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Mario Draghi e Daniele Franco

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La guerra di Putin in Ucraina ha stravolto il quadro economico del Paese: le prospettive di crescita «sono in peggioramento». I prezzi dell’energia alle stelle, l’inflazione e la guerra che si sente vicina portano anche i cittadini e le imprese a vedere un futuro «meno positivo». Il governo è «consapevole del disagio sociale, soprattutto di chi teme l’impatto dell’inflazione» e farà «tutto ciò che è necessario all’interno di una cornice europea e di equilibrio dei conti». «Nelle prossime settimane comprenderemo meglio le dimensioni dell’intervento necessario e come finanziarlo. Siamo pronti a definire una riposta comune a uno shock comune, come lo è stato con la pandemia». Il premier Mario Draghi parla al termine del Consiglio dei ministri che ha approvato all’unanimità il Def, il Documento di economia e finanza, all’interno dei quale ci sono intanto le risorse, 5 miliardi, per un intervento di sostegno da mettere in campo al più presto. Nel frattempo si estende fino al 2 maggio lo sconto di 25 centesimi sul carburante .

La «disponibilità del governo è totale», ribadisce il presidente del Consiglio sottolineando tuttavia come oltre ai provvedimenti sia essenziale dare un messaggio di fiducia ai cittadini. Il messaggio è per le forze della sua maggioranza a cui chiede di dare prova di «unità di intenti», che è ciò che domandano i cittadini, sostiene, più che la riaffermazione delle bandierine di partito. E che insieme alla «decisione» sarà essenziale per affrontare le due sfide che attendono il governo e le forze che lo compongono: «continuare nella normalità» e «gestire l’emergenza». Di fronte a «un’economia attaccata su più fronti» fa poi appello alle parti sociali – oggi l’incontro con i sindacati – «per vedere se si riesce a trovare strada comune». La guerra poi pone di fronte uno scenario in continua evoluzione: il Def “fa i conti” anche con la possibilità di uno stop al gas russo. «Un’ipotesi che al momento non è in discussione», dice Draghi. «Seguiremo le decisioni della Ue» sulle sanzioni. «Ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace. Preferiamo la pace o stare con il condizionatore acceso? Questa è la domanda».

Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, “traduce” lo scenario di profonda incertezza nei numeri che il Def ha messo nero su bianco.

Quest’anno il Pil si fermerà al 3,1%, ben al di sotto del 4,7% previsto in autunno nella Nadef (la crescita tendenziale per quest’anno è al 2,9%), mentre per il 2023 si attesterà al 2,4%, in calo rispetto al previsto 2,8%.

Resta confermato, invece, l’obiettivo del 5,6% per il deficit programmatico, a fronte di un indebitamento tendenziale che sale al 5,1%, rispetto al 4,4% di settembre. Nella differenza tra il deficit programmatico e tendenziale (0,5%) c’è un “tesoretto” che vale 9,5 miliardi, che in parte andrà a finanziare il nuovo pacchetto di misure che verrà messo in campo una volta che il Def avrà concluso il suo iter parlamentare: il voto finale è in programma per il 21 aprile. Nessuno scostamento all’orizzonte, quindi. Il ministro Franco ha “difeso” il 5,6%: se facciamo deficit ancora più alto rischiamo di pagarlo in termini di spread, spiega ai ministri nel corso della cabina di regia.

Dei 9,5 miliardi, infatti, 4,5 andranno a ripianare i fondi ministeriali utilizzati per il decreto Energia. I 5 che restano sono destinati a nuovi interventi contro il caro bollette e il caro benzina, la copertura dell’aumento dei prezzi delle opere pubbliche determinato dai rincari dei materiali – con rischi per il cammino del Pnrr – il rafforzamento dei fondi per le garanzie sul credito, per garantire l’assistenza ai profughi ucraini e contenere i “danni” economici del conflitto in Ucraina per le imprese. Questi interventi, si stima, avranno un impatto sul Pil di 0,2 punti per l’anno in corso e 0,1 nel 2023, che portano quindi il tasso di crescita del Pil nel quadro programmatico rispettivamente al 3,1% e al 2,4%.

Il debito mantiene un percorso discendente: nel 2021 è sceso al 150,8% dopo il picco del 155,3% raggiunto nel 2020. Nello scenario programmatico quest’anno si attesta al 147%, per ridursi via via fino al 141,4% nel 2025. L’obiettivo è riportare il rapporto debito/Pil al 134,1%, il livello pre-crisi (2019), entro la fine del decennio.

Tra gli scenari di rischio considerati nel Def entra quello legato a un eventuale stop al gas e petrolio russo, non più così remoto, da ora fino alla fine del 2023: i prezzi energetici salirebbero con un impatto sul Pil di 0,8 punti percentuali nel 2022 e 1,1 punti nel 2023. E l’occupazione calerebbe di 0,6 punti quest’anno e 0,7 il prossimo. In uno scenario peggiore, ovvero se vi fosse lo stop russo all’energia e l’Italia non riuscisse a diversificare gli approvvigionamenti come programmato, considerando anche “la quota parte di consumi di gas da razionare“, l’impatto sul Pil sarebbe di 2,3 punti nel 2022 e 1,9 nel 2023. L’occupazione sarebbe più bassa di 1,3 punti quest’anno e 1,2 nel 2023. E la crescita del Pil in termini reali sarebbe dello 0,6% nel 2022, dello 0,4% l’anno prossimo. Ampiamente negativa, quindi, considerano i 2,3 punti ereditati dal 2021.


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