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Il marciapiede di via Friuli a Reggio Calabria

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SBRICIOLATO, smantellato, sconquassato. Il marciapiede di via Friuli, o meglio, quel che resta del marciapiede di via Friuli, è l’immagine iconica del degrado urbano di una città la cui gestione amministrativa ha da tempo abdicato alla cura del decoro, all’attenzione per l’arredo, alla tutela, per non dire della promozione, della bellezza dei luoghi pubblici. La dimostrazione plastica di come anche a queste latitudini esistano arterie di serie A e arterie di serie B. E senza distinzioni tra periferia e centro abitato.

Le foto che pubblichiamo affianco restituiscono in tutta la loro potenza espressiva un quadro desolante di amministrazione della res publica. E qui non regge neanche l’alibi dell’inciviltà del cittadino. Non si tratta di rifiuti abbandonati per strada, ma di mancati interventi del Comune. Un’inerzia istituzionale con cui i residenti sono costretti a convivere da anni. Abbandonati e abituati alla grande bruttezza. Non è solo una questione di igiene pubblica o di decoro urbano.

Le condizioni di degrado e incuria del marciapiede sinistro dell’arteria che da Parco Caserta conduce a via Melacrino sono diventate adesso un problema di sicurezza. Tra mattonelle saltate, cordoli in pietra rimossi e sede stradale sconnessa, ecco spuntare dal muro di sostegno quello che ha tutta l’aria di essere un segmento delle tubazioni di adduzione del gas metano per le varie abitazioni dei condomini adiacenti. La preoccupazione degli abitanti cresce al ritmo delle segnalazioni, veri e propri allarmi.

Quasi suppliche all’amministrazione comunale affinché non procrastini ancora una manutenzione non più differibile. Troppo fresco il dramma di Ravanusa, il paese dell’Agrigentino dove l’11 dicembre una fuga di gas ha provocato una violenta esplosione, 9 vittime, 61 nuclei familiari sfollati, 120 persone rimaste senza casa. E pensare che la via Friuli non è una sperduta lingua di asfalto di una remotissima periferia dimenticata da Dio, San Giorgio e relativo Palazzo (con tutto il rispetto per la periferia, naturalmente, sangue vivo di ogni città, ma bistrattata dai governanti di ogni epoca).

Ma altro non è che la propaggine meridionale del Rione Schiavone isolato 149-bis, risalente agli anni 1927-30 e parte di quell’impegnativo e straordinario programma di ricostruzione urbana di Reggio dopo il sisma del 1908. E perciò considerato dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e provincia di Vibo Valentia meritevole di essere sottoposto a vincolo di tutela diretta ai sensi del Codice dei beni culturali, «in quanto bene di interesse architettonico e storico e bene di particolare interesse a causa del suo riferimento con la storia politica, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura del territorio». Un paradosso. Era l’estate dello scorso anno quando ai proprietari delle abitazioni tra via Friuli e via Melacrino, veniva notificata la documentazione relativa alla proposta di vincolo di tutela diretta ai sensi dell’articolo 10, comma 3 lettere a) e d) del decreto legislativo 42/04 (il Codice dei beni culturali) dell’intero complesso immobiliare del rione. Era l’avvio del procedimento di vincolo firmato dal soprintendente Salvatore Patamia comprensivo di dettagliata relazione storico artistica e documentazione fotografica, redatte dall’architetto Giuseppina Vitetta, responsabile del procedimento.

«Al Rione Schiavone si riconosce la qualità architettonica rappresentativa degli anni della ricostruzione post-terremoto, quando le trasformazioni urbanistico-edilizie attuate, ispirate ad un’estetica fondata sui concetti ineludibili di simmetria, equilibrio, proporzione tanto per l’impaginazione dei fronti edilizi quanto per la progettazione a scala urbana e di quartiere, hanno determinato il carattere identitario del centro storico della città – si legge tra le altre cose nel documento – Inoltre gli edifici che formano il quartiere, sotto il profilo della tecnologia edilizia, rappresentano testimonianze di quella sperimentazione effettuata nella ricostruzione della città che cerca di coniugare le potenzialità del cemento armato con la persistente tradizione costruttiva locale».

Oggi, invece, sul pregio architettonico incombe uno sfregio amministrativo. In questi giorni l’assessorato ai Lavori pubblici è impegnato in un tanto meritorio quanto strombazzato tour di rifacimento dell’asfalto stradale per le vie del centro. Hai visto mai.

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