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Un'aula scolastica

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Scuole chiuse in Campania, sospesa l’ordinanza del governatore De Luca. La quinta sezione del Tar Campania ha accolto il ricorso, presentato da alcuni genitori contro l’ordinanza del presidente della Regione, nella parte in cui si rinvia al 29 gennaio la ripresa della didattica in presenza per le scuole dell’infanzia, elementari e medie.

Il decreto del Tar stabilisce “l’immediato ripristino delle modalità di presentazione e di fruizione dei servizi educativi, scolastici e didattici”. Già a partire da domani, martedì 11 gennaio 2022, quindi, riaprono in Campania nidi, asili, elementari e medie così come oggi hanno riaperto le scuole superiori.

Il presidente della quinta sezione del Tar Campania Maria Abbruzzese, accogliendo il ricorso presentato da alcuni genitori difesi dagli avvocati Luca Rubinacci e Giacomo Profeta, ha sospeso l’esecutività dell’ordinanza e ha fissato per la trattazione collegiale la Camera di Consiglio dell’8 febbraio.

La quinta sezione del Tribunale amministrativo regionale della Campania ha accolto anche il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’Istruzione e dal Ministero della Salute, attraverso l’Avvocatura distrettuale di Napoli, contro la stessa ordinanza. Il ricorso è stato depositato dall’Avvocatura dello Stato al Tar Campania nella serata di ieri.

L’ordinanza numero 1, firmata l’8 gennaio dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, scrive il presidente della quinta sezione del Tar Campania, è “palesemente contrastante rispetto alle scelte, politiche, operate a livello di legislazione primaria, peraltro incidente in maniera così evidentemente impattante sui livelli uniformi (a livello nazionale) di fruizione di servizi pubblici tra i quali quello scolastico”.

Il giudice amministrativo cita il decreto legge del 6 agosto 2021 poi convertito con legge n.133 del 24 settembre recante “Disposizioni urgenti per l’anno scolastico 2021-2022 e misure per prevenire il contagio da Sars-Covid nelle istituzioni educative, scolastiche e universitarie”. Secondo il Tar Campania “la normativa di rango primario, e dunque sovraordinata rispetto all’eventuale esercizio del potere amministrativo, disciplina in maniera specifica la gestione dei servizi e delle attività didattiche in costanza di pandemia, al fine di ‘prevenire il contagio’ e di garantire, nel contempo, il loro espletamento ‘in presenza'”. Ciò “esclude che possa residuare spazio, nei settori considerati, per l’emanazione di ordinanze contingibili che vengano a regolare diversamente i medesimi settori di attività e che, stante la loro astratta natura ‘contingibile’, presuppongono che non sia possibile individuare una diversa ‘regola’ della concreta fattispecie”.

Il giudice ricorda che “le ordinanze emergenziali si giustificano nell’ordinamento, e si fanno legge nel caso concreto, solo ove ricorra, oltre all’urgenza, la mancanza di altra regola che abbia previsto la fattispecie e l’abbia regolata”. Non è questo il caso, secondo il Tar Campania, in quanto il decreto legge ha “tenuto conto dell’emergenza specifica” e ha disciplinato il settore scolastico “proprio nel caso preso in considerazione dall’ordinanza impugnata, ossia la permanenza dello stato di emergenza con i suoi connessi e del tutto prevedibili precipitati fattuali (eventuale aumento dei contagi, inevitabile stress-test imposto alle strutture sanitarie, sofferenza del sistema trasportistico)”.

“A ulteriore sostegno della complessiva non ragionevolezza della misura, non risulta siano state assunte misure restrittive di altre attività, il che riporta alla omessa considerazione dell’assoluta necessità della generalizzata misura restrittiva, incidente, allo stato e nonostante la dichiarata esigenza di tutela collettiva, sulla sola frequenza scolastica rispetto alla quale, difformemente dalle scelte legislative, è stata privilegiata l’opzione ‘zero'”. “Le rappresentate difficoltà del sistema sanitario regionale, lungi dal giustificare l’adozione della misura sospensiva – si legge nel decreto – dimostrano piuttosto la carente previsione di adeguate misure preordinate a scongiurare il rischio, ampiamente prevedibile, di ‘collasso’ anche sul sistema dei trasporti; con la conseguente confermata impossibilità di qualificare ‘contingibile’ una misura dichiaratamente volta ad evitare un pericolo ampiamente prevedibile solo a voler considerare il recente passato”.

La Campania non è classificata in “zona rossa”, scrive il Tar Campania, e quindi “il solo dato dell’aumento dei contagi, neppure specificamente riferito alla popolazione scolastica e peraltro neppure certo, e la sola mera possibilità dell’insorgenza di ‘gravi rischi’ predicata in termini di eventualità, non radicano per sé solo la situazione emergenziale, eccezionale e straordinaria che in astratto potrebbe consentire la deroga alla regolamentazione generale”.

“Non risulta peraltro – si legge nel decreto – alcun ‘focolaio’ né alcun rischio specificamente riferito alla popolazione scolastica, generalmente intesa”. Secondo il giudice amministrativo, la sospensione della didattica in presenza decisa dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca “neppure sembra sottendere una compiuta valutazione di ‘adeguatezza e proporzionalità’, non facendosi alcun riferimento, nel provvedimento impugnato, alle contrapposte posizioni soggettive di diritto (all’istruzione, nella sua più ampia estensione, anche formativa della personalità dei minori), anche tenuto conto del sacrificio imposto dalla pregressa prolungata limitazione della didattica, né all’impossibilità di bilanciarle, in maniera appunto ‘adeguata e proporzionata’, con l’evidenziata tutela prioritaria dell’interesse pubblico alla salute collettiva”.

Secondo il Tar Campania “è dubbia anche l’idoneità della misura disposta, tenuto conto della prolungata chiusura connessa alle festività natalizie, che non ha, tuttavia, evitato l’aumento registrato dei contagi”.

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