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Giorgia Meloni, presidente del Consiglio

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Come fare a non riconoscere che strappi veri in Europa non ce ne sono stati, ma che proprio per questo una Meloni che dice di fare uscire Polonia e Ungheria dalla debolezza democratica rischia di arrivare per strade sue a superare l’esame di maturità che la porta all’Europa federale? Possibile che si continui a parlare del nulla lasciando campo libero a una leader della Destra di governo che è stata già accettata in Europa come portatrice di un disegno conservatore stile Thatcher, ma che in realtà questo processo che farebbe benissimo all’Italia e all’Europa lo ha appena avviato? Gli italiani desiderano un’opposizione di sostanza che smascheri i giochetti e incida. Questa è la vera sfida del Pd della Schlein.

LIBERARE destra e sinistra dal peso delle ideologie che poi diventano slogan e ignorano i problemi veri. Questo è il maleficio italiano da rompere. Che cosa converrebbe di più a un’opposizione che si rispetti di ritrovare l’unità e porre congiuntamente la Meloni di fronte alla responsabilità di fare il salto obbligato sulla ratifica del Meccanismo europeo di stabilità (Mes)? Di aiutarla nel proprio interesse a liberarsi da pagare i residui, e sempre minori, pegni che ancora oggi paga alle sue componenti più demagogiche sui crinali scivolosi dei migranti, dell’autonomia differenziata, e di poco altro? Che cosa impedirebbe alle opposizioni di sostenere come Paese l’azione del governo a favore di investimenti industriali comuni tra Germania e Italia che oggi servirebbe paradossalmente più a loro che a noi e che, soprattutto, servirebbe a scongiurare lo spettro della recessione europea? Come fare a non riconoscere che strappi veri in Europa non ce ne sono stati né in termini di finanza pubblica né di rotture clamorose con le alleanze storiche, ma che proprio per questo una Giorgia Meloni che parla esplicitamente di fare uscire Polonia e Ungheria dalla debolezza democratica rischia di arrivare per strade sue da qui a un po’ a superare l’esame di maturità che la porta a condividere un’idea vera di Europa federale? Dove spingono altrimenti le battaglie per tenere fuori nel nuovo patto di stabilità e crescita europeo gli investimenti pubblici che rispondono alle nuove priorità strategiche dell’Europa dal computo del rapporto deficit Pil? Possibile che si continui a parlare del nulla lasciando campo libero a una leader della Destra di governo che è stata già accettata in Europa come portatrice di un disegno conservatore moderno, ma che in realtà questo processo che farebbe benissimo all’Italia e all’Europa lo ha appena avviato?

Chi scrive, in tempi non sospetti, sostenne che la vera sfida della Meloni è diventare la nuova Thatcher e che è interesse dell’Europa e del Paese fare maturare un processo riformista che vada oltre il presidio di quei preziosi delta a nostro favore in termini di Pil, consumi e occupazione che sono l’eredità preservata dalla Destra al governo dell’Italia di Draghi leader indiscussa tra i Paesi Fondatori della nuova Europa federale. Ponemmo in guardia allora che l’alternativa a tutto ciò era l’esperienza della prima donna premier del Paese che si traduceva in una delle tante stagioni effimere di governo che hanno segnato la storia repubblicana del ventennio della crescita dello zero virgola.

Oggi il rischio più concreto che corrono tutte le opposizioni è che, al di là delle possibili nuove maggioranze in sede di Parlamento europeo, Giorgia Meloni prosegua in solitaria, magari a zig zag, sulla strada di quel processo riformista thatcheriano che all’epoca salvò l’Inghilterra. Il rischio capitale è che tutto ciò avvenga o si percepisca come avvenuto o in itinere senza che l’opposizione italiana tocchi palla rinunciando a rivendicare meriti riformisti sul campo che la accreditino ad esserne poi l’alternativa riconosciuta dal voto degli elettori. Questo è il punto del maleficio italiano che va rotto in modo assoluto con estrema urgenza. Prima di tutto il Pd deve ritrovare un’anima riformista avendo anche la forza di rivendicarla uscendo dal gioco sporco delle ideologie e dimostrando la Schlein che non è vero quello che sostengono i suoi denigratori e, cioè, che tutto ciò è impossibile perché lei senza ideologia non esiste. O perché si è messa intorno tutta gente che ragiona per slogan da talk show e che oggi invece non si può più fare politica inseguendo la narrazione. Perché finiamo con il parlare inevitabilmente solo di fuffa che non può contrastare in partenza la fuffa ideologica sopravvissuta nella Destra in quanto le due fuffe si tengono insieme a vicenda e buttano giù il Paese.

Gli italiani oggi viceversa desiderano un’opposizione che costringa la Meloni a stare sempre sulle cose contribuendo a cambiarle. Questa è la sfida, non altre. Invece sono tutti avvolti in un loop da cui non si riesce ad uscire. Che è quello del Pd di fare concorrenza ai Cinque Stelle. Che a loro volta sanno solo fare rumore o sventolare bandierine peraltro ammainate da chi governa. Con un terzo polo che avrebbe davanti delle praterie, ma non riesce a decollare. Si ripete un po’ quello che accadde nelle stagioni di Berlusconi dove, a parte le follie dell’uomo, ci sarebbe stata una possibilità reale di produrre un nuovo centrismo moderno, in origine addirittura dichiaratamente liberale, ma tutti si sono lasciati erodere dalla possibilità di perdere le loro posizioni e ogni cosa si è avviluppata tra berlusconiani e anti berlusconiani.

Oggi la situazione si riproduce addirittura anche all’interno dei sindacati. Questa è la verità profonda che nessuno vuole vedere perché costringerebbe tutti a ripensarsi. Perché hanno tutti paura di chi potrebbe venire al loro posto. Perché una cosa è certa in un Paese che cambia per davvero il posto per loro non ci sarebbe più.


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