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Donald Trump e Joe Biden

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Dopo il secondo e ultimo dibattito tra Donald Trump e Joe Biden, tenutosi la notte di venerdì a Nashiville e arbitrato dalla giornalista della NBC/news Kristen Walker, si è consolidata l’impressione che le previsioni sul voto del 3 novembre rimangano immutate quanto al rapporto di forza tra i due candidati. Nonostante che questa volta i due contendenti non si siano dati sulla voce, e che gli americani abbiano potuto confrontare con calma le rispettive opinioni sui grandi temi – covid, economia, immigrazione, rapporti con l’estero –, sembra proprio che nel complesso le scelte dell’elettorato siano rimaste immutate, e Trump non sia riuscito a riguadagnare qualche punto nel distacco che lo separa da Biden.

Ci si deve allora chiedere perché nell’ultimo mese di campagna elettorale, periodo decisivo nella scelta finale tra i due contendenti, e nonostante l’aggravarsi del loro scontro verbale sulle piattaforme social in cui si moltiplicano i messaggi propagandistici d’ogni tipo con l’impiego di mezzi finanziari senza precedenti, tutto rimanga fermo con minimi spostamenti da una parte e dall’altra.

Ad oggi Joe Biden resta ancora in vantaggio nel voto popolare nazionale (da 7 a 12 punti), e guida anche la gara nella maggior parte degli Stati “in bilico”, per esempio nel Michigan con + 9 punti, in Pennsylvania con più 7 punti, e perfino in Florida con + 2 punti, tutti Stati in cui nel 2016 Trump vinse la partita ribaltando la tradizionale maggioranza democratica.

Il fatto è che queste presidenziali arrivano dopo un lungo periodo di polarizzazione nell’opinione pubblica dovuta allo stile divisivo del presidente Trump. La spia di quanto siano profonde le contrapposizioni è che oggi, a pochi giorni dal voto del 3 novembre, già 40 milioni di americani hanno votato sia di persona che per posta. Mai una tale corsa alle urne si era verificata prima, una tendenza che porterà l’affluenza alle urne ad oltre il 60% degli aventi diritto, una percentuale molto elevata per gli standard americani.


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