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Draghi e Kissinger a New York

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QUALI sono il senso, lo scopo e le aspettative della missione del premier Mario Draghi negli Usa? La risposta a questa domanda l’ha data lo stesso Draghi alcuni giorni or sono durante la sua ultima conferenza stampa in cui ha illustrato le misure adottare dal governo nel decreto Aiuti ter. Claudia Fusani de Il Riformista gli ha chiesto quale tipo di Paese avrebbe raccontato ai colleghi di New York. “Racconto il Paese che vivo oggi.

Il Paese che vivo oggi – ha risposto il presidente del Consiglio – è un Paese forte, leale all’Alleanza Atlantica, leale all’Europa. È un Paese che ha saputo fare delle manovre di politica economica di sostegno alla propria economia. È un Paese che cresce più del 3,5% oggi e 6,5-6,6% l’anno scorso. È un Paese che ha ridotto l’indebitamento. Questo è il Paese che porto. Cosa vuole che faccia previsioni su quello che succede? C’è tanta gente che dice cose contrarie e c’è tanta gente che invece conferma questa visione nel panorama politico attuale. Non condivido questa visione sempre negativa’’.

Poi ha aggiunto salendo di tono. ”C’è il PNRR che non funziona!”. No, funziona e va avanti. E c’è quello che invece ama i russi alla follia e vuol togliere le sanzioni, e parla tutti i giorni di nascosto con i russi. E va bene c’è, c’è pure lui. Però c’è tanta gente che non lo fa, la maggioranza degli italiani non lo fa e non lo vuol fare. Quindi direi: quando vedo queste cose guardo alla maggioranza degli italiani, guardo al governo che ho avuto l’onore di presiedere. Guardo all’Italia che ha prodotto questo governo, ha contribuito a produrre questo governo”.

Tutto vero, come è altrettanto vero che questo Paese è lo stesso che aveva alla sua guida la personalità premiata come “statista dell’anno’’ da “un grande vecchio’’ come Henry Kissinger (un protagonista della storia della seconda metà del secolo scorso), ma non gli ha consentito neppure di portare a termine il suo mandato per qualche mese ancora. Ma Draghi ha in dote la coscienza dei giusti; così ha voluto far sapere che negli incontri previsti negli Stati Uniti avrebbe rassicurato gli alleati sulla “linea’’ del governo che uscirà dalle urne. Da dove gli proviene tale consapevolezza? Da “una gran fiducia negli italiani’’.

Tuttavia, mentre pronunciava queste parole Draghi non ha esitato a raccomandare i capisaldi della politica internazionale (con le relative conseguenze sul piano interno) che il Paese deve continuare a seguire (e che non sempre sono stati rispettati nel dibattito elettorale). “Nei rapporti internazionali occorre essere trasparenti. Se non si è trasparenti gli altri Paesi non sanno come il nostro paese la pensa. Quindi anche qui ci vuol coerenza nelle posizioni internazionali, non capovolgimenti, giravolte, per cui soprattutto per esempio per quanto riguarda l’Ucraina e l’invio delle armi (…) Si voleva forse che l’Ucraina si difendesse a mani nude? Forse era quello che si voleva. Ecco, questo fa il prestigio internazionale di un Paese: la coerenza, la trasparenza. La mancanza di trasparenza, la mancanza di coerenza indeboliscono il Paese e quando si indebolisce di fuori si indebolisce anche di dentro. Ed è lì che viene a mancare quell’atmosfera, quell’ambiente che serve per la crescita”.

Draghi esprimerà queste sue convinzioni non solo nei colloqui con personalità delle istituzioni di quel Paese, ma anche nell’intervento programmato nell’Assemblea generale dell’Onu. I discorsi dell’ex presidente della Bce, sono entrati a far parte della storia recente. Il «Whatever it takes» che da governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi pronunciò a Londra il 26 luglio 2012, nell’ambito della crisi del debito sovrano europeo, condusse alla salvezza dell’euro e dell’Unione europea. Quando finì il suo mandato all’Eurotower di Francoforte, vennero a salutarlo i capi di Stato dei Paesi più importanti. Poi Draghi fu incaricato di formulare insieme ad altri esperti una relazione sulle prospettive future della globalizzazione.

In seguito, lo stesso Draghi, con la teoria della distinzione tra debito buono e debito cattivo, ha contribuito a disegnare quel nuovo corso della politica economica che ha portato una profonda innovazione nella strategia dell’Unione e al varo del NGEU quale risposta alla crisi derivante dalla pandemia.

Col suo discorso al Meeting di Rimini Draghi tracciò il profilo del governo che pochi mesi dopo sarebbe stato incaricato di presiedere e che ha guidato per 18 mesi. Ecco perché sarà importante ascoltare il discorso che Mario Draghi svolgerà nel Palazzo di vetro a NYC, dove un consesso che bene o male rappresenta le angosce e le incertezze di tante nazioni e di miliardi di persone gli farà capire che la comunità internazionale ha bisogno di leader come lui per ritrovare un percorso di fiducia e di speranza.


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