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VIBO VALENTIA – Assoluzione per tutti e tre gli imputati. Questa la decisione assunta dalla Corte d’Assise di Catanzaro presieduta dal giudice Alessandro Bravin, nei confronti di Antonio Prenesti (avvocati Francesco Sabatino e Salvatore Staiano) Michele Cosmo Mancuso (avvocati Guido Contestabile e Antonio Corsaro) e Domenico Salvatore Polito (avvocati Vincenzo Galeota e Domenico Soranna) accusati dell’omicidio di Raffaele Famingo, considerato boss di Spilinga e del contestuale ferimento di Francesco Mancuso, alias Tabacco, ritenuto esponente di vertice dell’omonimo clan di Limbadi, avvenuto la sera del 20 luglio 2003 a Spilinga. Per tutti, la Dda di Catanzaro, all’udienza della scorsa settimana aveva chiesto la pena dell’ergastolo.

Secondo la prospettazione accusatoria, che ha attinto dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia, due in particolare: Andrea Mantella, ex boss emergente di Vibo, e soprattutto quell’Emanuele Mancuso, i tre, unitamente a Giuseppe Antonio Accorinti, presunto boss di Zungri la cui posizione è stata stralciata, erano accusati di aver messo in atto un vero e proprio agguato nei confronti delle parti offese la notte di luglio di 20 anni fa che evidenziava una spaccatura tra le articolazioni che componevano il casato mafioso di Limbadi. I due avrebbero avanzato una richiesta di pagamento di somme di denaro, a titolo estorsivo, a Francesco Pata, gestore dell’esercizio commerciale denominato “Panificio del Sole”, ubicato a Spilinga di proprietà della società “Pre.Sca. Sas, di Francesco Prenesti e & Co”, quindi del fratello di Antonio Yoyò, alias anche “Mussu stortu”, tra l’altro socio accomandatario, e fedelissimo di Cosmo Mancuso.

A questo punto quegli esercenti, «già animati dalla volontà di non sottostare alla illecita pretesa e, anzi, di reagire violentemente all’estorsione, forti del sostegno di esponenti della locale criminalità organizzata, già allertati e pronti ad entrare in azione», avrebbero temporeggiato con la scusa della necessità di reperire i soldi. Secondo la Dda però quell’ora di buco chiesta alle due vittime doveva servire per fare in modo che i killer avessero il tempo di recarsi sul luogo. E quando Fiamingo e “Tabacco” giunsero sul posto vennero presi in contropiede. Il primo tentò la fuga ma venne freddato a poca distanza dall’attività, il secondo, gravemente ferito all’addome, riuscì a risalire in auto. Cercò di farsi curare da un medico ma alla fine dovette recarsi in ospedale. Riuscì a sopravvivere per miracolo.

Accuse che, come visto, non hanno però retto al vaglio della Corte d’Assise che ha mandato assolti per non aver commesso il fatto i tre imputati. Motivazioni entro 90 giorni.

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