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A meno di tre mesi dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Campania, e la elezione diretta del presidente della giunta regionale, la confusione regna sovrana.
La mia impressione è che ancora una volta il personalismo ha grande spazio, mentre latita il confronto sui contenuti. Credo che si stia smarrendo la strada maestra della necessità riformatrice dell’ente, nato mezzo secolo fa con l’obiettivo di programmare sul territorio, e non di privilegiare la gestione delle risorse, quasi sempre con una logica clientelare.
Ciò è ancora più grave per la Campania che essendo (per diversi motivi che qui evito di analizzare), la regione di riferimento del Sud, avrebbe dovuto assumere la guida di un nuovo regionalismo unitario.
Ci provò, a dire il vero, Antonio Bassolino, ma il tentativo fallì anche per l’egoismo accentratore e le polemiche di campanile delle singole realtà che resero vano il progetto.
Ora se si ha la pazienza di scorrere l’elenco delle leggi emanate dal governo De Luca si capisce meglio la diversità di impegno tra il dato gestionale rispetto a quello programmatico. Ma non è su questo, purtroppo, e lo scrivo con amarezza, che si sofferma il dibattito attuale. Esso invece dà conto delle vivaci polemiche che accompagnano la scelta del futuro presidente.
Per il centrodestra vale la logica spartitoria tra i vari soggetti della coalizione. Per cui se la Puglia pretende Flli d’Italia, la Campania vedrebbe candidato un esponente della Lega o di Forza Italia. Si tratta, ovviamente, di decisioni che troveranno la quadratura del cerchio nei prossimi giorni, in occasione dell’incontro di vertice dei partiti della coalizione di centrodestra. Nel centrosinistra la partita è ben più complessa. Il governatore uscente, Vincenzo De Luca, naviga in un mare tempestoso. La riproposizione alla guida della Regione è gradita dalla coalizione partito democratico-Movimento cinque stelle, con l’appoggio delle sardine. In cinque anni di legislatura egli si è giocato gran parte della credibilità che gli aveva consentito di assurgere alla guida della Regione. E ora tenta, disperatamente, di recuperare il consenso.
Il primo nodo da sciogliere è se la sua riproposizione alla guida della Regione è gradita dalla coalizione Partito democratico -Movimento cinque stelle, con l’appoggio delle sardine. Nel Pd, o almeno in una parte notevole di esso, il ritorno del governatore uscente non trova unanime consenso. I vertici nazionali del partito insistono per la formazione di una coalizione ampia, inclusiva, comprendente il M5s e le sardine. Zingaretti, anche recentemente, sa bene che in Campania senza l’alleanza con i pentastellati il centrosinistra rischia la sconfitta. La base del M5s ha però, nella misura del 96 per cento, nel corso di una recente assemblea regionale, bocciato un’intesa con il Pd. Non tanto e non solo perché ritiene di poter avere un ruolo significativo nel risultato elettorale, ma soprattutto perché il nemico giurato è proprio il governatore uscente. De Luca, infatti, per l’intera legislatura ha avuto un comportamento fortemente ostile nei confronti del M5s. Gli insulti, le offese, le maldicenze contro Di Maio e compagni sono state senza limiti e talvolta di una volgarità straordinaria. Ed è qui il punto. Possono mai i pentastellati cancellare tutto questo e oggi allearsi con il loro peggiore nemico? Appare impossibile, anche se in politica, come si dice, mai dire mai. Cosa farà Zingaretti di fronte al diniego della collaborazione dei pentastellati? Insisterà per difendere De Luca o, per la necessità di salvare il centrosinistra dall’attacco della Lega, scaricherà il governatore? Stando alle dichiarazioni recenti di Zingaretti, ma anche del suo vice Orlando, la scelta potrebbe cadere sull’allargamento della coalizione e non sulla difesa della persona. Risultano così essere fake news anche le notizie fatte circolare in famiglia deluchiana secondo cui Zingaretti e De Luca erano già al lavoro per formare le liste. Una piccola furbizia per mettere le mani avanti o un messaggio chiaro per far sapere che, comunque vada, De Luca si presenterà oltre la coalizione e facendo una campagna elettorale a titolo personale? Si capirà solo dopo il vertice del Pd per esaminare e definire la linea del partito in Campania che si svolgerà nel corso della prossima settimana. In ogni caso non è solo il Pd, o una parte di esso, a chiedere al governatore di fare un passo indietro. E’ anche la sinistra che boccia la sua candidatura, senza se e senza ma. Le dichiarazioni di Gennaro Migliore sono lapidarie: bisogna cambiare la guida del governo regionale.
E le “sardine”? Dopo il caso Scampia avrebbero avuto un ripensamento costruendo un muro di gelo tra loro e De Luca. Lo stesso Ciriaco De Mita con i suoi Popolari, che fu determinante per la elezione di De Luca nel 2015 (il Patto di Marano), avrebbe non poche perplessità a riconfermare il consenso. Non è difficile immaginare che nel tempo dei cosiddetti partiti personali il De Luca in difficoltà non esiterebbe a correre da solo.
Ma c’è di più. Nel corso di questa legislatura della gestione della Regione De Luca è stato molto disattento su grandi questioni che riguardano il riequilibrio territoriale e, in particolare, i settori della sanità, dell’ambiente oltre alla scarsa attenzione per le zone interne. Sulla sanità, gestita quasi sempre in modo clientelare, lo sfascio è sotto gli occhi di tutti.
Per l’ambiente ha fatto ben poco, anche per i costi alle stelle sostenuti per il trasferimento dei rifiuti su navi in altre nazioni. Forse per questo teme che il suo competitor, che si dice essere nel cuore di Zingaretti, possa essere l’attuale ministro per l’Ambiente Costa,
Infine le zone interne: lo spopolamento che si è registrato, e si registra come non mai nel corso del suo impegno governativo e le penalizzazioni che hanno subito Irpinia e Sannio rappresentano una censura non commentabile. Si potrebbe continuare fino ad addebitargli lo spostamento delle risorse dalla metropoli nel salernitano: dal Salernocentrismo al pur deprecabile, Napolicentrismo. Se le cose stanno in questo modo, e pare non vi siano dubbi, che fine fa il ragionamento sul valore del regionalismo? Non esito a dire che anche stavolta si sta perdendo una grande occasione per dare vita a una Regione mai nata. Un vero peccato.

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