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Un'aula di tribunale

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VIBO VALENTIA – La Corte d’Appello di Catanzaro ha emesso 14 condanne nell’ambito del processo “Luce nei boschi” contro i presunti esponenti dei sodalizi criminali della vasta zona delle Preserre che avevano optato per il rito ordinario (quello abbreviato si è concluso sempre l’anno scorso con il riconoscimento, per la prima volta, in via giudiziaria del vincolo mafioso). Associazione mafiosa, estorsioni, armi, usura, danneggiamenti ed altro le accuse contestate a vario titolo.

A vedersi confermare il verdetto sono stati Bruno Emanuele (24 anni) e Antonio Altamura, ritenuto capo del “locale” di Ariola: 16 anni. Riformata, invece, di ben ben 7 anni la pena a carico di Gaetano Emanuele che passa da 22 a 15 anni. Più lieve invece quella per una delle nuove leve: Francesco Capomolla: 14 anni a fronte dei 17 del primo grado. Stessa decisione per il collaboratore di giustizia Domenico Falbo, condannato a 6 anni contro gli 8 del precedente grado di giudizio, mentre per Franco Idà è stata riconosciuta la continuazione del reato di traffico di droga a seguito di una sentenza emessa dal 2003 dal gup di Brindisi: da 12 anni a 12 anni e sei mesi.

Per tutti gli altri verdetto di primo grado confermato: Vincenzo Bartone, Pasquale De Masi e Giovanni Loielo (12 anni a testa); Antonio Gallace e Leonardo Bertucci (8 anni ciascuno); Nazzareno Altamura e Vincenzo Taverniti (7 anni a testa); Giuseppe De Girolamo (1 anno e 6 mesi).

Parte civile al processo i Comuni di Arena, Acquaro, Dasà, Pizzoni, Vazzano, Soriano, Sorianello, e Gerocarne, poi Confindustria Calabria. Il troncone in abbreviato si è definito da tempo in Cassazione mentre quello relativo agli omicidi dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo e di Raffaele Fatiga e Rocco Maiolo solo nel marzo scorso con due ergastoli e tre assoluzioni.

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