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Quando si attuano condizioni migliori per l’impresa si dovrebbe essere solo contenti. In realtà però poiché siamo sempre in presenza di risorse limitate la migliore allocazione di esse diventa fondamentale.

Stiamo parlando ovviamente non solo di Mezzogiorno e di come le risorse andrebbero spese nel modo migliore. Certamente distribuire soldi con il 110% in tutto il Paese non può essere un approccio condivisibile, come non lo è stato il progetto quota 100, come non lo è il fatto di costruire un sistema di reddito di cittadinanza, che viene dato anche quando esistono possibilità di lavoro che non vengono sfruttate. Cosa che provoca un doppio danno: uno alle casse dello Stato che deve sobbarcarsi di un onere improprio ed un secondo al sistema economico complessivo, che evidentemente non troverà le risorse umane necessarie, alcune volte indispensabili, per delle attività economiche.

Il taglio del cuneo fiscale, che è stato rinnovato fino alla fine del 2022, sembrerebbe una buona notizia per il sistema economico meridionale. Anche l’Europa, forse per l’intermediazione di Gentiloni, ha detto si, come l’uomo del monte, autorizzando una misura chiesta a gran voce da parte dell’imprenditoria del Sud.

Ricorderete tutti che tale intervento risale al governo Conte due, ministro per il mezzogiorno Giuseppe Provenzano. Già all’ora i miei commenti non furono particolarmente positivi. E non ero il solo perché alcuni economisti si schierarono contro la misura ritenendo che essa favorisse una serie di attività, magari ormai fuori mercato, che in questo modo avevano la possibilità di sopravvivere.

E confermo anche oggi che la mia posizione non è mutata. Il taglio del cuneo fiscale, misura molto interessante e che dovrebbe essere estesa a tutto il Paese per diminuire il costo del lavoro, in realtà se vuole diventare per il Mezzogiorno uno strumento per attrarre investimenti dall’esterno dell’area dovrebbe essere limitata a quelle imprese che si localizzano nelle aree scelte dalle varie regioni per le zone economiche speciali.

Infatti per attrarre investimenti dall’esterno dell’area sono necessarie quattro condizioni: la prima è quella che il territorio sia ben infrastrutturato e su questo piano pare si stia lavorando, anche se i tempi non sembrano particolarmente brevi, e un controllo certo della criminalità organizzata.

Ma un costo del lavoro competitivo è altrettanto importante. Evidentemente ridurre i salari e gli stipendi degli addetti delle nuove attività non è assolutamente pensabile, per cui l’unico modo per far diventare la localizzazione di aziende competitiva rispetto ad altri paesi come la Polonia, l’Ungheria la Repubblica Ceca, la Slovacchia, per limitarci alle aree europee, è quello di avere un costo del lavoro più basso, cosa che può essere ottenibile attraverso la riduzione del cuneo fiscale.

Perché non basta la infrastrutturazione e la lotta alla criminalità organizzata ci sono delle condizioni di vantaggio che bisogna avere, tra queste il cuneo fiscale ed anche evidentemente avere una tassazione degli utili di impresa più favorevole, oltre che una semplificazione amministrativa che consenta di portare a termine una idea di nuova impresa in tempi molto veloci, cosa che in questo momento in Italia non avviene assolutamente.

Il cuneo fiscale così come viene pensato ed attuato e adesso prorogato con l’adesione dell’Europa comunitaria, propone strumenti già attuati per parecchi anni e che avvantaggiano tutte le realtà produttive esistenti nel Mezzogiorno, quelle stesse che poco fanno per creare quegli oltre3 milioni di posti di lavoro necessari perché il rapporto popolazione occupati del Mezzogiorno diventi analogo a quello delle realtà a sviluppo compiuto come l’Emilia-Romagna, certo sempre molto distanti dalle realtà europee d’avanguardia come l’Olanda.

Questa misura così come è fatta è tipicamente assistenzialista e ha come obiettivo quello di tenere buoni ed organizzare il consenso dei locali, cosa che non accade evidentemente quando vi sono investimenti dall’esterno dell’area che si localizzano in realtà del Mezzogiorno.

Investimenti che non sottostanno alle regole della politica locale che prevede che le assunzioni spesso vengano fatte per raccomandazioni e che l’imprenditore debba essere grato perché una realtà territoriale è stata inserita in una Zes regionale piuttosto che alcuni vantaggi fiscali vengano erogati, seguendo magari un percorso privilegiato. Vecchi sistemi che non hanno fatto avanzare di 1 metro la posizione competitiva del Mezzogiorno nei confronti del resto del Paese e lasciato questa realtà tra gli ultimi posti per reddito pro capite tra tutte le realtà europee. Non esiste infatti in Europa un’area così grande all’interno di un paese industrializzato con livelli di reddito così bassi e di sottosviluppo così alti come il Mezzogiorno.

Non esiste in Europa un’area che è stata trascurata dal suo paese tanto quanto il Mezzogiorno d’Italia. Non esiste in Spagna, che ha iniziato l’alta velocità da Siviglia, che ha concentrato una serie di grandi eventi come l’Expo o la Vuitton Cup rispettivamente a Siviglia e a Valencia, cioè nel sud del Paese. Ed anche le realtà più marginali, di recente ingresso all’interno dell’Europa, viaggiano a ritmi di sviluppo che sono molto più di quanto non stia avvenendo nel nostro Mezzogiorno.

Un cambio di passo che con difficoltà il nostro Paese dichiara di voler attuare e che prevede un approccio che passi dall’assistenzialismo all’utilizzo delle risorse al meglio per finalmente insegnare a pescare piuttosto che dare un pesce ogni giorno.

Logistica, manufatturiero nelle Zes, turismo che passi da viaggi ottocenteschi a industria turistica, attuando magari delle Zes per quelle realtà di investitori internazionali nel settore dell’accoglienza, che vogliono investire ma solo se i tempi per realizzare un progetto risultino umani.

In tal senso non sono necessarie le passerelle che ormai quasi quindicinalmente si svolgono in tante realtà del Mezzogiorno, a cominciare da Sorrento per continuare con Maratea e finire con Banca D’italia. Ormai è inutile riproporre analisi servono azioni conseguenti. E forse attuatori diversi da quelli che hanno fallito. È certamente un utilizzo delle risorse senza sprechi.


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