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Il senatore Roberto Calderoli

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NEI prossimi giorni la Camera dovrà esaminare il decreto legge sull’autonomia differenziata: il percorso va avanti senza intoppi malgrado dal Paese e in particolare dal Sud si levino voci di dissenso rispetto ad una riforma che è definita “Spacca Italia”. A nulla sono valse le tante perplessità sollevate da diverse prestigiose Istituzioni. La Banca d’Italia ha invitato a procedere «con la necessaria gradualità» sulla strada dell’autonomia differenziata, «diversamente, vi sarebbe il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti» .

Lo Svimez (l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno) rafforza il pensiero: «L’Autonomia differenziata non solo penalizzerà i cittadini del Sud ma indebolirà anche le regioni del Settentrione». È una visione, quella dell’Associazione che guarda all’intero Paese. Luca Bianchi, direttore di Svimez , demolisce così la riforma “Spacca Italia”, il decreto portato avanti dal ministro Roberto Calderoli, che arriva adesso alla Camera per essere approvata a tappe forzate. Si sono anche dimessi quattro esperti dall’organismo tecnico voluto dal ministro leghista per individuare i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), necessari per attuare l’Autonomia differenziata. Nomi “pesanti” visto che si tratta di Giuliano Amato e Franco Gallo, ex presidenti della Corte Costituzionale, Alessandro Pajno, ex Presidente del Consiglio di Stato, e Franco Bassanini, ex Ministro della Funzione pubblica, che hanno annunciato il passo indietro con una lettera inviata al Ministro del Carroccio e al Presidente del Comitato di esperti sull’Autonomia differenziata, Sabino Cassese.

Ma si è mobilitata anche l’intellighenzia meridionale con una 24 ore di interventi per raccogliere firme contro il decreto Spacca Italia. «Il Coordinamento per la democrazia costituzionale (Cdc), presieduto dal professore Massimo Villone, esprime grande soddisfazione per avere raggiunto e largamente superato le firme necessarie (ne bastavano 50mila, ne sono giunte oltre 65mila), in anticipo rispetto alla conclusione della campagna per la presentazione della legge costituzionale di iniziativa popolare – per la modifica in particolare degli articoli 116, terzo comma, e 117, primo, secondo e terzo comma del Titolo V della Costituzione – contro l’autonomia differenziata voluta dal Governo e da alcune Regioni del Nord».

Infine la manifestazione recente, fonte di tante polemiche, a Roma, per iniziativa di Vincenzo De Luca ha mobilitato molti sindaci: «L’autonomia calpesta e offende il Sud». È un’accusa durissima quella lanciata dai Sindaci del Meridione, scesi in piazza a Roma per protestare contro l’autonomia differenziata. Circa un migliaio i primi cittadini convocati in piazza Santi Apostoli dal Governatore della Campania e dall’Anci campana per dire no alla riforma. Una mobilitazione ampissima di un Sud che comincia a capire cosa rischia mentre, come un bulldozer, il ministro va avanti con questa riforma che possiamo chiamare secondo porcellum. Questo excursus per dimostrare come le voci contrarie sono tante e molto autorevoli. Malgrado ciò si continua in un percorso che viene approvato perché il ricatto della Lega di far cadere il Governo pesa sulla maggioranza.

Il Presidente del Veneto Luca Zaia avverte gli alleati: “L’accordo sull’autonomia è uno dei pilastri di questa maggioranza, insieme al presidenzialismo e alcune altre riforme. Se non passasse verrebbe meno l’oggetto sociale della maggioranza. E oggi non ho nessuna ragione di pensare che con serietà non si affronti il tema”, dice il Governatore leghista. Fra l’altro la riforma viene nascosta dietro una esigenza di efficienza, ma è invece chiaro che il tema di fondo è quello di trattenere il cosiddetto residuo fiscale, spostando il diritto costituzionale di avere le stesse risorse per ogni cittadino alla prevalenza dei territori, che si fanno piccoli Stati e che trattengono le risorse che vengono prodotte nella Regione interessata. Il vecchio progetto di Bossi che partiva dalla secessione e che adesso si attua invece tenendosi la colonia ben stretta ma con diritti di serie B. È una vera e propria fuga con un bottino, che tutto il Paese ha contribuito a creare. Prodromico alla formazione di una macroregione del Nord, che avrebbe il suo Sud nella Toscana, Umbria forse e che, a parere dei leghisti, ma anche dei politici dell’Emilia Romagna, adesso formalmente pentiti, potrebbe competere meglio con il cuore produttivo europeo della Baviera e d’Ile de France.

I dati dimostrano invece che aver puntato solo sulla locomotiva del Paese ha portato a crescite molto contenute e assolutamente meno rilevanti di quelle di Francia, Germania e persino Spagna. Il tema, che soprattutto Fratelli d’Italia deve porsi, vista la sua vocazione unitaria, è se si può consentire ad una Forza, che rappresenta poco meno del 9% degli elettori e poco meno del 5% degli aventi diritto al voto, di costituzionalizzare la spesa storica e mettere le basi per una possibile divisione del Paese senza ritorno, per un mero calcolo politico degli altri partner governativi. In una realtà comunitaria che ha bisogno invece dell’Italia, uno dei Paesi fondatori, e del suo contributo per una progressiva maggiore forza dell’Unione, in una situazione sempre più complessa, che vede una Federazione Russa protesa a mire espansionistiche che bisogna bloccare, anche con un esercito comune. Siamo molto lontani dalle visione di Altiero Spinelli, ma che va recuperata e che è l’unica con un futuro.


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