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Sergio Mattarella durante il messaggio di fine anno

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Che è quella del mondo in cui viviamo con Pandemia e guerra, crisi energetica e alimentare, cambiamenti climatici e fenomeni migratori. Comunicata in un messaggio giustamente breve perché  oggi bisogna dire le cose essenziali. La prima riguarda chi governa che è costretto a fare i conti con la realtà. Che  significa vivere come un impegno morale e, quindi, cogente il rispetto dei diritti di cittadinanza, a partire da quelli sanitari, di ognuno dei cittadini italiani nei suoi territori. Parliamo dei diritti di uguaglianza sanciti dalla Costituzione che non sono un aspetto burocratico del problema italiano, ma un punto di sostanza ineludibile della coesione che è la base di tutto, il cemento spirituale e materiale della Ricostruzione economica e civile del Paese. Significa attuare il Pnrr facendo la transizione ecologica, la svolta digitale e gli investimenti che servono per riunire le due Italie. Significa capire che viviamo i tempi della sovranità europea condivisa e delle conseguenti alleanze strategiche. Significa capire che pagare le tasse è un dovere civico e che la scienza è una risorsa preziosa

Sergio Mattarella ha fatto un discorso di fine anno per tranquillizzare la nazione. Un discorso molto garbato per dire che i problemi ci sono, ma che questo Paese deve andare avanti nella solidarietà. Un messaggio giustamente breve perché il mondo è cambiato e lui stesso, di natura asciutto nel linguaggio, se ne fa lucidamente interprete. Ha fatto capire a tutti che non è più tempo, potremmo dire che proprio non c’è più spazio, per discorsi torrenziali che pure hanno segnato fasi importanti della storia repubblicana italiana con altri Presidenti.

Perché è cambiato il modo di comunicare con la gente e oggi bisogna dire le cose essenziali. Non soggiacere all’idea di fare l’enciclopedia. Ha detto tutto senza drammatizzare. Ha indicato i problemi veri del Paese, ma ha voluto ricordare la grande crescita italiana che è il segno forte della coesione e della capacità di risposta di una comunità dentro i mari procellosi delle grandi crisi pandemiche e economiche di origine bellica. È come se avesse detto: non facciamo catastrofismi perché la situazione è già molto difficile sul piano internazionale e non possiamo continuare a non vedere quello che siamo stati capaci di fare.

Perché, aggiungiamo noi, sfiducia attrae sfiducia e diventa pericolosamente contagiosa, mentre la fiducia come sentimento diffuso è il moltiplicatore positivo di ciò che si è capaci di fare nei momenti difficili e questo Paese, aggiungiamo sempre noi, ha dimostrato di sapere fare molto e di collocarsi dalla parte giusta nella guerra folle di Putin in Ucraina che è il seme terribile del nuovo conflitto mondiale di civiltà tra mondo autocratico e mondo occidentale.

Perché oggi, è il senso chiaro del messaggio di Mattarella, il governo è costretto al realismo. Chi governa è costretto alla concretezza. Qui si innesta la forza potente del suo messaggio tranquillizzante: basta demagogie, avete governato tutti e avete visto tutti che quando si governa si devono fare i conti con i problemi, non con le chiacchiere. Questa è la cifra più profonda di questo primo messaggio di Mattarella del suo secondo settennato. Fare i conti con i problemi, non con le chiacchiere, significa vivere come un impegno morale e, quindi, cogente il rispetto dei diritti di cittadinanza, a partire da quelli sanitari, di ognuno dei cittadini italiani nei suoi territori, a casa sua.

Parliamo dei diritti di uguaglianza sanciti dalla Costituzione che non sono un aspetto burocratico del problema italiano, ma un punto di sostanza ineludibile della coesione del Paese che è la base di tutto, il cemento spirituale e materiale della Ricostruzione economica e civile della nazione. Non c’è spazio per i giochetti contabili e i trucchi della prima e della seconda bozza di Calderoli che è sempre la stessa copia del federalismo dei ricchi che spacca per sempre il Paese.

È andata bene una volta ai furbi più di dieci anni fa con il trucchetto della spesa storica, ma ora tutti sanno tutto e il cammino da fare è a ritroso. Fare i conti con i problemi, non con le chiacchiere, significa capire che oggi è il tempo obbligato della solidarietà, che pagare le tasse è un dovere civico, che bisogna sfruttare tutte le risorse del Piano nazionale di ripresa e di resilienza per affrontare tutte le emergenze che passano attraverso la sanità, post Covid o ancora Covid che sia, ma anche per consentire la modernizzazione del Paese affrontando e vincendo le sue altre grandi sfide che sono la transizione ecologica e la svolta digitale. Tutto questo, però, si fa solo se si preserva lo spirito di coesione e di fiducia che si è avuto nei due anni scorsi della grande crescita italiana. Solo un Paese coeso che sa che la scienza è una risorsa preziosa può superare le grandi crisi, non ce la può fare un Paese preda delle lotte intestine.

Fare i conti con i problemi, non con le chiacchiere, significa capire che oggi viviamo i tempi della sovranità europea condivisa che richiedono la consapevolezza delle alleanze strategiche internazionali che non appartengono ai governi ma agli interessi fondanti di una comunità nazionale coniugate dentro le nuove grandi sfide del Mediterraneo e dell’Africa legate al nuovo quadro geopolitico determinato dalla guerra di invasione di Putin in Ucraina e al nuovo ordine mondiale che ne conseguirà.

Fare i conti con i problemi, non con le chiacchiere, significa capire che oggi è il tempo di investire sulla forza endogena della nostra economia produttiva che ha vinto su Germania e Francia grazie al tasso di innovazione e di dinamismo delle sue imprese esportatrici e di agire con efficienza attraverso la leva degli investimenti pubblici e privati per affrontare e finalmente avviare a soluzione la grande emergenza sociale italiana sporcandosi le mani con il suo cruciale, irrisolto problema di fondo che è lo squilibrio territoriale. Se solo si capisse che è la più grande opportunità di crescita per l’intero Paese tutto sarebbe più facile.


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