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Regioni ed enti locali: il Recovery fund fa per voi ma non è per voi. Perché a stabilire l’intera impalcatura di gestione e allocazione delle risorse ci pensa il governo centrale. A lanciare l’allarme il Comitato europeo delle regioni, l’assemblea dei territori degli Stati membri della Ue, che denuncia un eccessivo accentramento nel momento in cui, causa pandemia, andrebbero coinvolti gli amministratori locali. Invece la realtà è un’altra. Dalla consultazione lanciata a livello di enti e associazioni di enti locali in 19 dei 27 Stati membri – per l’Italia ha partecipato l’Aiccre, l’Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa – emerge che molti governi stanno escludendo le città e le regioni dal processo di definizione dei piani nazionali, nonostante la Commissione europea abbia esortato i Paesi a fare il contrario.

LE CAPITALI GESTISCONO

I 672,5 miliardi di euro messi a disposizione, tra prestiti e garanzie, dal fondo per la ripresa nell’ambito del più ampio meccanismo per la ripresa (Next Generation Eu) sono dunque lasciati alla gestione delle capitali. Le risposte alla consultazione, si legge nel resoconto del Comitato europeo delle regioni, suggeriscono che «solo una minoranza di Stati membri consulta i propri enti locali e regionali nella preparazione dei piani nazionali per la ripresa, e che un numero ancora minore (di Stati) prende effettivamente in considerazione il loro contributo».

Regioni poco consultate e ancora meno ascoltate. Questo mette a rischio, quindi, di esclusioni e “scippi” di risorse. Un problema da cui non è affatto esente il Mezzogiorno. L’Italia è in questo calderone di Paesi Ue in cui il dialogo tra capitale e capoluoghi sembra essere non proprio dei migliori. Decide Roma, esattamente come avviene al di fuori dell’Italia.

LA LEGA INSORGE

La consultazione non sembra lasciare spazi a dubbi. Il coinvolgimento delle Regioni un po’ ovunque «sembra essere addirittura inferiore» rispetto agli anni precedenti nel contesto del semestre europeo, il processo di coordinamento delle politiche economiche a livello europeo. Per quanto riguarda i piani nazionali per la ripresa, il ruolo degli enti locali «appare minore, in particolare per quanto riguarda la governance del processo (coordinamento, convalida, tempistiche, ecc.)».

Documento e annesso monito del Comitato europeo delle regioni riaccendono il dibattito politico, con la Lega che insorge. Rosanna Conte, eurodeputato membro della commissione Pesca del Parlamento europeo va all’attacco: «Stando alle indiscrezioni che circolano a Bruxelles, e che Roma non ha smentito, il governo intende togliere alle regioni la gestione e la programmazione dei fondi di ReactEu», il programma del fondo per la ripresa che integra i fondi di coesione. È uno degli elementi di Next Generation Eu, e che vuol dire risorse per le regioni. «Parliamo di 13,5 miliardi di euro che il governo Conte vuole gestire autonomamente». «È un fatto fatto gravissimo e molto pericoloso per il nostro Paese» dice invece Mara Bizzotto, europarlamentare del Carroccio membro della commissione Agricoltura.

IL SUD DEVE DIFENDERSI

Attenzione, però. La levata di scudi non necessariamente è una buona notizia per le regioni del sud. Sia Conte sia Bizzotto sono state elette nella circoscrizione nord-est, quella del ricco Veneto governato da quel Luca Zaia che ha costruito parte della propria fortuna da governatore con uno slogan di regionalismo estremo («prima il Veneto»). In questa battaglia di affrancamento dal centralismo di Roma il Mezzogiorno deve anche guardarsi dai rappresentanti dei territori più sviluppati. Bizzotto annuncia la presentazione di un’interrogazione parlamentare alla Commissione in cui si chiede di intervenire per «correggere questa inaccettabile decisione che esclude Regioni ed enti locali». Un modo anche per mettere pressione al governo Pd-5 Stelle, ma che deve suonare come campanello d’allarme per gli amministratori del meridione.

«L’impressione è che in Italia è confusione totale – riconosce Sandro Gozi, esponente italiano dei liberali europei (Renew Europe) all’Eurocamera – L’adozione della prima bozza di piano per la ripresa è senza dubbio una buona notizia, ma non basta adottarla. Non ci sono obiettivi chiari e le modalità di attuazione rimangono vaghe». Alla fine il problema della ripresa è italo-italiano. Tutti vogliono tutto, e decidere diventa ancora più complicato. Giuseppe Conte potrebbe essere costretto ad andare avanti per la sua strada, e probabilmente lo sta già facendo. Con tutti i rischi che questo vuol dire per il Mezzogiorno e le sue regioni.


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