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Il titolo del Financial Times dedicato a Draghi

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Tutti se la sono presa molto con i giornali inglesi che hanno avuto da ridire sulle vittorie sportive italiane, cosa tutto sommato piuttosto provinciale perché è improbabile che il Times o il New York Times si irritino per un articolo del Corriere della Sera del Messaggero, ma pochi notano che un giornale arcigno e poco incline agli sconti come il Financial Times, promuove l’Italia e il suo governo a pienissimi voti facendola balzare in testa a tutte le classifiche possibili e immaginabili della stabilità, delle risorse per il rilancio economico, l’immagine del capo del suo governo, l’immagine complessiva del paese, insomma una pagella come non la vedevamo da tempo, anzi da mai.

Partiamo dall’ovvio: Mario Draghi ha avuto una fortuna sfacciata. Napoleone quando parlava dei talenti dei suoi generali faceva una classifica fondata sulla prima qualità necessaria per vincere: la fortuna.

L’arrivo di Draghi ha coinciso con le vittorie sportive mai viste in tale quantità, quella dell’Eurovision, il tutto ciò accade mentre anche la Merkel sta per lasciare il suo ruolo di leader del paese più forte d’Europea e mentre Emmanuel Macron si appresta a fronteggiare delle elezioni che sembrerebbero perse in partenza.

Dunque, Draghi per una straordinaria combinazione astrale, umana, ragionevole e ragionata ma anche fortunata raccoglie i frutti di una mietitura che gli ha portato a far vincere primiera, 7 bello, carte e denari in una partita senza avversari.

O meglio, Draghi di avversari ne ha tanti ma la sua azione di fatto toglie spazio a tutte le propagande di partito di destra e di sinistra lasciandolo libero di giocare secondo razionalità. La razionalità oggi coincide con una linea di centrodestra e di fatto Draghi è un presidente del consiglio di centrodestra, tuttavia non deve farlo notare troppo perché in Parlamento lui ha bisogno dei voti sia della sinistra che dei 5 Stelle e quindi è costretto a continue piccole correzioni semantiche o a affermazioni blandamente di principio per non irritare troppo le forze parlamentari che lo sostengono. Dopo aver superato a pieni voti il semestre della cosiddetta “luna di miele”, adesso il Presidente del Consiglio deve affrontare il secondo semestre pericoloso che è quello bianco, durante il quale a norma di Costituzione è vietato convocare le elezioni, e il Parlamento resta in carica senza poter essere sciolto.

Questa situazione ogni volta che si presenta espone il governo della maggioranza a ricatti, si fanno molti giochi, si avanza un’ipotesi spesso del tutto campata in aria, ma anche in questo campo l’autorevole giornale inglese ha pronta la sua ricetta:  prorogare Mattarella per un anno in più al Quirinale, lasciare che Mario Draghi resti un anno oltre le elezioni del 2023 quando il Parlamento avrà cambiato faccia,  forma e i numeri e lui potrà contare sicuramente su una maggioranza più omogenea e meno capricciosa. La balena spiaggiata dei 5 Stelle a quel punto sarà ampiamente decomposta e i gabbiani avranno già divorato quel che c’era da divorare. Di conseguenza, il nuovo Parlamento potrebbe diventare per il primo ministro Draghi uno strumento per dare una accelerata molto più intensa di quella che può dare oggi, costretto ad alcuni compromessi del tutto necessari perché lui comunque sa fronteggiare con mano sicura, senza dare l’impressione di alcun disagio. Dopo una tale cura secondo il giornale inglese si potrebbe finalmente ringraziare il presidente Mattarella per il lavoro svolto oltre i suoi limiti naturali, come del resto accade anche per Giorgio Napolitano, e passare alla elezione del nuovo inquilino del Quirinale.

Chi potrebbe essere? Ma certamente non può che essere lui: lo stesso primo ministro che diventato presidente potrebbe dall’alto del Colle seguire ed eseguire le politiche già impostate avviando così l’Italia di fatto a una costituzione non scritta di tipo francese: chi comanda e all’Eliseo, chi esegue e al Matignon. Quirinale e Palazzo Chigi diventerebbero così due anelli della stessa catena al cui capo però sarebbe sempre lui, l’efficientissimo e da tutti stimato Mario Draghi che a quanto pare agisce già come una sorta di presidente europeo.

Si può immaginare un successo maggiore? No davvero. E l’Italia? L’Italia sembra destinata ad avere un ruolo di leadership nell’alleanza atlantica che ha come nemico dichiarato la Cina e come nemico secondario la Federazione russa. Il governo italiano è di fatto uno dei più forti alleati degli Stati Uniti autorizzato ad avere un occhio sulla Libia, e resistere all’invadenza del Turco Erdogan con un aumento di prestigio e di livello di autorevolezza sull’Europea continentale.

Ma le analisi dal Financial Times indicano anche una simpatia fra le righe del governo inglese di Boris Johnson, il quale a sua volta malgrado l’assenza di Trump è saldamente collegato con gli Stati Uniti di Biden. Ciò vorrebbe dire che di fronte a uno stato di guerra possibile tra occidente e Oriente estremo, l’Italia si troverebbe a fare da terzo anello dopo Stati Uniti e Regno Unito scavalcando in parte il ruolo strategico della stessa Germania che è stata finora molto riluttante a prendere iniziative troppo drastiche in tema di difesa. Tuttavia, è anche vero che proprio la Merkel recentemente ha mandato una nave da guerra tedesca nel mare del Sud della Cina, così come hanno già fatto il Regno Unito con la più potente portaerei del mondo e la Francia di Macron. I venti di guerra sono sempre esistiti e nulla permette di dire che ci sarà mai una guerra. Ma il rischio di una guerra c’è è come diceva lo storico greco Tucidite le guerre scoppiano principalmente perché tutti dicono che sta per scoppiare una guerra.

La scommessa, quindi, è molto più bassa di quella rappresentata da una ripresa economica e la vittoria sul virus perché si tratta di organizzare una forte politica di espansione economiche di pace che possa tenere a bada le minaccia di penetrazione economica cinese spalleggiate dalla Russia di Putin. Tutto ciò si è visto attraverso segnali non deboli ma neppure di potenza primaria come la storia della spia italiana arrestata vistosamente per avere venduto banali documenti alle spie russe o con la cancellazione de facto della via della seta tanto cara a D’Alema, a Di Maio, a tutti quelli del passato governo. Ecco, quindi, che un articolo di giornale di per sé molto influente diventa il segnale di qualcosa di più che un semplice elogio. Diventa un riconoscimento di schieramento strategico attraverso passaggi che comprendono l’economia, l’integrazione militare e politica, il chiarimento delle intenzioni delle forze che sostengono il governo. Per quest’ultimo bisognerà aspettare le elezioni del 2023 e dunque c’è ancora una nottata da passare e questa è una specialità molto italiana nel quale certamente anche Draghi saprà dare di nuovo il meglio di sé.


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