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Xi Jinping e Putin

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Non sono esattamente lo stesso caso, anche se ci sono delle somiglianze. Sia Taiwan che l’Ucraina sono minacciati di invasione da parte del loro “Grande Fratello” e ambedue sono decisi a difendersi sino all’ultimo da questo destino.

Tuttavia l’Ucraina è uno stato nazionale giuridicamente ben separato e diverso dalla Russia, che anzi, fino a ieri, ne riconosceva la legittima esistenza.

Taiwan, invece, rivendica il suo essere parte della Cina: anzi, per svariati anni ha sostenuto di essere il legittimo rappresentante di tutta la Cina, ad esempio alle Nazioni Unite. Il governo di Taipei rifiuta di accettare il governo del Partito comunista cinese, non la Cina.

LE TENTAZIONI CINESI

A Pechino, ovviamente, hanno un’altra opinione e sostengono che bisognerà presto mettere fine a questa divisione “artificiale”: il Presidente cinese e leader del Pcc, Xi Jin Ping, ha affermato che tale riunificazione dovrà avvenire prima del termine del suo mandato (che peraltro potrebbe rivelarsi molto lungo).

Nella realtà però questa differenza politico-giuridica sembra sempre più irrilevante. L’appartenenza di Taiwan alla Cina è sostenuta dal suo vecchio partito di governo, il Kuo-Min Tang, che aveva preso possesso dell’isola quando il suo leader, il generale Chiang Kai-shek, vi si era rifugiato dopo la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese (Taiwan si qualifica come Repubblica Cinese).

Tutto questo avvenne nel 1949. Oggi di fatto Taiwan è un Paese molto diverso dalla Cina di Pechino e al suo interno divengono sempre più forti le voci di chi vuole rivendicarne la diversità e l’indipendenza. In parallelo cresce la tentazione di Pechino di tentare un colpo di forza.

LE DIVERSITÀ DEI DUE CASI

C’è chi sostiene che la Cina stia studiando le reazioni occidentali all’invasione dell’Ucraina per meglio prepararsi al suo tentativo annessionista. Altri invece pensano, più prosaicamente, che la Cina punti a un aggravarsi della guerra in Ucraina perché questo potrebbe limitare le opzioni militari e politiche a disposizione degli Stati Uniti, che verrebbero così impegnati contemporaneamente su due fronti, in Europa e in Asia.

E tuttavia non dobbiamo sottovalutare le diversità tra i due casi. Taiwan, a differenza dell’Ucraina, è un tassello strategico essenziale della globalizzazione (ad esempio per il suo quasi monopolio dell’industria dei semiconduttori, sui quali si basa l’intera realtà virtuale) e la Cina, a differenza della Russia, è molto più profondamente integrata al sistema produttivo e commerciale globale.

Se la guerra in Ucraina sembra trascinarci indietro nel tempo, agli anni della II o addirittura della I Guerra mondiale, un conflitto su Taiwan investirebbe in pieno il mondo contemporaneo, economicamente, politicamente e tecnologicamente.

Di più, mentre la guerra in Ucraina si svolge ancora ai margini della Nato, senza uno scontro diretto con la Russia, un conflitto su Taiwan vedrebbe con tutta probabilità il realizzarsi di uno scontro militare diretto tra Cina e Stati Uniti. E ancora, mentre la guerra in Europa si sta svolgendo in un quadro strategico fortemente controllato e stabile, grazie al funzionamento di grandi realtà multilaterali come la Nato e la Ue, nulla di tutto questo sarebbe possibile in Asia e nel Pacifico.

Al contrario, è del tutto probabile che l’apertura di un conflitto di grande portata tra le due maggiori potenze dell’area, Cina e Usa, scatenerebbe gli appetiti di tutta una serie di altri importanti attori regionali che vi vedrebbero l’occasione per provare a regolare i loro problemi nazionali. Pensiamo a India e Pakistan, per esempio, ma non è certamente l’unico caso di conflitto regionale aperto.

IL “CONTAGIO” ASIATICO

In un tale contesto, è probabile che un conflitto su Taiwan prolifererebbe, collegandosi ad altri conflitti regionali (le due Coree?), tra Paesi che a volte dispongono di armamenti nucleari, e si espanderebbe rapidamente anche al Medio Oriente, trovando così infine un possibile collegamento con le guerre della Russia, inclusa quella in Ucraina.

Per ben due volte, durante il XX secolo, noi europei abbiamo esportato in Asia la nostra grande guerra. In questo XXI secolo vedremo forse le potenze asiatiche ricambiarci l’attenzione?


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