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Mattia Villardita

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L’intima bontà dell’uomo (“la forma massima di superiorità”, diceva Beethoven), a volte, è coperta da una maschera. E dondola tra i bambini come gli elefanti delle filastrocche, in equilibrio sul filo di una ragnatela.

Mattia Villardita, ha 28 anni, è un padano di Savona che per metà della settimana fa l’impiegato in un’azienda portuale di Vado Ligure; per l’altra metà indossa un costume da Spiderman finemente lavorato e s’infila nelle stanze d’ospedale dal secondo piano in su, aiutato da un drappello di vigili del fuoco conniventi.

La sua missione è portare regali, sorrisi e una ventata di speranza ai ragazzini ricoverati e variamente infilzati da flebo, siringhe, pensieri sconnessi, terapie d’urto o arti artificiali. Ogni bimbo, in quelle corsie d’ospedale, è un malato grave: pencola sulla depressione, corre ogni giorno il rischio d’una speranza spezzata. Mattia/Peter Parker lo sa. Conosce bene ogni piega del dolore infantile.

«Per molti anni io per primo sono stato un paziente del Gaslini di Genova per una malformazione congenita a una gamba dalla nascita e quando ero ricoverato avrei tanto desiderato che Spiderman venisse a trovarmi», racconta lui. Per il piccolo Mattia inchiodato al lettino della terapia intensiva, Spiderman si stagliava nei sogni come l’amico perfetto: una sorta di evoluzione nitzeschiana di Babbo Natale mixato a Francesco d’Assisi. Era il superuomo “degli umili e dei semplici” con una buona scorta di miracoli infilata nel lanciaragnatele.

Mattia scherza: «Per i bambini tra i tre e i sette anni sono come Babbo Natale, anzi forse meglio loro credono che io sia Spiderman davvero. C’è chi piange dalla felicità, c’ è chi è così emozionato che non riesce a parlare all’inizio e chi sorride e mi tempesta di domande».

Peter Parker-Villardita usa tutto il suo tempo libero per lasciare che i bambini vengano a lui; ora lo vedi abbracciare i piccoli pazienti ingolfati negli occhi lucidi e nei movimenti dolorosi; ora lo osservi, durante il lockdown da Covid, mentre si spara 1400 videochiamate da affettuoso “Uomo Ragno di quartiere” dirette a 1400 mini pazienti diversi; ora lo segui, perfino, nelle case dei piccoli ai quali ha promesso di mangiare insieme una fetta di pane e Nutella. Mattia non chiede nulla in cambio, la sua è la pura forza della bontà dovuta a un ragno radioattivo.

La sera che si è presentato a Tu Si Que Vales su Canale 5, Mattia non s’è prodotto in giravolte da park our, né s’è incollato ai muri, né ha evocato il Dottor Octopus. Mattia s’è semplicemente tolto la maschera davanti alla telecamera, ha raccontato storie di bambini che s’erano perduti e poi ritrovati.

E ha chiuso così: “Non sono venuto qui per esibirmi, ma per ricordarvi due cose. La prima è di non arrendervi mai, prima o poi le cose migliorano e non c’è nulla di più bello che rialzarsi dopo essere caduti. La seconda è che nessuno di noi deve mai dimenticarsi di essere umano e di aiutare il prossimo: alle volte siamo presi dagli impegni, ma basta un piccolo gesto di gentilezza per cambiare la vita di una persona”. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, come diceva lo zio Ben. La prossima volta me l’immagino entrare dal balcone di Salvini…


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