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Il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni

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Come chiedere di evitare il voto anticipato senza dirlo. Paolo Gentiloni dà prova di una sapiente capacità di svestire i panni istituzionali di attore super-partes e e intervenire in modo diretto nelle questioni italiane. Invitato dal Comitato nazionale economico e del lavoro (Cnel) e dall’Università cattolica del Sacro Cuore a discutere di Recovery fund, il commissario per l’Economia esclude la fattibilità di interruzioni o ripartenze da zero. Ricorda che l’Italia è già a buon punto. Certo, qualcosa va rivisto, ma «questo lavoro è iniziato in modo molto positivo e su quella traccia bisogna continuare a lavorare sul piano tecnico».

SERVE CONTINUITÀ

Per poter continuare a lavorare lungo lo stesso solco sul piano tecnico occorre però che restino invariate le scelte e le ricette politiche. Tradotto: meglio un governo del presidente che garantisca continuità all’ipotesi di voto anticipato. Anche perché l’Europa va di fretta, e ha un gran bisogno del Belpaese.

«Il successo del meccanismo per la ripresa dipende in parte significativa dal successo italiano», e un voto con conseguente cambio di maggioranze aumenterebbe il rischio di rimettere tutto in discussione. L’Italia deve assorbire i 65,5 miliardi di euro di garanzie provenienti dal Recovery fund entro il 2023 e spenderli entro il 2026. Impresa indubbiamente non semplice. «Next Generation Eu – dice il commissario – non è un debito che viene accumulato per le prossime generazioni. È l’occasione della vita per rendere possibili alcuni miglioramenti e funzionamenti nella nostra società».

«Al di la della delineazione dei piani nazionali per la ripresa c’è la necessità della loro esecuzione, che richiede impegno e procedure adeguate per essere credibili», prosegue Gentiloni, battendo sempre sullo stesso tasto. Ormai il sistema Paese ha avviato un percorso, ed è dunque preferibile la continuità alla discontinuità. «Bisogna lavorare per fare ulteriori progressi sulla qualità delle proposte in termini di riforme e sulle procedure di attuazione ed esecuzione, che richiedono impegno e procedure adeguate».

Farlo con un governo a trazione diversa da quello uscente e da quello che potrebbe seguirne senza sciogliere le Camere garantirebbe il proseguimento dei lavori. Anche perché alla voce “riforme” il centro-destra nazionale ha idee un po’ diverse non solo dagli altri partiti, ma soprattutto dalle intenzioni della Ue. Gentiloni mette dunque un veto allo scioglimento anticipato delle Camere, in un momento in cui si rincorrono le voci di un suo possibile ritorno a palazzo Chigi.

NIENTE SPESE INUTILI

Stabilito dunque che l’Europa si schiera per un Conte ter o soluzioni affini con forze più euro-amiche, Gentiloni incalza sulla qualità del piano di ripresa italiana. «Non possiamo permetterci spese inutili» in nessuna parte del territorio dell’Unione, men che meno in un Paese come quello italiano, il più duramente colpito dalla crisi prodotta dalla pandemia di Coronavirus.

Ragionando un po’ più da italiano che da commissario, l’ex premier mostra ottimismo: «Siamo un Paese che spesso ha dato il meglio di fronte alle situazioni difficili, e ora siamo in una di quelle situazioni». Ricorda una volta di più che quella a cui si assiste è «una sfida senza precedenti», e in ragion di ciò «dobbiamo avere l’ambizione di far sì che questa difficoltà ancora una volta contribuisca ad alimentare la capacità di uscirne più forti di prima». Certo, continua, «dirlo in questi giorni complicati può apparire velleitario, ma credo che la sfida non riguardi solo il governo».

LE PROSPETTIVE

In ballo c’è molto di più. L’ottimismo di inizio inverno per l’annuncio dell’arrivo dei primi vaccini è stato spazzato via dall’inasprimento della pandemia, dall’arrivo delle varianti del virus, dal ritorno a misure restrittive e di confinamenti, che strozzano il mercato unico e asfissiano l’economia. Vuol dire che «entriamo nel 2021 con livelli di difficoltà che potrebbero rallentare la velocità di una possibile ripresa».

Un problema comune, non solo italiano, ma con l’Italia in primo piano. Perché in quanto principale beneficiario del meccanismo di ripresa, se la ripresa non avviene in Italia l’emissione di debito comune per far ripartire tutti morirà con questo esperimento. Senza contare che se l’Italia resta indietro, vedrà morire ogni residua possibilità di far parte del treno di testa di un’Europa sempre più votata alla doppia velocità. Fallire oggi vuol dire avere un’eurozona con l’Italia che arranca, e un’Europa dove un membro del G7 anziché trainare viene trainato. Interessi nazionali ed europei si intrecciano sempre più, con l’Europa che ha tutto da guadagnare da una risposta politico-economica forte e decisa e l’Italia che molto, se non tutto, da perdere se prosegue con la sua crisi.

IL MONITO

Avanti così, allora. Meglio per tutti. Un ragionamento che certamente genererà mal di pancia ai partiti attualmente all’opposizione. Gentiloni, però, vuole mandare un pro-memoria anche a loro. «La Commissione sta lavorando con i singoli Paesi per verificare che le grandi priorità siano contenute nei piani nazionali» per la ripresa. Per cui, anche nell’ipotesi non gradita a Bruxelles di un voto anticipato e un cambio di equilibri politici nello Stivale, non si scapperà dal controllo europeo. Ci sono cose che, in ogni caso, non cambieranno.


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