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La regionalizzazione ha distrutto il Paese. Le amministrazioni territoriali o si dotano di capacità o l’amministrazione centrale le sostituisca. L’Europa vuole vedere qualità della spesa e qualità della amministrazione. Se nessuno sa che vuoi fare una fiscalità di vantaggio per gli investimenti al Sud, il tempo passa e il Paese affonda. Si deve fare una squadra di poche persone con sensibilità finanziarie o si può dare un incarico a una banca d’affari per dire al mondo che oggi la grande occasione è il Mezzogiorno d’Italia. L’importante è parlare con i centri nevralgici della finanza globale

I Paesi europei che vanno bene e sono prestatori di fondi il loro piano per l’utilizzo del Next Generation lo hanno già definito. Sono preoccupati i tedeschi. Sono preoccupati gli olandesi. Entrambi, però, hanno fatto il loro piano e ne hanno rese partecipi le loro comunità. Noi siamo un Paese prenditore di fondi e non abbiamo ancora un piano di rilancio del Paese. Si dice: se ne sta occupando il ministro per gli Affari europei Amendola che è bravo, e noi ne siamo convinti, ma non basta, non è sufficiente per affrontare una sfida di tale portata storica.

Non emerge all’esterno un’organizzazione, un processo strutturato, un metodo di lavoro. Questa cosa vista da Francoforte e da Bruxelles non va bene, diamo la sensazione di essere tutti immobili a guardare gli eventi, non a determinare gli eventi. Magari non è vero e alla prova dei fatti ci stupiscono, ma ciò che oggi appare preoccupa perché manca un calendario di lavoro, non si capiscono le priorità, si paventa il rischio di dare qualcosina a tutti che è l’esatto contrario di ciò che serve. Si percepisce dall’esterno l’impronta dei mille campanili e il vizio italiano antico della mediazione al ribasso che è proprio ciò che non si deve fare.

Dietro le parole pacate del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, c’è la preoccupazione che si sprechi la grande occasione europea perché questo il Paese non se lo può più permettere. Il punto è che se si continua a parlare solo di referendum e di elezioni regionali e poi magari si comincia a parlare di rischio di elezioni politiche, mentre l’Italia deve invece compiere le scelte necessarie per individuare gli obiettivi giusti e gli uomini in grado di attuarli, si spreca un’occasione storica e si va gambe all’aria. Noi abbiamo un’idea precisa per il Next Generation: la riunificazione infrastrutturale materiale e immateriale delle due Italie.

Siamo anche consapevoli che questa scelta appartenga alle sensibilità politiche di chi guida il nostro governo, ma non si è ancora riusciti a fare capire bene che questo serve al Nord e al Sud del Paese (Conte su questo ha avuto a Cernobbio parole chiare) e soprattutto si fa evidentemente fatica a rendersi conto che ora servono i fatti. Che non si può continuare con le mediazioni di prima che danno sempre al più forte e tolgono al più debole. Perché ospedali e scuola riguardano i diritti di cittadinanza calpestati, sono spesa sociale, ma dietro questa tagliola ci sono pezzi vitali di sviluppo negato.

Forse, si capisce meglio così. È stupido avere in casa venti milioni di persone e condannarle al sottosviluppo. Il concetto è mettiamo i soldi sul Mezzogiorno perché ci serve. L’economia deve soddisfare le esigenze delle persone. Un’area del Paese fortemente repressa sulla domanda ha bisogno di un ambiente competitivo per potere esprimere al meglio quella domanda repressa. Bisogna offrire la possibilità di produrre in modo competitivo facendo, non annunciando, le infrastrutture materiali e immateriali. Questo significa avere un’idea e coniugarla con l’unica altra idea già emersa che è quella della fiscalità di vantaggio al Sud.

Bisogna avere la visione generale e bisogna avere la capacità di fare con gli euro frutto del nuovo debito comune europeo quello che una classe politica agguerrita e strutture tecniche all’altezza seppero fare nel Dopoguerra con i dollari degli americani. Affrontando le due questioni dolenti oltre la ingiusta scarsità di risorse avute in dote negli ultimi venti anni.

Punto uno, la qualità delle amministrazioni locali. La regionalizzazione ha distrutto l’Italia: è un fatto, cominciamo a dirlo, non ci vergogniamo di dire la verità. A questo punto, le amministrazioni territoriali o si dotano di capacità o l’amministrazione centrale le sostituisca. All’Unione europea vogliono vedere qualità della spesa e qualità della amministrazione. Prima di loro siamo noi a pretenderle.

Punto due, dotarsi di un gruppetto di persone che vada in giro a dire nel modo che oggi la grande occasione è il Mezzogiorno d’Italia. Va fatto subito addirittura prima dei provvedimenti perché il mondo è diventato più complicato e da questa complicazione potremmo paradossalmente trarne vantaggio.

Tutti quei luoghi dove si andavano a mettere i soldi nel mondo sono oggi “fuori mercato” perché Paesi come Brasile, India, Romania, solo per fare qualche esempio, sono focolai di infezioni e allora noi non solo dobbiamo dotarci in due/quatto anni – non venti o quaranta – della risorsa infrastrutturale, ma dobbiamo fare la seconda operazione di qualità della spesa prendendo chi fa promozione del pacchetto Mezzogiorno e scegliendo il meglio che c’è per dialogare con i centri nevralgici del sistema finanziario globale. Se fai un buon prodotto e nessuno lo sa, le cose non cambiano.

Se nessuno sa che vuoi fare una fiscalità di vantaggio il tempo passa e il Paese va gambe all’aria. Si può fare una squadra di quattro o cinque persone con sensibilità finanziarie o si può dare un incarico a una banca d’affari che probabilmente te lo fa anche gratis o meglio ancora ci si affida a Intesa SanPaolo. La presidenza del Consiglio faccia in fretta queste scelte con chi ritiene più giusto ma regali subito all’Italia quegli uomini d’oro che vanno a spiegare agli investitori americani, ai fondi di private equity, al fondo norvegese, e a chi vogliono loro, che oggi pagare meno tasse in Europa e lavorare in una zona protetta è possibile nel Mezzogiorno d’Italia.

Sembra l’uovo di Colombo ma è proprio quello che oggi è possibile fare e che serve al Paese tutto. La battaglia non può essere solo dare più soldi al Sud perché allora è una battaglia persa. Se quei soldi non vanno allo sviluppo – infrastrutture, scuola, università, ricerca e fiscalità di vantaggio – non servono. Se non riusciamo a fare sapere al mondo che è cambiato tutto, il vantaggio ci sarà, ma durerà poco.


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