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Un asilo

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A fronte di un Centro-Nord che con 32 posti negli asili nido ogni 100 bambini ha quasi raggiunto l’obiettivo europeo del 33% e dove in media 2/3 dei comuni offrono il servizio, nel Mezzogiorno i posti ogni 100 bambini sono solamente 13,5 e il servizio è garantito in meno della metà dei centri (47,6%). La differenza tra le due aree è di 18,5 punti.

A Bolzano vi sono quasi 7 posti ogni 10 bambini, mentre a Catania e Crotone quasi 5 non su 10 ma su 100 bambini.

Forte anche la differenza tra comuni polo e quelli periferici e ultraperiferici (13,8 punti). La media italiana è del 25,5%. È ancora forte la disparità tra Nord e Sud in materia di asili nido, una sperequazione figlia di una iniqua ripartizione delle risorse statali tra i Comuni italiani. I dati emergono dal report nazionale “Asili nido in Italia”, promosso dall’impresa sociale Con i Bambini e Openpolis, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.

Negli ultimi anni, sulla scorta degli obiettivi nazionali ed europei in materia, l’offerta di asili nido e di servizi per la prima infanzia è cresciuta nel nostro Paese, ma in maniera disomogenea. In base ai dati relativi all’anno educativo 2018/19, i posti disponibili sono arrivati a 25,5 ogni 100 minori, una crescita che risulta ancora troppo lenta rispetto agli obiettivi europei dei 33 posti ogni 100 bambini ma che al Sud è ancora meno incisiva.

A fronte di un centro-nord che ha quasi raggiunto l’obiettivo europeo (32%), nel Mezzogiorno i posti ogni 100 bambini sono solo 13,5. Ai primi posti si collocano Valle d’Aosta (45,7%, cioè quasi 1 posto nei servizi socio-educativi per la prima infanzia ogni 2 bimbi residenti), Umbria (42,7%), Emilia Romagna (39,2%) e Toscana (36,2%).

Al Sud, ad eccezione della Sardegna che supera la media nazionale (29,3%), vanno oltre la soglia del 20% (ovvero più di un posto ogni 5 bambini) Abruzzo e Molise, mentre Puglia e Basilicata si attestano poco sotto il 17% e con maggiore distanza si collocano Campania (11%), Sicilia (10%) e Calabria (9,4%). Tutte le province emiliane e romagnole (tranne Piacenza, che è comunque al 25,8%), superano i 33 posti ogni residente tra 0 e 2 anni. In Toscana 6 province superano la soglia del 33%, una (Arezzo, 32,7%) l’ha praticamente raggiunta e le altre 3 sono poco sotto, con dati superiori al 29%.

Di contro, sono tutte meridionali le 8 province che non raggiungono un posto ogni 10 bambini residenti: Trapani (9,7%), Napoli (8,9%), Ragusa (8,7%), Catania (8,1%), Palermo (8%), Cosenza (7,7%), Caserta (6,6%), Caltanissetta (6,2%). L’altra “frattura” è quella tra i maggiori centri urbani, dove il servizio è più diffuso, e i comuni delle aree interne, dove la domanda debole e dispersa ha storicamente limitato lo sviluppo di una rete di servizi.

Sono 13,8 i punti di divario tra i comuni polo, baricentrici in termini di servizi, e quelli periferici e ultraperiferici. Oltre un bambino con meno di 3 anni su 5 vive in aree interne. Quasi il 7% abita in un comune periferico o ultraperiferico. Per l’anno educativo 2018/19 circa il 59,6% dei comuni offre il servizio da solo o in associazione con altri (in termini di popolazione l’83,9% dei residenti abita in un comune con asili nido o servizi integrativi). Ma la diffusione del servizio sul territorio appare molto eterogenea. In 9 province (Aosta, Trieste, Pordenone, Reggio nell’Emilia, Ravenna, Firenze, Prato, Taranto e Barletta-Andria-Trani) tutti i comuni offrono almeno un posto. In altre 36 meno della metà dei comuni eroga il servizio. I comuni periferici e ultraperiferici, oltre ad essere i più distanti dai poli (almeno 40 minuti di distanza), sono anche quelli dove l’offerta di servizi prima infanzia è più carente.

Nelle maggiori regioni meridionali, caratterizzate da una copertura media più bassa, il livello non è uniforme. In Sicilia, l’offerta potenziale presente nella città metropolitana di Messina (17 posti ogni 100 bambini) è quasi tre volte quella della provincia di Caltanissetta (6,2%). In Calabria il dato di Crotone (16,3%) si contrappone a quello di Cosenza (7,7%). In Campania, l’offerta potenziale di Salerno (13 posti ogni 100 bambini) è quasi doppia rispetto a Caserta (6,6%).

«Il 30 aprile il Governo presenterà all’Europa il piano nazionale di ripresa e resilienza, che include i nidi, i servizi all’infanzia, l’istruzione e la ricerca dedicando oltre 28 miliardi di euro. Il piano intende stabilire come obiettivo l’offerta minima al 33% per i servizi per la prima infanzia entro il 2026. Ci auguriamo che questo investimento strategico per l’Italia non venga toccato ma anzi potenziato. Si deve puntare soprattutto a ridurre i divari tra i territori, che sono molto ampi come dimostra il report», sottolinea Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini.

È anche questa carenza di asili nido a incentivare il fenomeno degli anticipatari nel Sud. In Italia sono circa 70mila i bambini che all’età di 2 anni frequentano già la scuola dell’infanzia. A fronte di una media nazionale del 14,8% di bambini di 2 anni anticipatari, il dato supera il 20% in gran parte delle regioni meridionali, con picchi del 29,1% in Calabria, del 25% in Campania e del 23,7% in Basilicata. Dove sono più sviluppati i servizi prima infanzia, come in Valle d’Aosta ed Emilia Romagna, gli anticipatari sono rispettivamente il 5,4% e il 6,7 per cento.

Questo è il risultato di anni di iniqua ripartizione dei fondi nazionali: a Trieste, nel 2019, la spesa pro capite per asili e servizi per l’infanzia è stata di 185,96 euro, a Firenze 127,23 euro, a Bologna 122.53 euro a Milano di 115,94 euro. Per trovare la prima città del Sud con almeno 200mila abitanti bisogna scorrere la “classifica” sino all’undicesimo posto, dove c’è Bari con i suoi 72,75 euro di spesa pro capite, segue Napoli con appena 36,22 euro, poi Messina con 3,95 euro.

Tra Trieste e Messina c’è una differenza di circa 182 euro- Il Consiglio europeo, già nel 2002, stabilì gli obiettivi per la diffusione e la crescita degli asili nido pubblici: gli Stati devono impegnarsi ad offrire servizi ad almeno il 33% di bambini sotto i 3 anni. Al Sud, dove le risorse finanziarie scarseggiano, il target è quasi ovunque disatteso.


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