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Carlo Calenda

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C’era un vecchio adagio che imponeva alcune regole fondamentali ai traditori, non importa se di nobile lignaggio. Il traditore abbassato a livello di spia, ha diritti inferiori, non si sa perché, ma è una legge dello spirito (e dell’azione). Ebbene, l’aria che tira per i grillini è davvero pesante per loro, non c’è possibilità di rimediare. Ai cronisti in pressing, che vogliono sapere se Luigi Di Maio tornerà a essere nell’empireo dei 5 stelle, Carlo Calenda risponde così: “Non so di chi lei stia parlando”.

E subito dopo vira su Enrico Letta per il quale nutre quasi un amore filiale: “Il nostro campo non è aperto a chi ha fatto cadere Draghi, con certezza matematica”. “Ad Enrico Letta vogliamo bene, è una persona seria e siamo disponibili a discutere con tutti sulle cose da fare”.

È sempre più l’ora delle elezioni nelle urne italiane.

Calenda prende di mira Silvio Berlusconi: “Ha fatto una cosa folle”, giudizio tranchant ma condiviso dalla pattuglia elettorale. “Forza Italia è entrata a pieno titolo nell’arena populista sovranista anti Europea”. Da 24 ore è iniziata la prima interlocuzione con il Pd, che in questi anni ha preferito altri partner, ad esempio il M5s e l’estrema sinistra. Emma Bonino non va per il sottile: “Non è che mi posso presentare nella sede del Pd con un bazooka, non si può fare”.

Non tarda ad arrivare la risposta di Luigi Di Maio a Calenda. “Le coalizioni si presentano tra il 12 ed il 14 agosto, nelle prossime settimane si aprirà un dibattito. Le coalizioni sono preziose per stare uniti contro gli estremismi. Essere uniti fra coloro che hanno provato a salvare il governo, è un valore”. Ma anche la ministra Mariastella Gelmini, dopo aver letto l’agenda Draghi, ha esclamato: “è quello che serve all’Italia, e Calenda le ha risposto: “con grande piacere”.

Intanto, i sindacati si preparano per la convocazione a Palazzo Chigi prevista per domani mercoledì. Il 12 luglio scorso Draghi li ha chiamati malgrado fosse dimissionario e le camere fossero sciolte. È un Esecutivo al quale tocca il disbrigo degli affari correnti. Sul tavolo di Palazzo Chigi le pressioni di Landini, Sbarra e Bombardieri sulle misure previste al Dl Aiuti “per affrontare l’emergenza economica e sociale per famiglie e imprese”.

Ma i partiti cercano nuovi equilibri dopo lo scambio di accuse, vicendevoli, che si sono scambiati in vista del ritorno alle urne per il 25 settembre. Se nel centrodestra volano gli stracci, la tensione non diminuisce nel centrosinistra, dove il segretario Pd, Enrico Letta ha reso lampante ciò che da tempo si va sussurrando; ovvero che la separazione dai 5 stelle è “irreversibile”.

Letta ha così chiuso una pagina molto tribolata, stancante per molti versi e ne ha aperto un’altra che chiameremo “Democratici e progressisti con al centro l’agenda sociale che vogliamo portare avanti”. C’è stato quasi un regolamento di conti fra i big del partito che ha lasciato a casa diversi personaggi. Ma la campagna elettorale si annuncia piena di veleni? L’impressione, visto quanto sta accadendo, è sì. Letta dichiara che ormai i Pd sono “molto più progressisti dei 5 stelle” assicurando di non volere fare una campagna astiosa o arrabbiata. “Con loro abbiamo fatto un percorso che rivendico”, poi è arrivato Conte che ha fatto una scelta di campo “di abbandonare quella rivoluzione”.

Ci sono stati, nel frattempo, i duri scambi di accuse tra l’avvocato Conte e Letta. “Il Pd è arrogante” ha accusato Conte, “i progressisti siamo noi, osservando che l’accusa di essere un traditore “è un’infamia, ma non mi fa male”. Letta, però, non è mai riuscito a digerire la caduta del governo Draghi, definendolo “un suicidio collettivo della classe politica del nostro Paese che ne esce molto ammaccata”. Annuncia pertanto le mosse per una futura lista, “di cui ho parlato con Speranza”. L’appello di Letta non riceve un grande successo, non serve l’agenda Draghi ma un progetto con cattolici di Demos. Servirebbero 100mila volontari. L’importante -dice- è avere gli occhi di tigre, “io ce li ho”.

Ecco cosa dice Osvaldo Napoli di Azione: “Con un tratto di penna Giorgia Meloni pensa di cancellare 7-8 partiti e decine di liste per ridurre lo scontro elettorale a un duello fra lei ed Enrico Letta. Capisco che sia galvanizzata dai sondaggi, capisco che sia tentata di buttare a mare Berlusconi e Salvini, però ogni tanto lasci l’acceleratore e pigi sul freno. In democrazia, ogni tanto Meloni se lo dimentica, decidono gli elettori e a loro si rivolgono i partiti con i loro programmi per essere giudicati. Negare un ruolo e un’identità alle altre forze politiche non è esattamente un buon viatico per chi aspira a guidare una grande democrazia. Per una che guarda sempre avanti, il torcicollo è un brutto inconveniente”.


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