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Raffaele Fitto

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Quello che non può più succedere è che la Regione Sicilia pretenda di utilizzare i fondi europei di coesione e sviluppo per coprire il suo disavanzo di spesa corrente per la legge di stabilità della Sicilia 2023-2025. Quello che sempre di più dovrà succedere è ciò che è già accaduto con il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, dove l’Italia è leader in Europa nell’utilizzo dei fondi per il Pnrr avendo già messo a disposizione il 70% del totale delle risorse che sono pari a 6,68 miliardi. Qui la rivoluzione è già avvenuta con due riunioni a settimana e una squadra di tecnici rafforzata con alla guida un ingegnere, non un filosofo. La sfida di oggi del Paese non è di costruire il capo ma di ricostruire il livello decisionale con più capi sulle singole competenze che costituiscono tutti insieme la nuova amministrazione del Paese

Avere preso la decisione di chiudere l’esperienza dell’agenzia di coesione significa volere chiudere con la lunga stagione italiana in cui si è fatto finta di fare le cose. Significa provare a rimettere potere decisionale e capacità esecutive nelle mani di un’amministrazione che torna a fare le cose. Significa provare a ricostruire lo Stato che è il problema del futuro del Paese. Perché una cosa deve essere chiara: la scelta strategica non è stata quella di demolire le strutture, ma di rafforzarle e di inserirle in un quadro organico che non accentra ma responsabilizza.

Mercoledì nell’informativa alla Camera che farà il ministro Fitto che esprime la scelta politica più qualificante del governo Meloni, quella di riunire tutte le deleghe europee in un unico dicastero presso Palazzo Chigi, queste cose saranno più chiare a tutti. Sulle concessioni portuali l’accordo è stato raggiunto. La cabina di regia con le parti sociali è andata molto bene e indica che le parti sociali che prima stavano fuori ora sono al tavolo e il Piano verrà condiviso usufruendo nel frattempo di una macchina che con il decreto di attuazione della nuova governance ha finalmente i poteri per decidere. Il messaggio forte che cominciano a percepire anche a Bruxelles, non in casa nostra dove impera la grancassa delle chiacchiere e degli allarmismi, è che si sta riorganizzando tutto per recuperare capacità di spesa e una vera programmazione. Questo è il punto.

La stagione delle carte da accatastare è finita e ora che si sta chiudendo il negoziato sulla terza rata, bisogna subito affrontare e risolvere le criticità della quarta rata di giugno. Bisogna mettersi nelle condizioni di fare stabilmente le cose. Siamo arrivati al punto finale della riorganizzazione che parte da una valutazione complessiva dello stato dell’arte reale della situazione che si tradurrà in un’informativa compiuta nei due rami del Parlamento. Soprattutto si tradurrà nel primo tentativo serio di riforma della amministrazione portando alle estreme conseguenze il pressing sui capi di settore di attuazione dei programmi europei.

Questo non vuol dire accentrare, ma responsabilizzare. Quello che non può più succedere è che la Regione Sicilia pretenda di utilizzare i fondi europei di coesione e sviluppo per coprire il suo disavanzo di spesa corrente per la legge di stabilità della Sicilia 2023-2025. Quello che sempre di più dovrà succedere è ciò che è già accaduto con il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, dove si sono fatte due riunioni a settimana al dicastero e si è rafforzata la squadra di tecnici mettendo alla testa un ingegnere, non un filosofo. Il risultato è che oggi l’Italia è leader in Europa nell’utilizzo dei fondi della cultura per il Pnrr avendo già messo a disposizione il 70% del totale delle risorse che sono pari complessivamente a 6,68 miliardi. Qui la rivoluzione della nuova amministrazione è già avvenuta. La sfida di oggi non è di costruire il capo, ma di ricostruire il livello decisionale con più capi sulle singole competenze che costituiscono tutti insieme la nuova amministrazione del Paese.


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