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Denis Dosio, testimonial di OnlyFans

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L’influencer 19enne Denis Dosio, ex concorrente del Grande Fratello Vip e ospite fisso del salotto pomeridiano di Barbara D’Urso nel settembre scorso ha annunciato la svolta sexy su Onlyfans con un scatto osé e la frase a effetto: «A questa ordinarietà ho sempre preferito la follia».

La ex showgirl 46enne Antonella Mosetti frequenta ormai da tempo la piattaforma e ha confessato a Le Iene che lei con le entrate di Onlyfans, ci campa. Naomi De Crescenzo, meteora televisiva come partecipante al reality Ex On The Beach poi riciclatasi come influencer e ora su OnlyFans, ha raccontato: «Sono passata dal prendere 2mila al mese a cifre incredibili… Non sono mai andata sotto i 10mila al mese».

Non solo i pornoattori ma anche gli influencer più disinibiti desiderosi di far fruttare al massimo il loro seguito da migliaia di followers stanno sbarcando sulla piattaforma online che consente di monetizzare i propri contenuti, diventata famosa per l’intrattenimento per adulti e che è letteralmente esplosa in tempo di pandemia.

Aprire il profilo su OnlyFans è diventata una moda negli Usa. In Italia è la grande tentazione di tutti quelli che hanno un sostanzioso seguito sui social, perché essendo a pagamento, il sito consente di “spremere” i followers più affezionati, disposti a spendere per accedere a immagini e video “da svestiti” dei loro beniamini, e di fare quindi soldi sui followers senza dover pubblicizzare prodotti, attività che oggi è la fonte di guadagno degli influencer, ma che obbliga alla fatica di trovare degli sponsor investitori.

Su OnlyFans dunque si guadagna bene e in autonomia. Tutto perché la piattaforma non si attiene alle policy restrittive sulla pubblicazione di “nudi” adottate dagli altri social. Infatti consente agli utenti di pubblicare contenuti hot senza troppe restrizioni e censure. Paradossalmente, anche l’Ente del turismo di Vienna è sbarcato su OnlyFans per mostrare quelle opere di nudo dei musei cittadini che erano state censurate online dagli altri social, i cui sistemi di controllo non distinguono l’immagine di nudo artistico da quello pornografico.

Dunque OnlyFans oltre che un’isola felice per i lauti guadagni, appare anche come uno spazio di libertà dalle censure. Per questo in breve tempo il settore sexy ha preso il sopravvento sul resto dell’offerta del sito, diventando il suo segno distintivo.

Lanciato nel 2016 dalla società madre Fenix International Limited con sede a Londra, nel Regno Unito, OnlyFans ha avuto il boom all’inizio della pandemia perché, con i set chiusi per le restrizioni anticovid, tanti operatori del mondo a luci rosse si sono riversati su sito facendo salire vertiginosamente gli abbonati. La piattaforma dà molta libertà ai suoi che possono scegliere come vendere e a quale prezzo i loro contenuti.

Il sito trattiene il 20% dei guadagni, gli utenti incassano l’80% direttamente sul loro conto corrente senza intermediari, senza sottostare al copione di un regista e senza contratti, spesso capestri, con le case di produzione. Inoltre, il creator che pubblica foto, post e fa dirette in streaming, può scegliere di far pagare i propri contenuti con abbonamenti mensili o pagando ogni singolo post. E il prezzo è a loro discrezione. Ogni profilo può far accedere i propri utenti a contenuti premium che consentono di parlare in privato col creator, fare richieste, tutto attraverso l’uso dei “tips”, le mance, con pagamento a parte.

La piattaforma oggi conta 2 milioni di creator che pubblicano con una certa regolarità per un guadagno complessivo di 5 miliardi di dollari dall’inizio della pandemia (anche in Italia i pagamenti sono in dollari), ma non è tutt’oro quel che luccica.

Di recente il sito è stato travolto dalle polemiche: il controllo della piattaforma sui contenuti pedopornografici è scarso e in più i creator sono esposti allo stalking e al revenge porn, causati dalla difficoltà di controllare l’accesso dei fans ai propri contenuti. L’ulteriore accusa, è anche quella da sempre legata all’industria del porno, di mercificare il corpo femminile. Insomma, OnlyFans non sarebbe un luogo in cui chi sceglie liberamente di farsi pagare per spogliarsi può farlo senza troppi condizionamenti e restrizioni, ma si tratterebbe l’ultima frontiera dello sfruttamento legalizzato del sesso che va a ledere e mortificare la donna soprattutto, per lucro.

La questione assume anche altri contorni: in seguito alle rivelazioni di un insider, è emerso che su OnlyFans la truffa è dietro l’angolo. Gli utenti pagano per parlare a tu per tu con i creator, ma a quanto pare, spesso a gestire i rapporti con i fans c’è un’agenzia ingaggiata per interagire con gli utenti anche in conversazioni intime. Nel mirino è finita la Unruly Agency, accusata di chiedere ai dipendenti di rispondere ai messaggi destinati a modelle e influencer, lasciando credere agli utenti di stare interagendo con loro idoli.

In seguito a queste rivelazioni è anche emersa una scarsa trasparenza nella contrattualizzazione dei creator, che ha portato a proteste degli utenti nei confronti della piattaforma. Il polverone ha costretto Tim Stokely, fondatore di OnlyFans, alle dimissioni dalla posizione di CEO. A ricoprire la carica è stata chiamata Amrapali “Ami” Gan, la sua portavoce.

Un modo per ripulire l’immagine compromessa dell’azienda, che in agosto ha affrontato il suo momento più critico: il 19 agosto Onlyfans ha annunciato lo stop ai “contenuti sessualmente espliciti” imposto a partire dal 1 ottobre succesivo, da OnlyFans ai suoi creator. «Cari lavoratori del sesso, la community di OnlyFans non sarebbe quella che è oggi senza di voi», si legge in un tweet pubblicato dal canale ufficiale della piattaforma «La modifica della policy era necessaria per garantire servizi bancari e di pagamento per supportarvi. Stiamo lavorando 24 ore su 24 per trovare soluzioni».

L’azienda ha fatto quindi riferimento a un problema nato con le banche. Infatti gli istituti di credito attraverso i quali avvengono i trasferimenti di denaro da parte dei fans ai proprietari dei profili, hanno cominciato a prendere le distanze da una piattaforma dalla policy così labile, accusata di scarso controllo sui contenuti e di truffe. Il timore delle banche era di un coinvolgimento in cause di risarcimento milionarie. Il cambiamento di rotta ha suscitato il panico tra i creator e un’ulteriore ondata di proteste con l’accusa al sito di cedere al bigottismo di chi l’accusava di sfruttare i lavoratori a luci rosse per fare soldi.

Poco tempo dopo, su Twitter, è arrivata una nuova comunicazione da parte della piattaforma: «Grazie a tutti per aver fatto sentire le vostre voci. Abbiamo ottenuto le garanzie necessarie per sostenere la nostra comunità di creator diversificata e abbiamo sospeso il cambiamento di politica previsto per il 1° ottobre».

Dunque, la piattaforma che con la revisione della policy avrebbe messo a rischio la sua stessa sopravvivenza è riuscita a riottenere la fiducia delle banche. Il tipo di accordo stretto con gli istituti di credito che avevano optato per una svolta “etica” che li preservasse dalle cause, non è chiaro, ma intanto, la piattaforma ha ripreso la sua ascesa, insieme allo stuolo di influencer e operatori del sesso disposti a spogliarsi per un pugno di dollari.


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