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Mara Carfagna

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Quella per la definizione dei Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, è «la madre di tutte le battaglie» per sanare il divario nei diritti di cittadinanza tra i cittadini del Nord e quelli del Sud. Un primo passo lo ha compiuto la legge di Bilancio, con l’introduzione dei Lep sugli asili nido e sul servizio di trasporto per gli alunni con disabilità. L’iter parlamentare potrebbe segnare un ulteriore passo avanti nell’ambito del sociale. La ministra per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, anticipa la presentazione di un emendamento per introdurre i Lep sugli assistenti sociali e fa il punto sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza guardando al Sud.

Ministra, la Corte costituzionale è intervenuta sui Lep stigmatizzando i ritardi sulla definizione, considerandola una questione urgente sia in quanto ostacolo al superamento dei divari tra il Nord e il Sud, sia perché essenziali al fine di garantire un’attuazione efficace ed equa del Pnrr.

«La sentenza del 26 novembre conferma una priorità che ho avuto ben chiara fin dall’insediamento: la definizione dei Lep è “la madre di tutte le battaglie” non solo per rispettare il dettato costituzionale ma soprattutto per migliorare la vita di venti milioni di cittadine e cittadini meridionali. Abbiamo avuto di recente una prima e importantissima vittoria: in legge di Bilancio sono stati inseriti, e debitamente finanziati, i Lep su asili nido e trasporto scolastico degli alunni diversamente abili. Si è aperta una strada, lavoreremo per allargarla: in sede di emendamenti sto lavorando per inserire in manovra anche il Lep assistenti sociali».

C’è intanto la possibilità di agire nell’ambito del Pnrr, superando la quota Sud in settori come la scuola o la sanità?

«Certo che c’è la possibilità, e viene utilizzata ogni giorno. Ne sono la riprova i bandi che presentiamo oggi per edilizia scolastica, mense, palestre e asili nido: la positiva collaborazione con il ministro Bianchi ha portato a superare in diversi capitoli la quota del 40 per cento, arrivando in qualche caso fino al 50 e oltre».

I criteri utilizzati per l’assegnazione del primo bando da 700 milioni sugli asili nido, anche a giudizio dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), si sono rivelati poco coerenti con l’obiettivo che si poneva, ovvero favorire i territori svantaggiati.

«Il Sud si è comunque aggiudicato il 54,4 per cento delle risorse totali, quindi una quota più alta di ogni altra area territoriale del Paese. Le storture segnalate dall’Ufficio parlamentare di bilancio sono state analizzate e saranno corrette in ogni futuro bando».

La ripartizione delle risorse della missione Salute, come risulta dalla bozza ministeriale di riparto, rappresentano già un’inversione di rotta rispetto alla “tradizionale” iniqua distribuzione del Fondo sanitario nazionale. Ma di fronte alle carenze del territorio risultano comunque insufficienti. Potrebbe servire un emendamento al decreto Recovery, sottoscritto trasversalmente da tutti i parlamentari meridionali, per chiedere uno sforzo in più per il Mezzogiorno?

«Partiamo da quel che abbiamo già guadagnato: le regioni del Centro-Nord hanno con lungimiranza accettato il riparto 60-40, rinunciando al riparto in base al numero degli abitanti. È stato evidentemente riconosciuto che il divario nell’offerta di servizi sanitari genera una diseguaglianza insostenibile ed è fonte di migrazioni sanitarie tra regioni che non giovano a nessuno, nemmeno al Nord. Aggiungo che il mondo non finisce con il Pnrr: nella prossima programmazione di fondi strutturali ci sarà un Pon Salute dedicato al Sud e nella prossima programmazione Fsc (Fondo sviluppo e coesione) dedicheremo certamente ulteriore attenzione alla riduzione dei divari sanitari».

Di fronte a un divario strutturale così profondo è necessario azionare e accelerare contemporaneamente sulla leva della spesa ordinaria e degli investimenti: come si sta procedendo?

«Gli asili nido sono l’esempio perfetto, e virtuoso, della linea d’azione che stiamo mettendo in pratica. I fondi per le strutture arrivano dal Pnrr, nel suo capitolo Scuola, e vengono accompagnati da investimenti crescenti della legge di Bilancio: man mano che si costruiscono nuovi asili, che si ampliano e si ristrutturano quelli esistenti, aumentano anche gli stanziamenti per dotarli di personale e per sostenere le spese generali legate all’aumento dell’offerta. Da qui al 2027, quando dovremo arrivare a offrire ovunque 33 posti ogni 100 bambini lo Stato metterà a disposizione risorse per 2 miliardi e 375 milioni. Credo che questo sia il modello da seguire».

I Comuni hanno lanciato un duplice allarme, sulla inadeguatezza delle loro strutture e la carenza di personale necessario per mettere a terra il Pnrr, e sui passaggi farraginosi per l’assegnazione delle risorse da parte di ministeri.

«È un allarme fondato, che abbiamo ascoltato mettendo in campo ogni strumento disponibile per dare supporto tecnico a chi ne è sprovvisto. Le 2800 assunzioni del primo e del secondo bando per il Sud, 800 già attivate e le altre previste entro i primi mesi del 2022, sono state solo l’inizio. Ci sono i 400 profili tecnici messi a disposizione del Sud dalla Funzione pubblica, ma anche la facoltà concessa ai Comuni con il decreto Reclutamento di assumere personale specializzato a carico dei progetti o di usare le risorse dei progetti per attivare convenzioni con società di servizi in house, come Consip, Invitalia, CdP. Ancora: ho attivato nell’ambito delle mie competenze un fondo progetti di 161 milioni riservato alle città metropolitane e comuni sotto i 30mila abitanti per dotarsi di un “parco progetti” utilizzando professionalità esterne: per dare un’idea, la città metropolitana di Napoli avrà a disposizione circa un milione di euro per questo. E poi c’è il decreto sulle Norme Abilitanti del Pnrr, che ha consentito alle Regioni di riprogrammare i loro Piani operativi complementari per fornire finanziamenti per l’assistenza tecnica fino al 2026. Questo è solo l’elenco delle misure già in essere. Altre risorse, altri professionisti, sono previsti da un emendamento al decreto Recovery da me fortemente sostenuto: prevede di utilizzare i 67 milioni del Pon Governance per il reclutamento rapido di figure tecniche da destinare agli enti locali. La ricerca di specialisti sarà fatta attraverso il Portale della Funzione pubblica e quindi avrà tempi rapidissimi».

Da più parti si paventa il rischio che i fondi europei possono andare persi, sprecando un’occasione storica e irripetibile, a causa dell’incapacità di spesa di cui ha dato prova il Sud, ma anche l’intero Paese.

«Anche per evitare questo rischio ho voluto replicare il meccanismo del Pnrr che, laddove emergono difficoltà o eccessivi ritardi delle amministrazioni, fa scattare i poteri sostitutivi alla Cabina di Regia. Nell’ambito dei Fondi strutturali, questi poteri sono stati assegnati all’Agenzia per la Coesione che quindi potrà affiancare o addirittura sostituire gli enti locali in difficoltà. È una sorta di “paracadute” che si aprirà se le altre iniziative e misure di sostegno si riveleranno insufficienti».

Oggi in Senato dovrà riferire sullo stato di attuazione del Pnrr? A che punto siamo?

«Per quel che riguarda le mie competenze siamo perfettamente in linea con il cronoprogramma. Abbiamo fatto le due riforme legate alle Zes e il decreto di concerto col Mims per assegnare i 630 milioni di euro previsti dal Piano. Fatti anche i due bandi per gli Ecosistemi dell’innovazione e per la valorizzazione dei beni sequestrati alle mafie. Entro fine dicembre l’Agenzia per la Coesione pubblicherà l’avviso pubblico per il contrasto alla povertà educativa al Sud e quello per servizi sanitari di prossimità presso le farmacie rurali. È stata sottoscritta l’intesa con Mims e Mef sul decreto per la manutenzione e messa in sicurezza delle strade delle aree interne, che sarà a breve pubblicato».


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