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Il presidente del Consiglio Mario Draghi

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Nel 2021 la Bce ha acquistato 142 miliardi di nostri titoli sul mercato secondario comprando il 170% delle emissioni nette di Btp. Nel 2022 era previsto che la Bce avrebbe comprato 60 miliardi di titoli di Stato italiani, ma la stima è a rischio. Nel 2023 non comprerà più nulla. Un terzo del Next Generation Eu (191,5 miliardi) e la metà dei prestiti sono italiani. La verità è che la credibilità per un Paese come l’Italia che ha 2700 miliardi di debito è tutto. Che la barra dritta del timone che consente di attuare gli impegni di riforma e di investimenti assunti con il Recovery Plan è tutto. Abbiamo bisogno di un tasso di crescita più alto degli altri Paesi e dobbiamo collocare titoli per 400 miliardi ogni anno. Altrimenti metteremmo a rischio l’Europa. Questo è il motivo per cui si fanno interventi per 8 miliardi (6 bollette del gas, 2 sostegni industriali) senza scostamento di bilancio e si scommette sul riequilibrio strutturale aumentando le produzioni di rinnovabili e di gas intervenendo sugli stoccaggi e tenendo aperto un canale preferenziale con Putin

LA BANCA centrale europea (Bce) ha in pancia titoli pubblici italiani per un controvalore di 703 miliardi.  Sì, avete capito bene: 703 miliardi. Nel 2021 sempre la Bce ha acquistato 142 miliardi di nostri titoli sovrani sul mercato secondario (123 programma pandemico Pepp, 19  ultimo programma Draghi App) comprando il 170% delle emissioni nette di Btp del Tesoro della Repubblica italiana (si ricavano sottraendo ai collocamenti i titoli scaduti).

Nel 2022 era previsto che la Bce avrebbe comprato 60 miliardi di titoli di Stato italiani pari al 75% delle emissione nette del Tesoro incrementando l’ultimo programma di Draghi (App) per compensare in parte la chiusura del Piano pandemico (Pepp). Questa stima è fortemente a rischio perché il programma di acquisti potrebbe terminare prematuramente in estate e, quindi, la Bce potrà comprare meno titoli italiani emessi.  

Se non ci sono nuove crisi globali nel 2023 che nessuno si augura la Bce non comprerà più nulla. Per dare tutto questo sostegno sul mercato all’acquisto dei titoli pubblici italiani la Bce ha dovuto continuare a comprare importi rilevanti di titoli a tassi negativi come i Bund tedeschi ma anche quelli francesi e altri. Tutto questo ha inciso pesantemente sulla redditività dei conti della banca e di sicuro questo dato di fatto gioca a favore dei falchi da sempre propugnatori di un’uscita più veloce dalla politica degli ultra-acquisti. Il debito pubblico italiano ammonta a 2700 miliardi. Ogni anno la Repubblica italiana deve collocare titoli per oltre 400 miliardi se vuole continuare a pagare stipendi e pensioni dei dipendenti pubblici oltre che garantire il funzionamento della macchina dello Stato in tutte le sue declinazioni e l’erogazione dei servizi ad essa collegata. 

Lo stock del debito italiano è al momento detenuto per un 30% dalla Bce, per un altro 30% da istituzioni finanziarie internazionali, per il restante 40% è in mano a istituzioni finanziarie italiane e, al suo interno, per una quota intorno al 5% a investitori retail. Il primo programma  europeo (Next Generation eu) finanziato con titoli europei collocato sul mercato, una specie di eurobond, riguarda per un terzo il Recovery plan italiano e, sulla parte presa a prestito, la metà dell’intero programma europeo riguarda l’Italia. Tra la prima e la seconda voce da qui al 2026 nella disponibilità  dell’Italia a patto che li sappia spendere e faccia le riforme concordate ci sono 191, 5 miliardi con una possibilità di limature al ribasso in sede di revisione.

Perché, vi chiederete, ho voluto fare questo elenco impressionante di numeri (aiuti ricevuti e debiti contratti) che delimitano il perimetro europeo della situazione italiana? Perché il valore aggiunto che Draghi e il suo governo di unità nazionale “creato dal Presidente della Repubblica Mattarella” rappresentano per gli italiani è inestimabile proprio alla luce di quei numeri europei. Molti, troppi, in casa e a scuola, quasi sempre in tv, perfino in Parlamento, questo quadro della verità non lo conoscono, lo ignorano e molti anche quando ne prendono coscienza preferiscono ignorarlo.

La verità è che la credibilità per un Paese come l’Italia che ha 2700 miliardi di debito pubblico è tutto. Che la barra dritta del timone che consente di attuare gli impegni di riforma e di investimenti assunti con il Recovery Plan italiano è tutto. Che se qualcuno pensa consapevolmente o meno di fare tornare l’Italia in balia dell’avventurismo è bene allora che sappia che sta scherzando con il fuoco. Perché sta scherzando con il rischio Paese. Noi siamo arrivati fin qui dopo venti anni di crescita zero con un carico di debiti inauditi (appunto, 2700 miliardi) e abbiamo ora bisogno di un tasso di crescita che deve essere necessariamente più alto degli altri Paesi. Perché  la rincorsa deve essere assolutamente più lunga e dobbiamo garantire la continuità perché se non lo facessimo metteremmo a rischio l’intera Europa.

Questo è il motivo per cui si fanno interventi per 8 miliardi (6 per le bollette del gas, 2 sostegni industriali) senza scostamento di bilancio e si scommette tutto sul riequilibrio strutturale aumentando le produzioni di rinnovabili (modulo unico) e di gas intervenendo sugli stoccaggi e tenendo aperto un canale preferenziale con Putin. Questo è il motivo per cui il governo del fare di Draghi deve fare le riforme del codice degli appalti, della concorrenza e del fisco e sta correndo come questo Paese non correva da vent’anni nei bandi di gara e nelle aggiudicazioni.

Vorremmo mettere in discussione tutto ciò perché ogni singolo partito dentro la coalizione deve dimostrare di esistere? Perché Salvini non può essere scavalcato dalla Meloni nei sondaggi? Perché i Cinquestelle divisi come non mai hanno rigurgiti assistenziali fuori dalla storia e dai nostri vincoli di bilancio o perché i loro Capi e capetti sono contagiati dalla stessa malattia leghista della propaganda? Perché nel Pd nonostante gli sforzi di Letta c’è chi per ragioni di bottega spicciola si ostina a ignorare la portata della sfida? È vero che ognuno legittimamente può esprimere gli interessi di cui è portatore e che siamo in una fase pre-elettorale, ma proprio per questo se non prevale la solidarietà nazionale il Paese è spacciato.

A contare oggi è l’interesse nazionale e questo interesse nazionale è incompatibile con ministri e capi partito double face, una faccia al govenro e un’altra fuori, e con gli agguati parlamentari. L’interesse generale oggi viene prima di tutto. Bisogna che si dialoghi di più dentro il governo e tra il governo, i partiti e il Parlamento, ma tutti devono avere la consapevolezza che il mondo verso cui noi siamo  tra i primi debitori percepiscono il governo Draghi come un governo diverso, responsabile e capace. Devono avere la consapevolezza che se questo assunto comune venisse meno, pagheremmo un prezzo che è incompatibile con la nostra sopravvivenza nel novero delle economie industrializzate.

Dobbiamo continuare per forza ad essere il Paese che è uscito per primo dalla pandemia riaprendo in sicurezza meglio degli altri la sua economia e conseguendo una crescita da tassi di miracolo economico. Abbiamo bisogno del nostro timoniere e di una squadra italiana che rema tutta nella stessa direzione. Non si scherza mai, né sopra né sotto il banco, con il rischio più grande che c’è e si chiama Rischio Paese. Soprattutto, se questo Paese è l’Italia.


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