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Paola De Micheli

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Paola De Micheli, ministra in bilico (è indiziata di rimpasto), pure essendo incaricata dei trasporti non sembra averne di grandi verso quelli pubblici, almeno a giudizio di chi ogni mattina deve (doveva?) andare al lavoro o a scuola (quando ci si andava) su di un bus, un tram, una metro, un treno di pendolari. Per la scuola, la brillante ministra ha di recente manifestato una brillante idea: aprirle la domenica.

Nel suo ruolo, neppure il Ponte di Genova è sembrato stimolarla più di tanto, nel senso del “repulisti”: ha manifestato una ministeriale cautela nei confronti dei concessionari, rinviando fin quando possibile l’estromissione con perdite degli stessi; d’altra parte quando ha mostrato sollecitudine, il rimedio è stato peggiore del male: ricorderete le autostrade liguri l’estate scorsa e quelle file senza distanza né di sicurezza né sociale fra gli automobilisti inferociti. La signora piacentina, politica di lungo corso, si è occupata, come da dicastero assegnatole, anche del Ponte sullo Stretto, per il quale ha avuto un’idea luminosa: una commissione di esperti, come se non ne fossero passati, idealmente e alla cassa, già una folla su quel ponte che non c’è.

Paola De Micheli è presente sui social: giusto ieri il suo account facebook riportava una frase, una slide su una sua foto in mascherina, che già era stata oggetto di un post del 23 novembre, un “magnificat” dell’attività del suo ministero. Ma l’attacco era di una involontaria ironia: “Non è solo una questione di numeri”. E invece no: è proprio una questione di numeri. Anzi, di numero: telefonico. Perché se sui trasporti pubblici la ministra è un po’ carente, su quelli privati, invece, tale non è: specie se si tratta di amicizia e di tifo. Quanto al secondo, la ministra ha il cuore bianconero, come tre italiani su dieci, e nessuno può essere discriminato per sesso, etnia, lingua, religione e tifo: un altro post la vide fotografata con l’allora dirigente juventino Marotta, e la signora trovò lo scatto “un grande onore”.

Ha anche un amico d’infanzia momentaneamente in bianconero: il dirigente Fabio Paratici. È a lui, stando all’inchiesta giudiziaria che ha portato alla sospensione di varie alte figure universitarie e all’indagine sulla dirigenza juventina per l’esame farsa del giocatore Suarez che doveva diventare italiano in fretta per essere tesserato, che la ministra fornì il telefono del capo di gabinetto del Viminale, che poi chiamò un prefetto, che poi chiamò… come alla fiera dell’est di Branduardi. Del resto, come si evince da una intercettazione nel procedimento in cui la De Micheli è entrata solo per amicizia e per disporre di una buona agenda, “uno che guadagna 10 milioni l’anno mica puoi bocciarlo”. Meglio mandarlo all’esame fornito di domande e risposte.

Da tifosa bianconera, comunque, la ministra, detta o autodetta “la Kamala Harris” de noantri, avrebbe dovuto mordersi (verbo sempre buono in zona Suarez date le abitudini del calciatore che lasciò l’impronta dei denti sulla spalla di Chiellini) i gomiti: perché la “farsa Suarez” ne impedì l’ingaggio e la Juve al suo posto ingaggiò Morata che le sta regalando gol e punti a raffica. O avrà avuto anche il numero di telefono di Juanma Lopez, agente del campione spagnolo?


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