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Il ricordo di Massimo Preziosi tratteggiato dalla penna di uno degli storici cronisti di giudiziaria della Campania, Enzo Todaro, decano della stampa salernitana. Proprio a testimonianza di come la figura del penalista andasse ben oltre i confini provinciali
Uomini di alto profilo professionale, di immensa cultura umanistica e giuridica nell’immaginario collettivo dovrebbero essere immortali. Uomini senza tempo?Ne certamente eccellenti. Primi attori di una società di “nani e ballerine”. Una premessa necessaria per giustificare i miei dubbi sulla scomparsa di un gentiluomo-avvocato, di un penalista insigne quale era e rimarrà nelle memorie dei viventi: Massimo Preziosi che del padre Olindo, un socialista di “Canne al Vento” di Ada Negri, aveva ereditato il dono dell’eloquio forense che si collega, e non solo idealmente, alla scuola Napoletana dei Porzio, dei Leone, solo per fare il nome degli ultimi romantici del secolo forense con matrice partenopea.
Non mi sembrava vero che Massimo Preziosi avesse oltrepassato il confine dell’umano, della conoscenza terrena per un altro mondo a noi sconosciuto.Tantissimi anni fa Massimo Preziosi, ancora giovane ma già penalista noto ed apprezzato nelle curie campane ed oltre, mi fu presentato da un altro grande avvocato del Foro di Salerno, Dario Incutti. Li univa l’amore per la toga, la difesa della dignità dell’uomo, il credo nel diritto di ognuno delle proprie ragioni. Al primo fugace incontro altri ne seguirono nelle Corti di Assise di Napoli, di Avellino, di Salerno. Come cronista giudiziario mi fu data l’occasione di apprezzarne la profonda preparazione giuridica che spaziava dal diritto e procedura penale alla criminologia forense. Nei suoi interventi, sia nella difesa del reo che nelle parti offese, Massimo Preziosi procedeva con ritmo serrato per pervenire a quella che umanamente era per Lui la verità. Mai un apprezzamento grossier, sacro rispetto per la magistratura, per i colleghi del contraddittorio.Qualità che emergono solo in chi ama il prossimo, in chi non gli piace stravincere lodando sè stesso e beffeggiando gli avversari. Non per caso Alfredo De Marsico, il mostro sacro dell’eloquenza forense, ne fece di Massimo Preziosi l’allievo prediletto. Non solo il Foro di Avellino, ma l’avvocatura nel suo insieme perde uno dei suoi migliori esponenti. Ci vorrà tempo perché possa accettare l’ineluttabile e dire a me stesso che Massimo Preziosi vittima consapevole di un destino avverso, non c’è più. Altri, forse, dopo di me di Lui diranno e scriveranno. Il mio ricordo è quello di un vecchio cronista giudiziario che seppure non era in consuetudine quotidiana con Massimo Preziosi ne magnificò, senza sbavature come si conviene ad un giornalista che sa le “tempeste”, lo stile del signore della Toga.

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