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L'esibizione di Nour Eddine Fatty a Spilinga

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SPILINGA (VV) – Un brivido, un sussulto, un’emozione fortissima. In platea si scorgono occhi lucidi, mani che applaudono concitatamente. Quella di Nour Eddine Fatty è stata un’interpretazione intensa, penetrante, umana, vibrante: tutti trasportati dalla bellezza della Ninna nanna in francese, una catarsi pura: i veri artisti hanno il potere di rapire le coscienze.

Stefano Mandarano, giornalista di questa testata e conduttore della serata, ne ha sottolineato la forte umanità e infatti le note così come le parole profumavano di vita e vissuto, sogni, nostalgie, traguardi, vittorie e malinconie.

«Il canto è una sublime preghiera che va oltre l’esistenza», ha affermato Nour, è eterno, tutto può. Negli intervalli, tra un brano e l’altro, l’artista ha raccontato la sua storia, contenuta in un libro “Hjra. L’esilio del flautista”: «Mia nonna non voleva che io facessi il musicista, ogni volta che il nonno mi regalava un flauto lei me lo rompeva».

La storia di Nour Eddine Fatty è una testimonianza d’amore verso il prossimo e verso la vita: «Ho sempre odiato le frontiere, sinonimo di morte. I ragazzi dell’altra sponda del Mediterraneo per venire in Italia o in un altro paese hanno bisogno di un visto, ma magari sono poveri. Io da giovane desideravo venire in Italia, era il mio sogno, ma non avevo la possibilità di avere un visto. L’immigrato non si sente un poveraccio quando lascia la sua terra, ma un eroe, perché realizza un desiderio».

Il racconto di un musicista che ha iniziato per strada, inseguendo un sogno dopo l’altro: «Sono arrivato a Roma nel 1993 con 15 mila lire in tasca. Fuori dalla stazione c’era un negozio di strumenti musicali e mi venne subito l’idea di entrare, rimasi incantato da una chitarra, che ovviamente al tempo non avrei mai potuto acquistare. Suonai per strada per tre anni e ogni sera svuotavo gli spiccioli in un cassetto, ci vollero tre anni per racimolare i soldi che servivano per comprare la chitarra. Quando entrai nel negozio – continua la narrazione di Nour Eddine – il commesso mi guardò e mi disse: “No, quella chitarra non è per lei”, iniziammo a litigare, poi intervenne la padrona del negozio, una signora elegante e mi fece entrare, prendere la chitarra e provarla, costava un milione e trecento mila lire, la pagai con tre sacchetti di spiccioli. Da quella chitarra sono nati i primi contratti discografici».

Nour Eddine Fatty è stato il primo musulmano a comporre un’opera per il Vaticano, perché la sua musica è un inno alla pace, alla solidarietà, all’amore. Forte il legame tra l’artista e la Calabria: «Conosco la Calabria dal ’98, ho realizzato un altro sogno quando sono riuscito a fondere la mia musica con la tarantella calabrese. In Calabria o ti perdi o ti trovi, ma io qui mi sono sempre perso e ritrovato, perché siamo mediterranei, affini nel pensiero».

I brani finali sono stati realizzati da Nour Eddine Fatty, dal maestro Salvatore Braccio e da Monica Ruffolo, una interpretazione magistrale. Commossi il sindaco, Enzo Marasco, il vicesindaco e direttore artistico, Franco Barbalace e tutto il pubblico. L’evento è stato organizzato dal Comune di Spilinga e dall’associazione culturale Icre.

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