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Famiglia di estrazione socialista, studi classici al liceo Giosuè Carducci di Nola, laurea in Ingegneria nel 1988, professore in Tecnica delle Costruzioni, rettore dell’Università Federico II e presidente della Crui.

LA CARRIERA

Il curriculum di Gaetano Manfredi, nuovo ministro dell’Università e della Ricerca nel Governo Conte, delinea un profilo di altissimo spessore, ideale per ricoprire l’incarico lasciato libero dal predecessore dimissionario Lorenzo Fioramonti. Talmente inattaccabile, che ieri ha ricevuto consensi trasversali alla notizia della sua nomina (eccetto il carfagnano Cottarelli).
Dal capo politico del Movimento Cinquestelle, Luigi Di Maio, per la valorizzazione degli Atenei meridionali fino al capogruppo regionale di Forza Italia Armando Cesaro (“unica figura di spessore in un governo inetto e poltronaro”) passando ovviamente per l’area di riferimento più vicina a lui, il Pd (suo fratello Massimiliano è stato tra i deputati dem più attivi sul territorio). Fermarsi alle varie tappe di una carriera svolta tra la cattedra, le consulenze per la ricostruzione post-terremoto in diverse zone d’Italia insieme alla Protezione Civile, fino alla guida delle Università italiane chiedendo sempre “maggiore equità tra Nord e Sud” nonché “pari opportunità per i giovani”, sarebbe riduttivo. Di Manfredi, originario di Ottaviano paese alle pendici del Vesuvio, oltre ai toni gentili ed i modi pazienti, colpisce l’approccio al merito, il metodo condiviso, la scelta delle persone improntate alla qualità.

Quando l’Ateneo federiciano è stato oggetto di polemiche, il neoministro ha sempre provato a mediare, senza preferire posizioni autoreferenziali. È per questo che, negli ultimi anni, più volte gli è stato sollecitato un impegno nell’agone politico. Sindaco di Napoli, ma anche presidente della Regione. Ha sempre gentilmente declinato le proposte, nei prossimi mesi (il 31 ottobre 2020) però scade il suo mandato alla guida della Federico II e la corsa alla sua successione è bella che partita con il preside di Medicina Luigi Califano in pole position.

LA POLITICA

L’idea di candidarsi, questa volta, l’aveva accarezzata in cuor suo e parlandone con gli amici più fidati, ma senza autoproporsi scombinando i piani altrui. Il suo ingresso al Governo, in effetti, può rafforzare l’asse tra Pd e Cinquestelle non solo a livello nazionale (anche i renziani ne hanno tessuto le lodi) ma soprattutto a livello locale, dove al momento è ricandidato il governatore Vincenzo De Luca che forse ieri – al netto del post su facebook di stima – un sospiro di sollievo deve averlo tirato. Ha un competitor in meno per il suo bis, perché se Di Maio e Zingaretti fossero riusciti a trovare un’intesa per le Regionali il nome di Manfredi sarebbe stato spendibile. Non è escluso che, anche in base a come procederà l’azione dell’Esecutivo, non possa accadere in un futuro prossimo. Il nuovo titolare del Mur (senza la I di Istruzione andata alla Azzolina) conosce bene il premier Conte non da oggi, un sondaggio sulla sua disponibilità già c’era stato alla nascita del Conte bis sostenuto dalla maggioranza giallo-rossa. La domanda legittima di queste ore è: Manfredi chiederà maggiori risorse come fatto da chi prima di lui si è dimesso adducendo proprio questo motivo? Chi lo conosce bene, non ha dubbi: cercherà i modi giusti per cogliere il risultato. Quando c’era il Governo Pd, il Fondo di finanziamento ordinario delle Università dopo una stagione di forti tagli salì da 6,923 miliardi del 2015 a 7,350 del 2018. Con il ministro leghista Marco Bussetti fu d’accordo sul caso del numero chiuso a Medicina: per entrambi non andava tolto, ma aggirato aumentando i posti disponibili. Infine lo scorso 19 dicembre sulla legge di bilancio fu netto.

LA DELUSIONE

“Siamo molto delusi: i finanziamenti che aspettavamo servivano in primis per i giovani. Un piano straordinario per i ricercatori e risorse a copertura delle esenzioni delle tasse universitarie (per la cosiddetta no-tax area). Tenendo conto che siamo già il Paese europeo con il minor numero di laureati, e che notoriamente la crescita economica nella società della conoscenza non può che basarsi sulla conoscenza, non credo che questa legge renda un servizio al futuro prossimo dei nostri cittadini”. Ora tocca a lui, l’ingegnere dalla forma mentis umanistIca. Senza bacchetta magica, ma con il quadro ben chiaro e la consapevolezza che per il Sud è arrivata un’occasione irripetibile.


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