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Olaf Scholz e Mark Rutte

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È una esternalità negativa per l’intera Europa esattamente come lo squilibrio fiscale dei Paesi del Sud. Ha portato l’alta inflazione ed è frutto di errori e interessi inconfessabili loro. Questi Paesi vogliono imporre la medicina monetaria che li salva, ma nemmeno si pongono il quesito se ha o meno controindicazioni per gli altri Paesi del Sud. La Galassia del Nord chiede a ragione di ridurre il peso dei nostri debiti, ma non ha diritto di pretendere, oltre il giusto, una politica monetaria restrittiva con tassi alti e taglio degli acquisti che penalizza chi ha un debito maggiore. Una nuova Europa solidale deve tenere conto di entrambe le esternalità e l’Italia deve sapere approfittare della sua collocazione strategica sul Mediterraneo. Perché il vero Nord energetico dell’Europa oggi è il Mezzogiorno d’Italia. In questo da Draghi alla Meloni c’è la coerenza di un Paese che è diventato serio e che vuole rimanere credibile.

C’è una partita che si gioca sottotraccia, ma è decisiva per la nostra economia. Nella Banca centrale europea si stanno dividendo e nessuno sa come va a finire. La maggioranza dei Paesi del Nord, Germania, Olanda e Baltici, parlano e votano come se tutta l’inflazione europea fosse oltre il 20% che è vero solo in Estonia, Lituania e Lettonia. Alcuni di loro dipendono al 100% dal petrolio russo, hanno qualche attenuante in più, ma resta il fatto che per colpe loro si trovano in una situazione di dipendenza energetica più pesante e intendono scaricare su tutti i Paesi europei il costo di questa loro diseconomia spingendo a procedere a passo di carica sulla strada degli alti tassi e della chiusura brutale della lunga stagione della politica monetaria espansiva.

Hanno la loro medicina, quella che risolve i loro problemi, ma nemmeno si pongono il quesito se questa medicina ha o meno controindicazioni per altri Paesi del Vecchio Continente. Come è di sicuro, ad esempio, per la migliore economia europea che è quella italiana. Che ancora nel terzo trimestre di quest’anno continua a accelerare sul piano congiunturale dello 0,5% e ha un tendenziale di crescita anno su anno, che vuole dire 2022 sul 2021 da record del +6,7%, di ben oltre il 4% con una crescita già acquisita del 3,9%. Altro che rimbalzo, che peraltro non abbiamo mai avuto né all’uscita dalla grande crisi finanziaria del 2008/2009 né da quella per noi ancora più pesante dei debiti sovrani del 2011/2012. Siamo l’unica economia europea con sette trimestri consecutivi di crescita e un dato strutturale di 1,8 punti oltre il recupero della caduta, avvenuto a tempi di record come non è accaduto in nessuna delle grandi economie occidentali.

Che una politica di alti tassi e una uscita più veloce del previsto dagli acquisti di titoli sovrani possa strozzare l’offerta delle economie del Sud a partire dalla nuova locomotiva europea che è quella italiana, a loro interessa poco o affatto. Che simili scelte poco meditate si incrocino con una revisione del patto di stabilità e crescita europeo che sana la sua zoppìa storica di ciampiana memoria dove il rigore vinceva su tutto, ma che proprio per la sua dimensione più realista metterà su binari obbligati di finanza pubblica economie europee come quelle italiana, greca, spagnola, a loro interessa altrettanto poco. Che tutto ciò elevi al cubo gli oneri della esternalità negativa italiana che è il suo squilibrio fiscale e gli aggiustamenti che ne discendono con il suo carico aggiuntivo di vincoli in un quadro recessivo globale di origine bellica, a loro interessa ancora meno.

A questo punto, però, deve essere chiaro che se lo squilibrio fiscale italiano, peraltro puramente teorico perché si sta tenendo una linea di prudenza assoluta e la traiettoria del rapporto debito/Pil resta discendente, viene considerato una esternalità negativa per tutta l’Europa, allora bisogna pubblicamente prendere atto che l’inflazione a tassi record dei Paesi del Nord rappresenta un’altra esternalità negativa per l’intera Europa.

Soprattutto perché sono Germania e Olanda che hanno sbagliato il loro modello di approvvigionamento energetico, che si sono fidati del sistema russo di Putin e, nel caso tedesco, che hanno fatto addirittura affari a 360 gradi insieme, senza neppure avvertire gli altri Paesi europei dei rischi geopolitici e dei progetti putiniani di invasione dell’Ucraina.

Continuano peraltro a opporsi al price cap europeo sul gas che non è risalito ai livelli record agostani, ma presenta comunque un conto di nuovo più salato a imprese e famiglie europee, a partire da quelle italiane che non hanno né le colpe loro né quelle dei Paesi Baltici. Per tali evidentissime ragioni devono di conseguenza tutti insieme, i governi e i loro rappresentanti monetari della Galassia Nord Europa, almeno prendere coscienza che rappresentano essi stessi un’altra esternalità negativa per l’intera economia europea e la sua tenuta sociale complessiva.

Non possono continuare a chiedere con la consueta protervia aggiustamenti di bilancio che noi peraltro puntualmente attuiamo – come i greci, gli spagnoli, i portoghesi e perfino i francesi – e ignorare invece che loro sono portatori di un’altra esternalità, altrettanto onerosa per tutti, che riguarda la loro inflazione e il loro mix energetico sbagliato. Che non è frutto del caso, ma di errori loro, scelte sbagliate loro, interessi inconfessabili loro, che si traducono in una composizione energetica sbagliata per sé e per gli altri. Che mette alcuni Paesi della Galassia Nord nella condizione di dipendere ancora oggi, dopo dieci mesi di guerra, in modo ombelicale dalla Russia di Putin e altri, in primis la Germania, a seguire l’Olanda, ad avere legami commerciali eccessivi a tutto campo che costituiscono un vincolo alla crescita per loro giustificatamente e per gli altri Paesi del Sud Europa assolutamente in modo ingiustificato.

Soprattutto per quelli più indebitati che hanno pagato i costi della grande crisi della politica europea che ha moltiplicato i danni della grande crisi dei debiti sovrani e che hanno mostrato, è il caso dell’Italia, la migliore capacità di resilienza a pandemia e guerra mettendo a segno una crescita mai fatta da decenni e realizzando la maggiore discesa del rapporto debito/Pil dalla guerra a oggi. La Galassia dei Paesi del Nord chiede conto a ragione degli squilibri di bilancio dei Paesi del Sud Europa e chiede giustamente di ridurre il peso dei debiti, ma non ha alcun diritto di pretendere, oltre il giusto, una politica monetaria restrittiva con tassi alti e taglio degli acquisti che penalizza i Paesi che hanno un debito maggiore.

Una nuova Europa solidale deve tenere conto di entrambe le esternalità e l’Italia deve sapere approfittare della sua collocazione strategica sul Mediterraneo. Perché il vero Nord dell’Europa oggi, in termini energetici, industria del mare e traffici commerciali, è il Mezzogiorno d’Italia. A questa priorità strategica geopolitica risponde il Piano nazionale di ripresa e di resilienza voluto da Draghi e su questa direttrice si muove con determinazione e altrettanta intelligenza strategica Giorgia Meloni. Queste sono le coerenze di un Paese che è diventato serio e che vuole rimanere credibile. Questo significa tutelare e consolidare l’interesse nazionale riunendo le due Italie e patrimonializzando il miracolo nascosto di Draghi.


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