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Hanno resistito alle sirene delle multinazionali che mettendo sul tavolo anche offerte alle quali chiunque difficilmente saprebbe rinunciare, volevano impossessarsi del loro marchio, conosciuto in tutto il mondo. «La risposta è stata sempre No perché ci sono legami familiari ancora forti, perché il destino sarebbe stato quello di mantenere il marchio ma non la parte industriale e quindi svuotare l’azienda come è accaduto a tante realtà imprenditoriali italiane acquistate da stranieri con grandi dichiarazioni di sviluppo e poi smembrate. Come è stato per la Pernigotti. Noi restiamo fedeli al territorio, alla gente che lavora per noi, alla nostra tradizione».

Fortunato Amarelli, amministratore delegato dell’industria omonima, che ha portato in tutto il mondo il sapore della liquirizia calabrese, ha la determinazione che nasce dall’orgoglio di appartenere a una lunga storia. La Amarelli, con Fortunato, è arrivata alla undicesima generazione e già la dodicesima si “sta scaldando in panchina” pronta a prendere le redini di questa azienda che risale addirittura all’anno Mille. Una longevità determinata dalla capacità di essere sempre al passo con le richieste del mercato e di prevenire le tendenze. La famiglia Amarelli nel 1500 raccoglieva la liquirizia che cresceva spontanea secondo un’usanza molto diffusa in Calabria dove questa pianta è presente in abbondanza. L’uso era prettamente farmacologico e la Calabria era l’unico produttore in Europa. Nel ‘700 la famiglia trasforma quella che era un’attività prettamente agricola, in industriale. Amarelli capisce che esportare le radici di liquirizia era costoso e quindi si dedica all’estrazione del principio attivo. Fondano a Rossano, un impianto proto – industriale, detto “concio”, per l’estrazione del succo dalle radici di questa benefica pianta. Nascono cosi le liquirizie, nere e brillanti.

Amarelli è un esempio di come un’azienda riesca a passare per tre secoli di storia mantenendosi fedele alla tradizione ma innovandosi costantemente. I primi documenti contabili risalgono al 1731 e nella metà dell’800, l’Enciclopedia Britannica attribuiva un riconoscimento di qualità alla liquirizia della Calabria superiore ad altri Paesi produttori quali Cina e Medio Oriente. La storia dice che anche Casanova ne faceva un gran uso come dolce da camera, mentre la consuetudine era di mangiare il dessert a fine pasto.

«Abbiamo una lunga storia perché l’azienda è stata sempre capace di capire i cambiamenti del mercato. L’innovazione è l’unico driver che consente di battere la concorrenza» spiega Fortunato e ricorda alcune tappe importanti, recenti, come l’apertura, nel 1996, a solo un anno dalla liberalizzazione di Internet, del sito Internet. Poi nel 2001 la creazione del Museo della liquirizia che ha ottenuto il “Premio Guggenheim Impresa & Cultura”. “È un luogo che ci ha dato possibilità di accogliere in azienda i nostri clienti, illustrando il valore del prodotto. Una pubblicità che nessuna tv ci avrebbe dato». La grande innovazione fu, negli anni Ottanta l’introduzione, per primi, delle scatoline metalliche. «Molti clienti finivano per amare più il contenitore, con le belle immagini degli anni Trenta e Quaranta, della liquirizia. Fu una scelta lungimirante. Caratterizzò il nostro prodotto, ci rese riconoscibili sul mercato e anticipammo i tempi per quanto riguarda la sensibilità ecologica» dice Fortunato con orgoglio.


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