ex mater Domini invece si ferma al 79% inevaso entro termine. La situazione è drammatica anche all’azienda ospedaliera di Cosenza con il 62% dei pagamenti ai fornitori liquidati ben oltre i 60 giorni. L’Asp di Cosenza è al 62%, quella di Catanzaro soltanto al 22%. Complessivamente si tratta di un miliardo e 300 milioni di euro liquidati in un semestre. «Il 67% – scrivono i ministeri – si riferisce a fatture emesse nello stesso periodo, il 28% si riferisce a fatture emesse nell’anno 2022, mentre i pagamenti di fatture emesse in anni antecedenti il 2022 sono di circa il 5%. I pagamenti effettuati oltre i termini di legge sono pari al 44%».

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