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Svolta nelle indagini sulla morte di Luigi, il 17enne ucciso mentre stava rapinando tre ragazzi che erano a bordo di una Mercedes ferma in strada a Napoli nella notte tra sabato e domenica. L’agente della Squadra Mobile della Questura che ha sparato contro la coppia di giovani (con Luigi anche il 18enne Ciro De Tommaso, figlio di Genny la carognà, ex capo ultrà e ora collaboratore di giustizia in sella a uno scooter rubato) colpendo a morte il giovane, è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Napoli.

All’agente – che è intervenuto sul posto insieme con un collega – viene contestato l’eccesso colposo di legittima difesa. Un atto dovuto – viene spiegato – in attesa dell’autopsia sulla salma della vittima. Esame irripetibile al quale il poliziotto potrà far assistere un consulente. Dall’indagine è emerso che, oltre alla pistola «scenica», priva del tappo rosso di riconoscimento, i due avevano anche a disposizione un coltello, trovato addosso al figlio di «Genny à carogna », lungo 18 centimetri, con una lama da 7 centimetri.

I due – quando sono arrivati i poliziotti – si erano appena impossessati di 100 euro, di tre Iphone e anche di un borsello, appartenente a un quarto giovane, in quel momento non presente, contenente i suoi effetti personali e le chiavi di una costosa Porsche Cayenne.

Gli inquirenti della Procura di Napoli contestano a De Tommaso, tra l’altro, la rapina aggravata e la ricettazione dello scooter. Nei suoi confronti le testimonianze delle tre vittime della rapina, la refurtiva, le armi e anche le immagini dei sistemi di videosorveglianza della zona di via Duomo (luogo della rapina e della tragedia). L’udienza di convalida dell’arresto in carcere del figlio di «Genny à carogna», davanti al gip di Napoli Gabriella Bonavolontà, è fissata per domani.

A Forcella, intanto, anche oggi è stato un via vai di parenti e amici, tra imprecazioni e pianti. Davanti alle telecamere il padre, agli arresti domiciliari, del giovane che sarebbe diventato maggiorenne a dicembre, ha parlato commosso ripetendo da ieri lo stesso concetto: «Mio figlio ha sbagliato ma non meritava di morire così».

Tre le richieste dei genitori: giustizia, verità, chiarezza sui drammatici momenti della tragedia consumatasi nella notte tra sabato e domenica. I genitori chiedono di sapere le modalità con le quali è morto il 17enne. e sottolineano di essere stati avvisati in ritardo del decesso del ragazzo. In città e sui social si registrano reazioni di segno opposto tra chi sostiene naturalmente che nessuno debba essere ucciso anche se sta compiendo una azione delittuosa e chi invece, pur esprimendo dolore per quanto accaduto, ricorda che «chi fa certe cose se la va a cercare».

Don Antonio Carbone è il sacerdote della comunità dei salesiani che lo aveva accolto a Torre Annunziata (Napoli) durante il periodo di messa in prova facendolo lavorare come pizzaiolo. «Spesso – dice – mi sento fare questa domanda: ma dei ragazzi che passano per la comunità in quanti si salvano e in quanti si perdono? La vita, per fortuna, è un evolversi, nessuno di noi ha il sigillo del salvato e nessuno è per sempre perso».

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