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Questo mondo ci vuole tutti estroversi, e a tutti i costi. Ci vuole attivi sempre, smanettanti sulle tastiere, animatori delle chat a tutti i costi. Ma non tutti sono chiassosi, socievoli perché così ti si chiede per forza. Per fortuna. Esistono anche le persone introverse, o comunque riservate, che, nella loro inclusione psicologica, sono attente e sensibili, e solitamente tendono a passare inosservate. Che sollievo. Che bellezza.

Il male è che proprio perché il target impone altri modelli, raramente si cerca di conoscere in profondità queste persone che non si identificano nella massa del tutto uguale, del tutto smart, del tutto usa e getta. Le persone introverse solitamente pensano in maniera più lenta e calma, fanno passare le informazioni attraverso più filtri, mentre quelle estroverse hanno pensieri e risposte molto più rapidi e lineari, ci dicono i manuali di psicologia. Tutto questo preambolo, preso anche un po’ in giro, ascoltando le parole di chi ha voluto rendere le proprie impressioni dell’ultima ora, è provvidenziale per rendere l’ultimo, affettuoso, doloroso saluto al nostro Igor Russomanno, deceduto nella terapia intensiva dell’Azienda ospedaliera Moscati, mercoledì 12 maggio.

L’architetto con la passione per l’editoria, responsabile dell’ufficio marketing e pubblicità del Quotidiano del Sud e del Corriere dell’Irpinia, se n’è andato a 64 anni, colpito dal Covid che non gli ha dato alcuna possibilità. E’ entrato in ospedale, per non uscirne se non in una lunga auto grigia, quella dell’agenzia funebre, che lo avrebbe condotto nell’ultimo viaggio. Ancora qualche ora di percorrenza su questa terra gli è stata concessa: ormai il Covid aveva ottenuto quello che si era prefissato di fare.

E se il suo stile, in qualche modo, è stato rispettato, in vita e in morte, di tutt’altro respiro sono state le reazioni di quanti, in queste ore, stanno raggiungendo a distanza, confortati dalla tecnologia, il direttore, Gianni Festa, la figlia Simona, gli amici delle redazioni del Corriere dell’Irpinia e del Quotidiano del Sud. Attraverso i tantissimi messaggi e le decine di telefonate, di ora in ora si scoprono ora una sfumatura, ora un lato del carattere che non si conosceva, altrove un’inclinazione, una passione, un interesse inedito di un uomo che si è raccontato poco ai suoi stessi colleghi. E’ solo ora, in queste ore, che si manifestano riflessi di un’anima che Igor si portava dentro.

Certo, si dirà, sono le parole che si riservano a chi è trapassato, ed in questi casi vengono ripescate perché così funziona. Ma davanti alla morte, e poi prematura, non c’è ma che tenga.

E’ chiaro che Igor aveva tutti i difetti che ogni essere umano si porta appresso. Igor era uno di noi, faceva parte di un collettivo in cui tutto può accadere. Ma in questo mese in cui ha passato quel che ha passato, e in queste ore successive alla sua prematura e assurda scomparsa, ha lasciato una traccia, un segno, un ricordo.

Sono davvero commoventi le testimonianze di affetto, di amicizia, di stima, che si sovrappongono l’una all’altra. Sono la testimonianza del senso del nostro stare su questa terra, evidentemente: tutto quel che si fa non è mai perso, ogni azione è l’anello di una lunga catena.

Aver salutato Igor dal muro di una rampa di cemento, senza potersi neanche avvicinare alla bara, è il segno di questo assurdo tempo, che ci vuole tutti social ma distanti nel momento estremo, quello che ti separa da tutto, e da tutti. Igor se n’è andato forse come qualche volta avrà pure immaginato, senza clamori né colpi di scena. Ma non crediamo che lui, come le centinaia e migliaia di persone che se ne vanno per via del Covid, desiderino dare l’ultimo respiro senza uno sguardo amico, senza una lacrima da condividere, un pensiero o un sospiro da consegnare, una mano da stringere. All’insopportabilità dell’evento, si aggiunge l’atrocità di una morte che non permette nessuna pietas. Se non a distanza, con la forza del pensiero.

C’è voluto parecchio per trovare una fotografia che non fosse quella che abbiamo pubblicato ieri e che sta girando da ore su tutti i social. Una diversa, una che ritraesse Igor anche in un’altra posa. Niente. La platea non faceva per lui. Una lunga ricerca: poi è tornata questa che pubblichiamo in pagina. E’ la più bella, tra le pochissime in archivio. Lo ritrae così com’è.

Non ce ne volere, Igor, se ti salutiamo così: a tutti i caffé che non hai offerto, a tutte le volte che te ne sei andato senza salutare perché chiudevi la porta e basta. Ma da un po’ di tempo, con fare sornione, avevi cominciato a ironizzare, forse anche con te stesso. E allora, con un sonoro e allegro “arrivederci”, ti congedavi da noi.

Arrivederci, Igor. E fai buon viaggio, dovunque tu andrai.

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