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Luca Zaia

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Tecnicamente si chiama “Piano Regionale per la Ripresa e la Resilienza della Regione del Veneto”, il cui acronimo alquanto infelice (PRRR) assomiglia molto a una pernacchia. Ma a seconda di come lo si guarda, assume configurazioni diverse. Per Luca Zaia, governatore del Veneto, è “un treno che passa una volta nella vita”, non a caso ha tenuto per mesi le carte coperte, in attesa che si chiarisse la trattativa (non ancora conclusa) delle Regioni con il governo. «Ma poi abbiamo deciso di pubblicare tutto, perché non si dicesse che non avevamo fatto i compiti per casa». Una specie di sindrome da scolaretto del primo banco, che però ha anche un secondo obiettivo, fare del Prrr un grimaldello per ottenere una delega federalista, ricevendo direttamente tutto quel bendidio. Non si può leggere altrimenti la richiesta di 24 miliardi 984 milioni, su un totale di 209 miliardi destinati all’Italia, che equivalgono all’11,96 per cento del totale, ben oltre qualsiasi rapporto di proporzionalità demografica e senza tener conto del diritto del governo di presentare piani nazionali.

Eppure Zaia ci prova. Ha assicurato che si tratta di progetti “pensati per opere assolutamente cantierabili e utili”. In realtà è un libro dei sogni di ciò non ha realizzato negli ultimi decenni. E così è incorso in qualche scivolone, mettendo in mostra una serie di incompiute storiche. Il piano individua 13 macro-progetti, 155 progetti singoli, per il 62 per cento “indispensabili” e per il 38 per cento “necessari”. L’incipit non è però dei migliori. Al primo punto troviamo la più antica delle incompiute, l’Idrovia Padova-Venezia, riattualizzata come “laminazione delle piene del fiume Brenta”. Il costo è di 500 milioni di euro, affidamento della progettazione a giugno 2021, a dicembre 2022 approvazione del progetto, poi in quattro anni l’opera sarà realizzata. Dov’è il problema? Che l’Idrovia dovrebbe essere fatta in cinque anni quando se ne parla dal 1955 e negli anni Settanta del secolo scorso i democristiani di turno già annunciavano l’inaugurazione per il 1975. Ha ingoiato decine di milioni di euro, per pezzi scollegati di canali, ponti e manufatti obsoleti. Uno scandalo a cielo aperto.

Una colata di cemento sul territorio. Il capitolo strade-autostrade è imponente, con progetti di cui si parla da anni, da ultimare nel 2026. Una contraddizione se si pensa che la sola Pedemontana Veneta (che non fa parte di questi elenchi) dopo nove anni di lavori è arrivata a un terzo dei 95 chilometri previsti. Si comincia con l’Autostrada regionale Medio Padana Veneta, da Nogara (Verona) al Mare Adriatico, con collegamento alla A22 Autobrennero, un progetto che la Regione sembrava aver abbandonato e che costerà due miliardi di euro. Quattro anni di lavori per un’opera di 107 chilometri (progetto preliminare del 2010) sembrano una chimera. Ma rispunta l’idea del corridoio autostradale Mestre-Cesena (170 chilometri), che dieci anni fa animò i dibattiti nell’ipotesi di arrivare fino a Orte. Poi si arenò, ora si chiedono due miliardi per i 70 chilometri veneti. Infine, 400 milioni di euro per collegare l’autostrada A4 a Jesolo e alle spiagge a est di Venezia, un vecchio pallino di qualche amministratore regionale finito in carcere.

Praticamente la Regione Veneto vuole rifarsi il look viario e di trasporti: 970 milioni di euro per rinnovare il parco mezzi di trasporto locale, 800 milioni per la Metropolitana di superficie di cui si discute da decenni, 700 milioni per la viabilità regionale, 500 milioni per verificare la stabilità di ponti e viadotti, un miliardo per strutture ferroviarie e stradali di accesso al Lago di Garda. Insomma, il Veneto diventerà un grande cantiere.

Gli ambientalisti sentono puzza di bruciato quando leggono il progetto numero 35 che prevede una spesa di 100 milioni di euro per collegare il Veneto al Trentino con impianti di risalita, funivie e seggiovie. Progetto ambizioso per attraversare tutta l’area Superski delle Dolomiti, sito protetto dall’Unesco, con particolare riferimento alle zone di Cortina e del Civetta. Per non parlare del trenino delle Dolomiti (un miliardo di euro) da Calalzo a Cortina ed Auronzo, annosa richiesta dei sindaci che recitano periodicamente il mea culpa per aver smantellato la linea esistente fino al 1964 che arrivava a Dobbiaco.

Il tema si collega alle Olimpiadi Milano-Cortina 2026. Ecco tre progetti per l’evento planetario. Il primo (500 milioni) per le vie di accesso a Cortina, che però rientrano già nella pianificazione Anas inserita del masterplan olimpico. E siccome la manifestazione di chiusura si terrà all’Arena di Verona, ecco il collegamenti tra città e aeroporto Catullo. Anche qui prmette di procedere al galoppo, mentre le opere stradali per i mondiali di sci “Cortina 2021” sono irrimediabilmente destinate a concludersi nel 2023. Ma ci sono progetti per altri 91 milioni di euro, genericamente indicati nel capitolo Olimpiadi e che deve realizzare la Società Infrastrutture Milano-Cortina 2020-2026, In aggiunta, altri 48 milioni di euro per acquedotti, allacciamenti idrici e fognature della Perla delle Dolomiti, epicentro del turismo vip.

E il Covid, la grande ragione dei finanziamenti europei? Qui si entra nel capitolo dell’ammodernamento degli ospedali e del potenziamento della tecnologia sanitari, per un totale di 2 miliardi 910 milioni di euro. Come un’autostrada che porta i turisti tedeschi al mare.


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