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La questione del biodigestore di Chianche sarà argomento di campagna elettorale, e su questo non ci sono dubbi. E’ però anche il fatto al centro dell’attenzione, in vista della manifestazione annunciata da tempo, domani 28 agosto, a partire dalle dieci, in piazza Libertà, organizzata dal comitato “Nessuno tocchi l’Irpinia”. Qui si svolgerà la manifestazione a livello provinciale per dire no al biodigestore di Chianche e in tutti i territori agricoli di pregio e di tutela naturalistica dell’Irpinia. Impianti che, secondo i sostenitori di questa battaglia, dovrebbero essere realizzati in aree industriali e servite da tutti i servizi necessari in questi casi, anche se ci sono posizioni contrarie, a partire dall’Ato rifiuti, che va avanti. Il Presidente Valentino Tropeano, il consigliere Luigi Lanzetta e il direttore generale Annarosa Barbati hanno incontrato in una recente assemblea i tecnici incaricati della redazione del progetto per l’ impianto di trattamento della frazione organica dei rifiuti che sarà realizzato nell’area Pip di Chianche, di cui è stata fatta una prima presentazione. L’Ato fa sapere che l’impianto sarà realizzato in un’area di 70mila metri quadrati. L’impianto avrà una capacità di 35mila tonnellate annue di Forsu oltre a 10mila tonnellate di verde e strutturante, fondamentale per la realizzazione del compost. Il progetto – realizzato dall’ingegnere Salvatore Puca, direttore generale dell’Asi di Napoli – è già stato presentato nella versione definitiva ed è adesso in fase di verifica. Tra gli argomenti invece sollevati dal movimento che si oppone al biodigestore, la Legge regionale n.14 del 2016, che contiene elementi molto positivi quali il criterio della provincializzazione, la rinuncia ad un nuovo termovalorizzatore e la scelta di un metodo democratico che ha affidato ai sindaci, tramite gli enti d’ambito, il compito di individuare gli impianti e le metodiche più corrette e specifiche per ogni singolo territorio della regione Campania. Sotto accusa l’Ato di Avellino, che «non ha svolto nessuna analisi del territorio, non ha tenuto conto delle specificità territoriali e demografiche dell’Irpinia, non ha saputo programmare, ha puntato su un sito che presenta evidenti criticità ambientali, urbanistiche e logistiche, preferendo l’ulteriore consumo di suolo in un’area che invece avrebbe bisogno di essere valorizzata sotto il profilo, enoturistico e naturalistico ». Dubbi vengono espressi sulle modalità della scelta di Chianche, come vengono respinte dal Comitato le «dichiarazioni ambigue, contraddittorie, a volte chiaramente ipocrite o diffamatorie ma non ci turbano perché sappiamo che sono rilasciate per confondere, per buttarla in caciara. Le cose che Salviamo la Valle del Sabato denuncia da anni sono sotto gli occhi di tutti anche di chi per il passato ci ha addirittura superato nelle richieste pubbliche, avanzate e fatte sottoscrivere ad altri sindaci della valle del Sabato. Tutti ricorderanno la formale richiesta della delocalizzazione dello Stir, salvo poi ad approvarne l’ampliamento in conferenza dei servizi e sostenere insieme ad altri enti che il fiume Sabato ha inquinato lo Stir e non viceversa. Per fortuna niente è più rivoluzionario della verità e i fatti parlano da soli, a cominciare dalla chiara individuazione dei responsabili dell’attuale degrado di Pianodardine».

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