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Luca Palamara

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ROMA – Il comitato direttivo centrale dell’Anm, votando all’unanimità la proposta avanzata dal collegio dei probiviri, ha decretato l’espulsione di Luca Palamara dall’Associazione che aveva guidato dal 2008 al 2012. La decisione nei confronti del Pm romano, indagato a Perugia per corruzione, è stata adottata per le “gravi violazioni al codice etico”.

È la prima volta che un ex presidente viene espulso dall’Associazione nazionale magistrati (ANM).

A Luca Palamara, al centro della bufera che ha travolto la magistratura italiana, i cui effetti durano ancora a distanza di un anno dalle prime intercettazioni pubblicate, è stata applicata la sanzione più dura, votata dal Comitato direttivo centrale dell’Anm che ha accolto la richiesta formulata dal collegio dei probiviri, negando a Palamara, che lo aveva chiesto, di essere ascoltato, perché non previsto dallo Statuto.

«Mi è stato negato il diritto di parola e di difesa, nemmeno nell’Inquisizione», dice a caldo il pm romano, sospeso in via cautelare da funzioni e stipendio. E diffonde il testo del discorso che avrebbe voluto leggere davanti al ‘parlamentino’ del sindacato delle toghe. «Non farò il capro espiatorio di un sistema», assicura.

“Un primo segnale di cambiamento è stato dato, ma non basta. Una profonda riforma della Giustizia, civile, penale e amministrativa è fondamentale per rilanciare l’Italia. Tempi certi dei processi, certezza della pena, separazione delle carriere: la Lega è pronta”, commenta il leader della Lega Matteo Salvini.

Non era mai successo che il sindacato delle toghe decidesse una sanzione così severa per un suo ex presidente.

Ma quella a carico di Palamara non è l’unica sanzione decisa dal comitato direttivo centrale: è stato sospeso per 5 anni l’ex togato del Csm Paolo Criscuoli, mentre per gli altri 4 ex consiglieri coinvolti, Luigi Spina, Antonio Lepre, Gianluigi Morlini e Corrado Cartoni, che hanno già lasciato l’Anm, è stato invece deliberato il non luogo a procedere. Per Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa dal 2013, deputato di Italia viva, considerato ancora componente dell’Anm, sono stati ritrasmessi gli atti al collegio dei probiviri per procedere con una nuova proposta.

Nel documento, che avrebbe voluto fosse messo agli atti, Palamara ribadisce di non avere «mai agito da solo», e di essere «stato invischiato in un meccanismo infernale». E lancia un affondo: «Ognuno aveva qualcosa da chiedere, ognuno riteneva di vantare più diritti degli altri, anche quelli che oggi si strappano le vesti».

Il riferimento è esplicito: «Penso ad alcuni componenti del collegio dei probiviri che oggi chiedono la mia espulsione, oppure a quelli che ancora oggi ricoprono ruoli di vertice all’interno del gruppo di Unità per la Costituzione, o addirittura ad alcuni di quelli che ancora oggi siedono nell’attuale Comitato direttivo centrale e che forse troppo frettolosamente hanno rimosso il ricordo delle loro cene o dei loro incontri con i responsabili giustizia dei partiti politici di riferimento. Sarebbe bello che loro raccontassero queste storie. Mi dimetterò solo se i colleghi del sistema correnti faranno lo stesso«, incalza, e chiede «scusa ai colleghi fuori dal sistema delle correnti».

Dura la denuncia del presidente dell’Associazione nazionale magistrati: «C’è una gigantesca questione morale», dice Luca Poniz, che «non riguarda i moltissimi magistrati che ne sono certamente estranei» ma ha «una portata di sistema, che riguarda i gruppi associativi, il loro progetto e la loro azione, il senso del loro ruolo; ma anche la selezione dei loro gruppi dirigenti, la loro offerta associativa, che si è concretata e si concreta non di rado in promesse, aspettative».

«Oggi non abbiamo bisogno di capri espiatori», osserva il segretario dell’Anm, Giuliano Caputo, ma «di tornare a prendere coscienza della diffusività di comportamenti che dimostrano un modo distorto di formazione del consenso in magistratura non intorno ad idee e valori ma sulla base di interessi strettamente individuali». In questo quadro è necessario, ammonisce, «che intervengano delle riforme legislative che facciamo venir meno gli evidenti spazi all’interno dei quali si sono generate e poi autoalimentate le degenerazioni alle quali abbiamo assistito».


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