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Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, presidenti di Campania e Puglia

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«Lo considero un tipico intellettuale del Mezzogiorno, di quella formazione filosofica, di quella tradizione tipica della Magna Grecia». Così nel 1984 Giovanni Minoli si sentì rispondere da Giovanni Agnelli ad una domanda su De Mita. In realtà era una risposta a chi lo aveva definito «un mercante moderno con tante idee e molti interessi particolari». Agnelli pensava di rispondere alle affermazioni di Ciriaco De Mita con una definizione che diventò un modo di appellare coloro che pensavano molto ed agivano poco! Il riferimento alla Magna Grecia non fu molto felice perché ancora oggi dalla Grecia patria e dalla Magna non possiamo che apprendere. Ma forse è il momento di dimostrare di affiancare al pensiero, che non può essere un limite ma una prerogativa da valorizzare, anche l’azione!

MACRO REGIONE

Ed in particolare i cosiddetti governatori meridionali, meglio presidenti di regioni, che finora hanno agito discretamente nella gestione dell’emergenza sanitaria, devono fare un salto di qualità e pensare in grande! Non possono continuare ad occuparsi solo del loro piccolo territorio, dei loro piccoli confini ma devono pensare in termini di macro regione con un coordinamento operativo forte! Perché i problemi di Campania Puglia Sicilia, per parlare solo delle Regioni più grandi, sono i problemi di tutto il Mezzogiorno.

E superata la prima fase, con discreto successo, malgrado la leggerezza del presidente Fontana e la improvvisazione del Governo centrale, che hanno provocato un flusso incontrollato di rientri, bisogna che si pensi insieme al futuro! E purtroppo bisognerà gridare perché gli altri, a cominciare da Milano, lo fanno anche scompostamente! Per affermare l’esigenza di un diverso modello di sviluppo, mentre invece la sensazione è quella che si è ripartiti come se nulla fosse successo! Con la protervia della Lombardia, che sta aprendo come gli altri, nonostante il numero di contagiati che vi sono in regione. E poiché le ulteriori riaperture saranno funzione dei tamponi che si potranno fare, dei dispositivi di sicurezza disponibili, dei posti in terapia intensiva non sarà strano che i posti dove il contagio ha avuto più diffusione avranno riaperture più veloci, come è già successo in Veneto.

VISIONE GENERALE

Ma al di là di tale incongruenza, bisognerà approfittare della occasione unica, che non si ripresenterà probabilmente nei prossimi anni, per affermare il principio che il nostro Paese deve avere una visione complessiva, che negli ultimi 160 anni non ha avuto! E che bisognerà smettere di considerare una delle parti colonia dell’altra, nella quale localizzare al massimo le produzioni inquinanti, come l’Ilva o le raffinerie petrolifere come a Milazzo e a Gela. Magari tenendola questa parte separata con infrastrutture che risalgono ai primi del 900, e considerandola serbatoio di manodopera al quale attingere al bisogno. Pronti magari a rinviare tale mano d’opera come è successo allo scoppio dell’epidemia. Il Sud deve smetterla con il complesso di inferiorità che lo ha caratterizzato, per cui faceva ridere essere nati a Canicattì e non ad Abbiategrasso. Per cui Napoli era una città da evitare, per la quale stupirsi se vi erano delle eccellenze sanitarie, come anche recentemente ha fatto Myrta Merlino giornalista della Sette! Per cui Sicilia era mafia, dimenticando che i Falcone ed i Borsellino erano palermitani e la Calabria era ‘Ndrangheta. Con la complicità di uno Stato che strizzava l’occhio alla classe dominante estrattiva che spadroneggiava ed ancora la fa da padrone in quelle che sono considerate province dell’impero!

I COLLEGAMENTI

Affermare viceversa a voce alta il principio che ora e non domani bisogna partire per collegare con l’alta velocità Napoli con Palermo e Bari e completare il corridoio 1, che l’Europa considerava una delle linee fondamentali di collegamento Nord Sud. Che ora e non domani tutti i cittadini italiani devono avere uguali diritti di cittadinanza, perché non si può dire «speriamo che l’epidemia non arrivi al Sud perché si sa che lì la sanità non è quella lombarda» senza dire nulla sul fatto che bisogna dare risorse analoghe pro-capite a tutti i territori. Che si tratti della sanità ma anche della scuola, che adesso avrà bisogno di investimenti importanti per i plessi scolastici, ma anche per le attrezzature informatiche e per il numero di docenti. I presidenti delle regioni meridionali non si possono accontentare di gestire al meglio possibile la problematica sanitaria, né di far ripartire il sistema cercando di non far morire le aziende esistenti! Devono fare di più, molto di più! Devono chiedere al Governo nazionale, che pensa alla ripartenza sulla scia del passato ed imporre quella equa ripartizione di risorse che ormai da 10 anni, con la logica della spesa storica, non è più avvenuta, consentendo lo scippo annuale di 60 miliardi ormai acclarato da molti documenti ufficiali e validato dalla Svimez! Grideranno le pietre se non parleranno gli uomini dice il Vangelo, mi sa che è meglio che parlino i presidenti perché le pietre continueranno a stare zitte.


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